Zedda e Pigliaru campioni del “non ti rispondo, ti ignoro”: la politica in Sardegna ai tempi dell’autoreferenzialità [di Vito Biolchini]

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Il parcheggio sotto le mura del bastione di Santa Croce a Cagliari: pensato dal centrodestra, ora fortemente voluto dal centrosinistra (che prima però lo contestava). Si è sorpreso il sindaco di Cagliari Massimo Zedda di non essere stato richiamato dalla sindaca di Roma Virginia Raggi con la quale voleva direttamente interloquire in merito alla candidatura della capitale alle Olimpiadi del 2024. Zedda voleva convincerla, perché Cagliari è stata designata dal Coni quale sede per le gare di vela e dunque è evidente che per la nostra città quella olimpica sarebbe una occasione straordinaria di crescita e di sviluppo. Ma la Raggi “a Zedda” non lo ha richiamato. Ma perché avrebbe dovuto, visto che del disconoscimento di qualunque potere diverso dal loro i Cinquestelle hanno fatto un fortunato marchio di fabbrica?

Piuttosto, non si capisce perché Zedda (senza essere la Raggi) si comporti esattamente come lei, non dando cioè risposte dovute e rifiutando il confronto, quando a chiamarlo in causa sono esponenti del mondo culturale e intellettuale e i cittadini del comune che amministra. Anche Zedda pratica abitualmente la politica del disconoscimento di qualunque voce che lo possa anche minimamente mettere in discussione.

Qualche esempio. Avete forse capito qual è la posizione di Zedda sul referendum costituzionale? L’astro nascente della sinistra italiana, più volte invitato a dire la sua, a tal proposito non parla e rifiuta da mesi ogni confronto. Avrà trovato il tempo di leggere il testo della riforma (all’Unità qualche mese fa disse di non averlo ancora fatto perché troppo impegnato a governare)?

Ma Zedda non parla neanche quando a sollecitarlo sono i cagliaritani su questioni riguardanti la città. Da mesi associazioni ambientaliste e intellettuali si stanno mobilitando per impedire lo scempio della realizzazione di un parcheggio sotto le mura di Castello. Zedda, chiamato pubblicamente a rispondere alle obiezioni avanzate da più parti (non ultima quella di avere radicalmente cambiato idea su un’opera pubblica per la quale nel 2008, da consigliere comunale di opposizione, si era pubblicamente schierato contro), ostenta un silenzio superbo.

Zedda non risponde neanche alla lettera aperta sul futuro urbanistico (e non solo) di Cagliari che l’intellettuale Giorgio Todde gli ha personalmente rivolto qualche settimana fa. Eppure la sinistra per tradizione (e per scelta politica) ha sempre avuto cura di mantenere i rapporti con il mondo degli intellettuali e ne ha rispettato sempre le posizioni, anche quando queste mettevano in discussione i partiti e i suoi rappresentanti. Zedda invece ha scelto di ignorare Todde: come se il suo silenzio di amministratore potesse depotenziare le opinioni dello scrittore, quando è vero esattamente il contrario.

Il silenzio del sindaco non è casuale: l’obiettivo di Zedda e della parte politica che rappresenta è quello di disconoscere ogni autorevolezza che non discenda dal potere del voto. L’eletto (in questa distorta visione) deve rispondere solo ai cittadini ogni cinque anni, non certo all’opinione pubblica tutti i giorni. La sinistra arrivata al governo ha dunque fatto propria la lezione della destra berlusconiana e nega continuamente il confronto. Peccato che così facendo nega anche se stessa, perché ogni identità (personale, e di gruppo) esiste sono nel confronto con gli altri.

Non rispondendo a Todde e a tutti gli altri, Zedda certifica quindi la propria inesistenza politica. Il suo è un bluff che resta in piedi solo grazie alla fragilità dei nostri giornali e alla pochezza di quelli italiani, che non sapendo chi sia l’assessore Gianni Chessa e ignorando totalmente le dinamiche che hanno riportato alla riconferma di questa amministrazione, spacciano ancora la favoletta della giunta innovativa guidata dalla sinistra, quando la realtà è un’altra.

