Sul San Raffaele di Olbia è necessaria la trasparenza [di Giuliano Murgia]

sAN RAFAELE

C’è molta diffidenza sul pesante intervento del Quatar nel sistema sanitario sardo con l’acquisto dell’edificio del San Raffaele ad Olbia. Non si conoscono esattamente i contorni dell’operazione ne dal punto di vista sanitario-assistenziale ne da quello scientifico ma non necessariamente si deve essere contrari: in generale gli investimenti dall’estero sono da ricercare e non da fuggire. Il problema sta nel fatto che devono essere all’interno di operazioni trasparenti, che producano reali vantaggi per la regione e che si svolgano nel rispetto di regole condivise e funzionali al miglioramento del sistema sanitario e scientifico, in un contesto di buon governo della regione.

L’intervento del San Raffaele aveva queste caratteristiche: si collocava all’interno di un quadro di governo che, dopo oltre vent’anni aveva elaborato ed approvato un piano sanitario regionale, all’interno del quale avrebbe riempito dei vuoti importanti nella sanità del Nord-Sardegna. L’autorizzazione era condizionata da un forte impegno della fondazione nella ricerca scientifica in Sardegna, in sinergia con importanti attività che in quegli anni vedevano una stretta e produttiva collaborazione tra Sardegna Ricerche, CNR le Università della Sardegna ed importantissimi centri di ricerca in Europa e Negli Stati Uniti.

Il sistema isolano non era tributario passivo di investimenti nella ricerca ma aveva già un ruolo importante e riconosciuto nel campo della genetica delle popolazioni, degli studi sull’invecchiamento dello studio e la cura di patologie autoimmuni particolarmente presenti. Tutto ciò entrava in sinergia con le ricerche in atto allo Science Park del San Raffaele col quale erano già in atto importanti collaborazioni soprattutto nel campo della bioinformatica nel quale il CRS4 aveva raggiunto posizioni di rilievo internazionale. In questo quadro si iscriveva l’acquisizione di SHARDNA  che rappresentava un primo e significativo investimento diretto nella ricerca.

Per altri versi la presenza di una  struttura assistenziale così prestigiosa contribuiva a migliorare la attrattività della Sardegna nord-orientale, rassicurando turisti spesso anziani e preoccupati di eventuali problemi di salute ed incoraggiandoli a superare la breve stagionalità della loro presenza in un fenomeno diffuso di una prolungata residenzialità.  Si trattava di costruire un pezzo importante di una strategia di accoglienza che invogliasse il visitatore a trasformare in prima casa la sua villetta ora utilizzata quasi esclusivamente in estate rendendo più affidabile il territorio.

La domanda è: il progetto di investimento del Quatar sarà all’altezza delle ambizioni che motivavano l’autorizzazione al San Raffaele? Per il momento si può dire che i progetti non sono affatto chiari, che l’involuzione nella gestione della Sanità in Sardegna e della capacità della Regione di governare progetti complessi come questi non lasciano ben sperare.

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