Referendum, la senatrice a vita Elena Cattaneo: “Ho visto politici disposti a tutto per il consenso” [di Nicola Mirenzi]

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L’Huffington Post  09/10/2016. Sul referendum: “Sento urlare slogan che umiliano la discussione e i cittadini, a cui si chiede devozione verso un sì o verso un no“. In particolare: “Si dice che questa riforma riduca i costi della politica, che disegni un Senato simile a quello tedesco o francese. Ma è falso. E non accetto la menzogna nel 2016. Non posso accettare che i cittadini siano ingannati in questo modo“.

Il sentimento che cita più spesso in questa conversazione con l’Huffington Post Elena Cattaneo – professoressa di farmacologia, biologa, ricercatrice, senatrice a vita dal 2013 e ora autrice di un libro che fa il bilancio della sua esperienza in parlamento “Ogni giorno. Tra politica e scienza” (Mondadori, 205 pagine, 19,50 euro) – è “tormento“. E la si vede – proiettata su uno schermo dalla telecamera del suo pc nel corso di una videochiamata Skype – raggomitolarsi nello sforzo di asciugare le parole dall’emozione, pulirle dall’istinto di pronunciarle senza meditarle a fondo: “Mi raccontano che è difficile spiegare la riforma costituzionale. Che è necessario comunicarla così, dicendo cose false. E non capisco come si possano riavvicinare le persone alle istituzioni in questo modo. È una politica fallimentare, questa, che non mi troverà mai dalla sua parte“.

Quando dice “persone” la professoressa Cattaneo non ha in mente gli esperti che frequenta in aula o nei convegni dei ricercatori, ma, probabilmente, quelli come suo padre: “Un operaio Fiat che mi ha sempre insegnato a essere intransigente con me stessa, coltivando il desiderio di superare i limiti. Mi piaceva moltissimo andare a trovarlo in fabbrica a Milano, in Corso Sempione. Quando era salito di qualche grado nella gerarchia interna, lo vedevo camminare con la sua tuta bianca. E pensavo a come l’aveva conquistata, frequentando le scuole medie a trent’anni, dopo la guerra. Ancora oggi mi racconta di quando i suoi compagni di classe lo videro arrivare per la prima volta e corsero in aula. Pensavano fosse il professore. Invece, li raggiunse e si mise a sedere insieme a loro“.

Che insegnamento ha tratto?
Il gusto per i piccoli avanzamenti e la voglia di scoprire l’ignoto che c’è dietro la montagna. Anche la scienza si muove così: con una scoperta minuta dopo l’altra, andando verso qualcosa di oscuro, che non si conosce.

Ha imparato anche la passione politica in famiglia?
A casa c’era un grandissimo rispetto per la cosa pubblica, ma non una travolgente passione per i partiti. Alla politica mi sono avvicinata con il mio lavoro di scienziata. Raccontando le ricerche, rendendo conto dei soldi che ricevevo per farle e interrogandomi su quale sia il modo migliore per investire i finanziamenti pubblici.

Nel 2013 Giorgio Napolitano la chiama e le chiede di fare la senatrice a vita. Come è stato l’incontro tra scienza e politica?
Per quel che ho visto, l’incontro non c’è. Il più delle volte la politica vuole servirsi della scienza per realizzare i suoi fini. E, viceversa, alcuni scienziati vogliono usare la politica per trarne dei benefici. È deludente constatare che nel 2016 non ci sia ancora né una collaborazione reale né la volontà di mettere l’una a servizio dell’altra.

Sta crescendo anche la diffidenza verso la scienza?
Sento una sfiducia generalizzata verso le competenze. Tutte le competenze. E internet ha peggiorato le cose. Ci sono persone che sul web condividono esperienze e si rafforzano nelle loro convinzioni irreali. Basta qualche paginetta e ci si inventa esperti di conflitti mediorientali o di cellule staminali. Diventa difficile persino spiegare che i vaccini non causano l’autismo, che il fatto che i sintomi della malattia si manifestino alla stessa età in cui si iniettano i vaccini è solo una correlazione, non un rapporto di causa effetto. Credo però che questa diffidenza riguardi solo una minoranza di persone.

È una minoranza che però oggi ha trovato una rappresentanza politica: Donald Trump negli Stati Uniti e alcune posizioni anti-scientifiche – “l’Aids non esiste”, “si può convivere con il cancro” – di Beppe Grillo in Italia.
È un fenomeno pericolosissimo. Alimenta un’isteria di massa che fa sì che l’opinione di un ciarlatano valga quanto quella di un esperto. Pensi a Stamina: a un certo punto è arrivato un signore che diceva di poter curare tutti. E noi – io, Michele De Luca, Paolo Bianco – a spiegare con grande difficoltà che non era così. Con il parlamento che non riusciva a distinguere tra le opinioni di un impostore e le verità della scienza. Le fesserie e i fatti messi sullo stesso piano: un messaggio terribile.

 Perché è successo?
La politica non riesce a fare argine perché cerca i voti, non la verità. E lo fa anche a costo di accarezzare certe pulsioni. Ho visto politici disposti a sostenere l’irrealtà pur di guadagnare un briciolo di consenso in più.

 Un resoconto amaro, il suo.
Per natura sono super ottimista, ma non posso nascondere che la scienza fa fatica a entrare nel parlamento italiano. È bandita, ignorata, utilizzata solo strumentalmente. C’è una parte della politica che si sente minacciata dal suo metodo. E un’altra parte che capisce le sue ragioni, ma non è disposta a rinunciare al consenso che ha costruito intorno ad alcune posizioni, come quelle contro gli OGM. Sono pochi coloro con cui si può discutere veramente.

 E la sua categoria?
Penso che anche gli scienziati a volte – come è successo con Human Technopole – vogliano usare la politica per scopi personali. È un errore gravissimo, a cui mi sono opposta. Perché la virtù più importante che la scienza può dare alla politica è l’indipendenza di giudizio.

 Se la riforma costituzionale passerà, non potranno più essere nominati dei senatori a vita. È una perdita o un guadagno per l’Italia?
Fare il senatore a vita può essere un valore aggiunto per il paese se la nomina non è vissuta come una medaglia da appuntarsi al petto ma come la intendevano padri costituenti, cioè un modo per aggiungere competenze e sguardo largo al parlamento.

 Ha altre perplessità?
Non ho apprezzato la discussione che c’è stata in aula né quella che stiamo facendo nella campagna referendaria. Mi stupisce che chi sostiene questa riforma porti avanti degli argomenti che si sgretolano alla prova dei fatti: la riduzione dei costi, la somiglianza del nuovo senato con quello francese o tedesco. Semplicemente, non sono veri.

 Non c’è niente che la convinca?
Mi convincono la fine de bicameralismo perfetto e l’eliminazione della fiducia al senato. Ma il senato doveva essere uno strumento di controllo dei cittadini, non un luogo di rappresentanza dei cooptati dalla politica. Peraltro, non eletti direttamente dal popolo. E che si aggiunge a una camera composta da nominati dai partiti. Mi sembra un salto nel buio.

 E nell’approvazione cosa non andava?
In privato alcuni senatori hanno espresso anche con me le loro riserve. Poi, però, sono stati costretti a votare sì per obbedire alla disciplina di partito. Mi turba il fatto che un politico possa non essere libero. E mi preoccupa, anche.

 Cosa farà se vincerà il sì?
Sarò al servizio dei cittadini, qualsiasi cosa decidano.

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