Le scuole? Al di là del fiume [di Luca Guala e Francesco Sechi]

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Fa un certo effetto leggere delle proteste di residenti del quartiere Castello di Cagliari generate dal “disagio” creato ogni mattina dal traffico di genitori e bambini all’ingresso della scuola elementare di Santa Caterina. Automobilisti che dicono ad altri automobilisti di andare a piedi, ovvero, il bue che dice cornuto all’asino. Il tutto senza rendersi conto del valore enorme che rappresenta una scuola per un quartiere, scuola che dovrebbe rappresentate il fulcro per lo sviluppo di un luogo. Effettivamente però, ci sono politiche alternative che possono guidare in maniera diversa la scelta di dove localizzare le scuole ed evitare disagi ai residenti di un quartiere. Ne abbiamo un esempio nella vicina Quartu.

Uscendo dal centro urbano di Quartu attraverso il quartiere di Pitz’ ‘e Serra, si incrocia il Viale Europa, strada di circonvallazione che tutti conoscono come “la 554”. Superato questo incrocio inizia la strada comunale che sale verso la collina di Pitz’ ‘e Serra. E’ una strada extraurbana: non ci abita nessuno, o quasi, e la 554 definisce molto chiaramente dove termina la zona urbana: di qua le persone, sui marciapiedi e nelle case, di là solo automobili sulle strade e la campagna intorno.

Ma subito si incontra un vasto complesso scolastico composto da tre edifici che ospitano l’Istituto Tecnico Commerciale “Primo Levi”, il Liceo Scientifico “Brotzu” e il Tecnico Industriale “Giua”. Ben tre Autonomie scolastiche, fuori dall’area urbana di Quartu, separate dalla città da una strada di scorrimento a quattro corsie, dove il traffico è intenso e veloce. La loro distanza dal quartiere di Pitz’ ‘e Serra non è grande, ci si potrebbe facilmente arrivare a piedi. Ma la 554, come un fiume, ha bisogno di un ponte per attraversarla. E come un fiume, può rendere fatale un tentativo di attraversarla in qualunque altro modo

Raggiungere la scuola in bicicletta è fuori discussione: nel traffico extraurbano la bici non è benvenuta, e il ponte ha le scale. Il trasporto pubblico, dovendo raggiungere un luogo isolato, e non potendo servire un’area urbana densa, ha dei limiti. La La linea 1Q passa di qui con una corsa ogni mezz’ora e pertanto vengono aggiunte delle linee suppletive per gli ingressi e uscite dalla scuola, ma non durante gli altri orari.

Ma cosa ci fanno queste scuole qui? Gli studenti, i docenti, il personale di una scuola provengono dalle città vicine o dai paesi limitrofi. Si spostano a piedi, in bicicletta, in moto, col trasporto pubblico o in automobile. Fanno acquisti, mangiano e bevono. Comprano giornali, ricariche telefoniche, libri, abbigliamento… In poche parole: fanno parte dell’attività e dell’economia di un quartiere, lo ravvivano, lo rendono attivo e vivace anche durante il giorno, quando la maggior parte dei residenti sono da qualche altra parte, al lavoro o, appunto, a scuola.

Se la scuola è in un quartiere, chi ci abita può raggiungerla facilmente, magari a piedi riequilibrando la mobilità a favore della mobilità attiva, sostenibile e sana coinvolgendo le nuove generazioni oltre che i loro genitori, sviluppando valori e comportamenti virtuosi. Invece qualcuno, un giorno, ha deciso di isolare queste tre scuole, lontano da tutto e da tutti. Si raggiungono in automobile e, male, in autobus. Nessun incentivo alla riduzione dell’uso dell’auto, nessuno stimolo alla mobilità attiva, nessun pensiero verso l’economia indotta da un’attività che coinvolge tante persone come una scuola.

Inoltre, la strada che attraversa il complesso di scuole è una strada extraurbana. Ha un limite di velocità, certo, ma chi la percorre trova la strada e le sue vicinanze completamente libere: non è rallentato dal traffico urbano, dalla sosta, dagli attraversamenti pedonali, da semafori o manovre, non è reso più attento dalla presenza di pedoni sui marciapiedi (dove ci sono), da negozi o passi carrai. Questo è il regno delle automobili, e i limiti di velocità appaiono più come un consiglio, che un obbligo.

Il 12 aprile del 2010 un ragazzo di sedici anni è stato investito e ucciso da un’automobile che scendeva lungo la ripida discesa che proviene dalla collina. Difficile dire se questo incidente sarebbe avvenuto ugualmente se la scuola fosse stata in area urbana, certo è che in una strada trafficata da auto e pedoni, difficilmente si potrebbe andare tanto veloce come davanti a queste scuole.

Dopo quell’incidente il limite di velocità è stato portato a 30 km/h e un vistoso segnale luminoso indica agli automobilisti la velocità a cui transitano, avvisando “RALLENTA” se sorpassano il limite. Ma è un palliativo, non una soluzione: un modo per deresponsabilizzare chi ha fatto delle scelte così scellerate. E per di più è stato messo lì dopo che i buoi erano usciti dalla stalla, per così dire.

In Urbanistica, errori come questo hanno la tendenza a permanere per decenni, quando non secoli. Ma abbiamo imparato dal passato, e oggi questi errori non si compiono più, vero? Non ne saremmo tanto sicuri. Basta vedere dove si sta trasferendo l’Università, al di là del fiume, nel mezzo della campagna, senza disturbare i residenti dei quartieri della città e dei centri intorno….

*Ingegneri trasportisti

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