Referendum costituzionale: il SI al servizio dei petrolieri e delle multinazionali dell’energia [di Enzo Di Salvatore]
Rifondazione.it 13 settembre 2016. «Il Comitato per il sì» fa sapere che, se passerà la riforma costituzionale, sarà finalmente possibile rilanciare le attività di ricerca ed estrazione di gas e petrolio nel nostro Paese. Per fare questo, afferma il Comitato, occorre riportare la competenza legislativa sull’energia nelle mani dello Stato; in questo modo, si «delinea un quadro chiaro e preciso delle competenze esclusive dello Stato e delle Regioni» e si riduce, per conseguenza, anche il contenzioso davanti alla Corte costituzionale. Un indisturbato rilancio delle attività petrolifere produrrebbe, inoltre, immediati benefici per i cittadini italiani, in quanto alleggerirebbe il costo delle bollette del gas e della luce e ci farebbe stare, in generale, più tranquilli: «senza petrolio e derivati» – dichiara il Comitato – «le nostre macchine non circolerebbero, e con esse la gran parte dei beni (anche di prima necessità) che nel nostro paese viaggiano su gomma». Per il Comitato, infine, tra i progetti strategici da realizzare vi è anzitutto quello della TAP (il megagasdotto che dalla Puglia attraverserà l’Italia intera). Alcune osservazioni: 1) Ricordo che nei mesi che hanno preceduto la celebrazione del referendum NO Triv, Renzi dichiarava che nessuno volesse autorizzare nuove ricerche e nuove estrazioni, ma che fosse necessario “risparmiare energia”, e cioè consentire che si continuasse solo a spremere il giacimento fino in fondo. Evidentemente ora avranno cambiato idea. 2) Vero: l’energia, collegandosi strettamente alla politica economica del nostro Paese, non può essere materia di competenza legislativa concorrente Stato-Regioni. E infatti non lo è mai stato: la legge n. 239 del 2004 l’ha attribuita allo Stato, nonostante la Costituzione dicesse il contrario. E la Corte ha detto che questa attribuzione fosse legittima, a patto che lo Stato consentisse alle Regioni (e agli Enti locali) di partecipare alle decisioni da assumere. Quindi, quello che, in realtà, cambia con la riforma è questo: se passerà il «sì» sarà sempre possibile cancellare il diritto dei territori di poter decidere assieme allo Stato. E se passerà il «sì», le modifiche accolte nella legge di stabilità – con le quali il Parlamento ha stabilito che la partecipazione delle Regioni non dovesse essere solo di facciata – si andranno a far benedire. 3) La riforma non riduce il contenzioso; al contrario, lo inasprisce. Per più motivi (non è questa la sede per approfondire la questione) e per una ragione semplice, ovvia: è fisiologico che decidendo di modificare i confini tra ciò che spetta a me e ciò che spetta a te occorrerà fare nuovamente chiarezza. E a questo ci penserà appunto la Corte costituzionale. Le lungaggini di cui parla il Comitato non sono dovute ai ricorsi pendenti dinanzi alla Corte costituzionale, ma, semmai, ai giudizi pendenti dinanzi al TAR. Ma, anche in questo caso, non sono tantissimi. E comunque raramente – anzi, direi: quasi mai – il TAR ha concesso la sospensiva del provvedimento. Il Comitato discorre di «oltre 8200 leggi regionali esaminate dal Consiglio dei Ministri». Cosa c’entra questo con le lungaggini dei procedimenti amministrativi? Tutte le leggi regionali – nessuna esclusa – vengono esaminate dal Consiglio dei Ministri. Se poi ci si vuol dolere del fatto che le Regioni legiferino e che ricorrano alla Corte costituzionale per tutelare le proprie competenze, allora sopprimiamole direttamente: sarebbe meno ipocrita, credo. 4) Chi ha scritto l’articolo è un grande ignorante, in quanto ignora che la TAP non porterà gas nelle case degli italiani: si limiterà ad attraversare il nostro Paese per portare gas in Europa. Quindi non si vede in che modo le bollette dei cittadini sarebbero più leggere!
|