Lo stesso atteggiamento di assoluta autoreferenzialità lo sta tenendo in questi mesi il presidente della Regione Francesco Pigliaru. Anche in questo caso, alcuni esempi. Avete forse letto da qualche parte la risposta alla lettera aperta che sul controverso caso dell’impianto solare termodinamico di Villasor ha rivolto al presidente della Regione Sergio Vacca? Io no. Pigliaru tace.

Pigliaru non risponde. Non risponde a nessuno. Non risponde all’opinione pubblica, non risponde ai partiti (in questo, va detto, facilitato dalla loro pressoché inesistenza) e non risponde neanche agli elettori nel momento in decide da solo che la sanità sarda si salva con l’istituzione della Asl unica. Scelta fatta in solitudine perché questa importante novità non era presente nel programma elettorale presentato da Pigliaru appena due anni e mezzo fa; senza contare poi che quasi tutti coloro che sono stati sentiti dalla commissione sanità hanno espresso parere negativo sulla sua istituzione.

Ma Pigliaru va avanti. Pigliaru non ascolta e va avanti. Poi chiaramente si schianta, come è avvenuto per la nomina del direttore generale della Asl unica (è una regoletta base della politica che un provvedimento controverso lo si porta in giunta solo dopo essersi assicurati preventivamente il sostegno e l’assenso di chi lo dovrebbe votare: ma il presidente pensa evidentemente che gli altri assessori, come i sardi, sono messi lì a dargli sempre ragione).

La lista di lettere aperte a cui Pigliaru evita di rispondere è lunga: è datata addirittura 30 novembre 2015 la lettera aperta con la quale la presidente regionale del Fai gli chiede conto del procedimento amministrativo relativo al chiostro di San Francesco di Stampace, a Cagliari. Anche in questo caso, silenzio.

***

Il drammatico scontro in atto oggi in Italia riguarda due diverse concezioni di partecipazione politica. Da una parte centrodestra e centrosinistra sbandierano la tesi della “governabilità”: ci sono troppi impedimenti quindi bisogna dare più forza agli esecutivi e depotenziare le assemblee elettive. Contestualmente però si attua un controllo il più stretto possibile sugli organi di informazione e si mortifica l’opinione pubblica, disconoscendola. Il cittadino ha dunque solo un modo di dire la sua, cioè al momento del voto, ogni cinque anni, perché la delega affidata ai rappresentanti nelle istituzioni è totale (slogan più sentiti: “lasciamoli lavorare”, “il lavoro degli amministratori si può giudicare solo alla fine del mandato”). Il risultato di questa impostazione è il crescente astensionismo alle urne: perché se tocco palla solo ogni cinque anni, preferisco non giocare più.

L’altra concezione di partecipazione politica è quella incarnata dal movimento Cinquestelle e siamo completamente agli antipodi. Il cittadino ha un controllo totale sull’eletto, quasi una marionetta nelle sue mani. È il trionfo della retorica della democrazia diretta, della trasparenza quale criterio unico di valutazione dell’operato del politico: errore fatale, giacché è la fiducia l’elemento fondamentale su cui si basa ogni rapporto, politico e non. Il risultato paradossale è che questa impostazione conduce alla stessa deriva autocratica che si vorrebbe evitare. Risultato: nel centrodestra decide tutto Berlusconi, nel centrosinistra Renzi, nel Movimento Grillo. E l’astensionismo cresce.

Le due impostazioni sono evidentemente fallimentari e da qui il caos italiano. Eppure la soluzione è lì a portata di mano. Basterebbe seguire le vecchie, scassatissime regole della democrazia rappresentativa, dando dignità politica ai cittadini che correttamente pongono domande al potere, riconoscendo gli interlocutori, alimentando il dialogo anziché mortificarlo continuamente o negarlo del tutto. È faticoso, è vero. Ma non c’è alternativa a questo modello.

Basterebbe ascoltare, rispondere nel merito delle cose e comportarsi di conseguenza. Sul referendum istituzionale, sulla Asl unica, sul termosolare a Villasor, sul parcheggio sotto le mura a Cagliari e sulle olimpiadi a Roma. Solo con le domande una società cresce. Dalla crisi si esce con il confronto. E questa politica che vuole restare sorda non riuscirà a renderci muti.

 

One Comment

  1. Graziano

    Condivido e aggiungo: c’è del nuovo all’orizzonte?

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