Il disastro è il terremoto. Ma il vicedisastro (parola di Matteo Renzi) è Dario Franceschini [di Tomaso Montanari]
L’Huffington Post online, 29 ottobre 2016. Come è ben noto, l’entità delle conseguenze delle calamità naturali sul patrimonio culturale è determinata da cause artificiali, cioè dalla qualità e dalla rapidità degli interventi del dopo-disastro: prima si interviene, più si salva; e più si mette in sicurezza, meno si perde in caso di nuove scosse. Ieri ho ricordato queste banali verità, chiedendomi cosa sarebbe successo se l’abbazia di Sant’Eutizio o la chiesa di San Salvatore a Campi (e moltissimi altri monumenti) fossero stati puntellati e messi in sicurezza dopo il sisma di agosto. Quando un giornalista glielo ha riferito, Franceschini – che, incredibilmente, non era sui luoghi colpiti, ma in quella discutibile fiera che è la Borsa del turismo archeologico – ha «sbottato». E vale la pena di leggere la lunare cronaca di Silvia Lambertucci (Ansa): «“Bellissimo“, commenta poi entusiasta, incontrando qualcuno dei tanti soprintendenti e direttori dei musei che stanno partecipando ai lavori della manifestazione campana. “La Borsa del turismo archeologico si sta dimostrando in crescita in questi anni, è una manifestazione su cui investire“, aggiunge visitando lo stand del Mibact. Lavorare per far crescere il turismo del Mezzogiorno è importante, sottolinea il ministro. E Paestum, che ora godrà anche di più collegamenti ferroviari, è sulla strada giusta. I cronisti però lo sollecitano a tornare sul dramma del terremoto e sulle polemiche. Franceschini allarga le braccia: “E’ stato fatto un lavoro molto scrupoloso, fin dal mattino dopo, il 24 agosto e anche ora. Ma la vastità dei danni comporta che si debbano seguire delle priorità. Sono migliaia le chiese colpite da sisma, penso che proprio su questo fare delle polemiche sia sbagliato“». Un ministro estasiato di fronte agli stands, mentre sono i giornalisti ad incalzarlo su quello che sarebbe il primo e più alto dei suoi doveri: garantire la tutela del patrimonio culturale della nazione. Da tempo, ormai, al Mibact si dice che a Franceschini dei Beni Culturali importi assai poco: tutto preso com’è dalle trame politiche del dopo referendum. D’altro canto a Firenze si sussurra insistentemente che il sindaco Dario Nardella, in caso di vittoria del Sì, prenderà proprio il posto di Franceschini, destinato agli Esteri. Benissimo: giocate pure al risiko delle poltrone, ma ora il terremoto ci richiama brutalmente alla realtà. E allora Franceschini deve al Paese una risposta che chiarisca la sua affrettata risposta: per mancanza di fondi non ha potuto mettere in sicurezza tutto il patrimonio colpito ad agosto? È davvero così? Può spiegarci quali priorità ha seguito? E, soprattutto, perché non ha preteso e ottenuto fondi dal Presidente del Consiglio? Perché non ha sbattuto il pugno sul tavolo? Perché non si è dimesso? Ciascuna di queste azioni avrebbe potuto forse salvare i monumenti che oggi giacciono a terra. Ci sarà tempo e modo di discutere a fondo tutto questo. Ma ora è il momento di agire. Oggi «Repubblica» contiene una straziante lettera di Alessandro Delpriori, sindaco di Matelia ma anche giovane e brillante storico dell’arte. Alcuni passaggi di questa lettera esigono una risposta immediata da parte di Franceschini: «C’è però una ferita che fa male. Sono anche uno storico dell’arte che da anni si occupa dell’arte tra Umbria e Marche. Dopo le prime scosse di Amatrice e Arquata ci siamo subito accorti che la situazione per il patrimonio storico artistico era molto difficile, nella zona tra Fabriano e Ascoli Piceno erano centinaia le chiese inagibili, migliaia le opere d’arte in pericolo. Di fronte a tutto questo le soprintendenze erano in stallo totale, non per cattiva volontà dei funzionari sul territorio che invece sono sensibili e molto attivi, ma nella sostanza non si è fatto nulla». Ecco il frutto avvelenato dello smantellamento delle soprintendenze voluto da Renzi («soprintendente è la parola più brutta del vocabolario della burocrazia», ha scritto) e attuato da Franceschini, che ha investito tutto sulla (pessima, peraltro) riforma commerciale dei supermusei. Il cuore dell’Italia è ora abbandonato a se stesso: il solo funzionario storico dell’arte dei territori colpiti non può certo fare tutto da solo. E, infatti, i mucchi di macerie degli ultimi giorni (mucchi in cui sono mescolati frammenti di affreschi, quadri, sculture) aspettano ancora di essere toccati. Il sindaco denuncia: «questo terremoto e l’immobilità stanno vanificando tutto». Il terremoto è una calamità naturale, ma l’immobilità del Ministero dei Beni culturali e del suo titolare sono una calamità politica. Che l’Italia non merita. |