Prima il partito [di Fabrizio Barca]

partito dei padroni

La vittoria di Matteo Renzi, prevista, è stata amplificata dai tre milioni di voti alle primarie, non previsti. È un segno importante per il Pd. Nonostante i guai che ha combinato, oltre il 6 % degli elettori italiani è convinto – al punto di andare a votare alle “primarie”– che questa associazione–partito sia uno strumento che la società può usare per cambiare il paese.

A una prima lettura, questo esito e la vittoria di Renzi appaiono chiare. Ha convinto la proposta secca di un forte rinnovamento generazionale. “E la fine di un gruppo dirigente” ha detto Renzi nella notte. E la scelta della segreteria né è un primo, positivo segno. A una seconda lettura, nel voto si distinguono due domande: una relativa al governo, una al partito. Da una parte sta la domanda di un governo di cambiamento, prima con una discontinuità nell’azione del governo in carica, poi con il ritorno alle urne. Dall’altro, sta la domanda di dare vita a una nuova associazione-partito, che costruisca valori, visione e proposte, facendo emergere una classe dirigente che possa poi andare al governo del paese.

 

Non sono due domande incompatibili, se il nuovo Segretario saprà lavorare su entrambe i fronti, ma concentrando impegno e passione sul fronte per cui ha avuto l’incarico, per il quale verrà subito giudicato e da cui dipende la successiva capacità di governare: il partito.

 

Si sa come la penso. Senza un nuovo partito che maturi una visione di sinistra dell’Italia – dove sinistra vuole dire sia uguaglianza e libertà sostanziale, sia concorrenza e merito, sia lavoro salariato riunificato – e che sviluppi e pratichi un metodo moderno di partecipazione e mobilitazione delle conoscenze e di verifica aperta dell’azione pubblica, non si governa l’Italia. Gli insuccessi degli ultimi 20 anni mostrano che non ci sono scorciatoie. Se viceversa il partito rimane un comitato elettorale e le sue risorse umane nei territori restano inutilizzate, il Pd diventa un problema anziché parte della soluzione. E mancherà all’appuntamento del governo.

 

Ovviamente l’idea che si debba investire nella qualità e reputazione dell’associazione Pd è estranea ai cattivi consiglieri che si affannano attorno al vincitore. Soprattutto è estranea al ragionare de la Repubblica, intenta a spingere subito Renzi verso il baratro della fretta e della iper-semplificazione: “governare il Pd non è difficile, è inutile”, Renzi “deve andare al più presto alla partita finale”, “basta lasciar fare la strana alleanza Grillo-Berlusconi per far cadere il governo”, commenta oggi dalle sue pagine. Se questi sono amici, guardatene!

 

In realtà, i primi passi di Renzi fanno pensare che sul partito stia ragionando, anzi che avesse già ragionato. Con la necessaria durezza e guardando sia ai valori, sia al metodo interno. “Stiamo cambiando giocatori non stiamo andando dall’altro lato del campo”, ha detto nella notte dell’8, e la rapidità del ricambio di segreteria mostra a cosa si riferiva. “Non può bastare essere iscritto al club degli amici per avere un ruolo, non sostituiremo un gruppo dirigente con un altro. Cambieremo il metodo. Anzi, ammesso che esista una corrente Renzi, da oggi è sciolta”, ha proseguito mentre l’accoglienza muta della platea, da lui sottolineata, dava veridicità all’affermazione.

 

Noi associati al Pd, che a Renzi abbiamo dato il 45% dei consensi, favoriremo questa direzione di marcia, questo investimento prioritario sul partito, se appoggeremo e favoriremo il ricambio dei giocatori, e se lavoreremo a costruire dal basso prototipi di un partito nuovo, a ridosso di questioni sociali ed economiche dei territori non dilazionabili. A questo obiettivo darò il mio contributo.

Da www.fabriziobarca.it

 

 

2 Comments

  1. A questo obiettivo darò il mio contributo.
    Totale condivisione del l’analisi e del l’impegno.
    Il cambiamento deve essere nel metodo,nel partito e questo vale nella realtà della regione Sardegna come in altre.
    Se Renzi saprà coerentemente portare avanti tutto ciò che comporta una vera riforma nel l’essere stesso del partito ,diverranno più concrete le possibilità di vittoria elettorale e miglioramento culturale ed etico
    Cristina

  2. Italo Ferrari

    Dopo una lunga parte della mia vita nella quale ho aderito con entusiastica con vinzione al Partito Comunista Italiano, ho seguito la mutazione di questo stesso Partito nelle sue prime due manifestazioni. Non me la sono sentita tuttavia di iscrivermi al Partito Democratico perché, forse in modo ancora indistinto, ne avvertivo il sapore del declino nella necessaria tensione morale e nella reale capacità di imprimere un’altrettanto necessaria sterzata al governo della cosa pubblica nel momento in cui fosse stato chiamato ad occuparsene responsabilmente. Spero che tutto ciò stia oggi aslle nostre spalle e che i segnali di rinnovamento che si avvertono non siano effimeri o, peggio, non contengano il pessimistico, gattopardesco messaggio di un cambiamento totale affinché nulla cambi. Voglio perciò ritrovare ora, almeno in parte dato il lungo tempo trascorso, il medesimo sentimento che aveva animato la mia giovinezza e la mia maturità.

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