Terremoto, il governo chiede all’Europa 3,4 miliardi ma nella Legge di Bilancio ci sono solo 600 milioni di nuove spese [di Alessandro De Angelis e Flavio Bini]
L’Huffington Post 31 ottobre 2016. Al momento, sul sisma, i conti non tornano. E proprio sulle cifre stanziate per il terremoto è destinato a mutare repentinamente quel clima di collaborazione auspicato da Renzi. “Danni enormi, ricostruiremo tutto presto e bene” ha scritto il premier nella sua e-news. I numeri reali però raccontano di un forte gap tra la cifra stanziata nella manovra e quello 0,2 per cento di “flessibilità” che il governo si è già preso in nome dell’emergenza terremoto. Già prima della scossa devastante di domenica. E allora, andiamo con ordine. Quattro giorni fa, nella lettera di risposta alla Commissione europea, il governo italiano aveva messo su bianco i propri conti, quantificando in due decimi di punto di Pil, circa 3,4 miliardi, i maggiori costi da sostenere il prossimo anno per affrontare la ricostruzione post-sisma: “In addition – si legge nella missiva firmata Padoan – tax incentives for anti-seismic incentives is estimated at 2 billion. Taken together, increased public investment and anti-seismic tax incentives entail budgetary cost of close to 0,2 percent of GDP”. Al momento in cui la missiva parte per Bruxelles, però, nella legge di Bilancio le cifre che il governo stanzia per la ricostruzione sono decisamente inferiori e non di poco: “600 milioni” c’è scritto nella manovra che ha ottenuto la bollinatura della ragioneria. Basta leggere la relazione tecnica, all’articolo 51: “Il comma 1 della Manovra – è scritto – autorizza la spesa destinata agli interventi per la riparazione, la ricostruzione, l’assistenza alla popolazione” colpita dal terremoto del 24 agosto. La spesa è così articolata: per il 2017 sono previsti 100 milioni “per la concessione del credito d’imposta maturato in relazione all’accesso ai finanziamenti agevolati” erogati dal governo, cioè la cosiddetta “ricostruzione privata”; altri 200 milioni di euro nel 2017 “per la concessione di contributi finalizzati alla ricostruzione pubblica”. In totale, per il prossimo anno, 300 milioni a cui si aggiungono 300 milioni di cofinanziamento regionale di fondi strutturali che peraltro – si puntualizza – “non comportano una modifica dei saldi di finanza pubblica”. Cioè nessuno stanziamento extra di fondi. Il resto è nel regno delle ipotesi più che delle certezze, ove si prevedono 200 milioni dal 2018 al 2047, per la cosiddetta ricostruzione privata perché, come nota, il bilancio è annuale. Al Tesoro minimizzano: “È naturale – dicono fonti vicine a Padoan – che non ci siano 3,4 miliardi di nuove spese dentro l’articolato della manovra perché una parte di queste spese figura in forma aggregata nei fondi dei singoli ministeri”. Una spiegazione che però conferma che i conti non tornano. Perché, come spiega qualche vecchio funzionario del bilancio, il grosso delle cifre per la ricostruzione “lo devi mettere lì, poi ci può stare che la benzina dei mezzi militari usati la metti sui fondi per la difesa, ma è strano che in manovra ci sia una cifra così bassa”. In un secondo tempo, sempre da via XX settembre, si puntualizza: “Un altro miliardo arriverà dal fondo per lo sviluppo degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale istituito dall’articolo 21 della Legge di bilancio.” Fondo per cui il governo ha previsto 1,9 miliardi. Anche così però le risorse dedicate al sisma raggiungerebbero soltanto quota 1,6 miliardi di euro, circa la metà di quanto chiesto a Bruxelles. E nelle pieghe dei numeri già si sente il fragore della polemica politica, quando qualcuno si alzerà in Parlamento per dire che il premier ha utilizzato i margini concessi dall’Europa per coprire altri capitoli di spesa presenti nei 104 articoli della manovra. Né aiuta a far quadrare i conti il decreto sul terremoto, annunciato in pompa magna dopo il terremoto del 24 agosto di Amatrice. Il decreto è arrivato in Senato dopo circa due mesi – il 18 ottobre – e dal 25 giace presso la commissione Bilancio di Palazzo Madama. In quel decreto le cifre stanziate sono assai basse:266 milioni per il 2016, 81,85 per il 2017. È chiaro che, su queste basi, gli “appelli” alla collaborazione siano già caduti. Perché il premier chiede di votare le sue misure. E le opposizioni invocano un confronto per ridiscuterle: “Sinistra italiana – dice il capogruppo Scotto – propone a Renzi di rimettere mano alla legge di bilancio che il Parlamento non ha ancora avuto la possibilità di leggere, se non sotto forma di slides, e si stanzi un punto di Pil per un grande piano per la sicurezza, la prevenzione e la cura del territorio”. Brunetta promette il “Vietnam”. Ora il governo entra in cdm, col quel gap tra i miliardi ottenuti e i milioni stanziati sul sisma. E dopo una nuova, devastante, scossa |