Giuseppe Cavallera: Sindaco di Carloforte e molte altre cose [di Carlo Arthemalle]
Nei primi anni del secolo scorso anche in Sardegna i lavoratori si organizzano. A Cagliari, nei bacini minerari dell’iglesiente e del guspinese, in altre zone dell’Isola. Nel clima di fermento sociale emerge Giuseppe Cavallera, piemontese che, dopo la laurea in medicina all’Università di Cagliari ottenuta con una borsa di studio, si dedica ai lavoratori. Rafforza la Sezione Socialista cagliaritana, dà vita a un’intensa attività propagandistica, fonda la Lega dei ferrovieri sardi e a Carloforte una lega di resistenza tra battellieri e stivatori, modello del nascente movimento operaio sardo. Subisce processi, persecuzioni e il carcere. I lavoratori lo stimano nonostante le sue posizioni riformiste contrastino, talvolta, con il ribellismo di molti minatori. I lavoratori lo vollero sindaco di Carloforte, deputato e – dopo la seconda guerra mondiale – senatore. Giuseppe Cavallera è un padre fondatore cui i sardi devono molto specie quelli del guspinese e dell’iglesiente. Nel bacino metallifero infatti, secondo i dati della Commissione parlamentare d’inchiesta del 1907, si arrivò a superare i quindicimila addetti. I battellieri e gli stivatori di Carloforte erano oltre un migliaio. L’indotto era capace di far lievitare l’occupazione. Oggi, quando si parla di miniere si sottolinea il negativo: sfruttamento, silicosi, miseria, degrado, elementi presenti in grande misura, ma non c’era solo questo. Le famiglie dei minatori vivevano, abitavano, e mangiavano meglio dei giornalieri di campagna, dei contadini poveri e dei servi pastore delle zone interne. Intanto i loro figli andavano a scuola e nei ricordi di famiglia c’è un nonno di Buggerru, fiero della sua qualifica di armatore e una madre andata a scuola sino alla sesta. Nelle case dei minatori c’era la vasca per consentire di lavare i panni al riparo dalle intemperie. A Seddas Moddizzis l’ing. Asproni costruì un villaggio di miniera, con alloggi, spaccio, chiesa, ambulatorio e scuola dove gli alunni usufruivano della refezione gratuita. Se si vuole avere un quadro oggettivo bisogna considerare i disoccupati in fila nella speranza di essere assunti in miniera e delle proteste dell’associazione agricoltori perché le paghe alte dei minatori spingevano i braccianti agricoli campidanesi a chiedere di più per le loro prestazioni. C’è stata una sostanziale falsificazione della storia mineraria. I primi storici a farne parola, quelli che hanno fornito i dati ai loro successori, appartenevano alla classe dirigente che proveniva quasi esclusivamente dalla proprietà terriera. Insomma, si parlava della condizione dei minatori per non parlare di quella dei servi pastori. Ed a proposito di Cavallera voglio ricordare una canzone che si cantava ai tempi del nostro eroe: “le dogane ed i confini cancelliam dagli emisferi, i nemici e gli stranieri non son lungi ma son qui”. Si getta la croce sulle miniere e si sorvola sul ruolo dello Stato, dei prefetti e della magistratura di allora. A sparare, a Buggerru, a Nebida, a Gonnesa, a Villasalto e a Cagliari furono i fucili del “Regno d’Italia”. Furono lo Stato e la Magistratura che a Gonnesa misero i ferri a 216 padri di famiglia in una sola retata. La classe dirigente di allora applaudiva chi sparava e gli conferiva onori e promozioni. A leggere i giornali del tempo si scopre che a battere le mani c’era anche il sindaco Baccaredda, oggi santificato. C’erano persino quelli che oggi ricordiamo come liberali. Se la Sardegna si differenzia dal resto del mezzogiorno d’Italia lo si deve anche ai minatori ed a personaggi come Cavallera che hanno insegnato il valore impagabile dello stare assieme, dell’organizzazione, della lotta e dell’ essere solidali con i compagni di lavoro e con i nostri simili. Anche la Sicilia ha avuto l’esperienza mineraria ma laggiù gli zolfatari non hanno prodotto socialmente quanto i minatori sardi e Cavallera. Di questo e d’altro si parlerà Mercoledì il 28 settembre 2016 a partire dalle ore 17:00 alla Camera del Lavoro di Cagliari in Viale Monastir 17.
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