Terremoti. Meno protezione civile più pianificazione [di Sergio Vacca]

italiavera1

Quattro anni fa con Francesco Vacca, analista economico, scrissi “Terremoto e dintorni. Quale nuovo ruolo per la protezione civile” sulle conseguenze dei terremoti che sconvolsero uno dei distretti economici più importanti del paese.

Un’impressionante sequenza sismica, registrata dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che  evidenziò frequenza ed importanza degli eventi sull’asse Est-Ovest di oltre 60 kilometri, ad ovest di Ferrara. Nel terremoto dell’Emilia Romagna, i danni maggiori, col maggior numero di vittime, si ebbero nel sistema industriale: capannoni realizzati da pochi anni collassarono miseramente. Non  mancarono i danni in edifici storici ed in abitazioni anche recenti.

Una riflessione. Partiamo dall’ordinanza della Protezione Civile [20 marzo 2003, n. 3274], predisposta per fornire risposte alla necessità di aggiornare la classificazione sismica e le norme antisismiche. Entrata in vigore nel 2005 [23 ottobre 2005; DM 14 settembre 2005]. In quel lasso di tempo fu approvata la “Tremonti bis”, che assegnò incentivi fiscali alle imprese che reinvestivano gli utili in beni strumentali. Con gran parte degli sgravi si sono realizzati capannoni. Moltissimi vuoti e trasformati in “patrimonio” per le aziende prive di liquidità.

Quali i criteri costruttivi? Qui, il ritardo nella ridefinizione della zonazione sismica della pianura padana, è stato determinante nell’applicazione o meno dei criteri di antisismicità nei fabbricati industriali. Che il fenomeno sia rilevante, ai fini del consumo delle terre e nei riflessi della risposta agli eventi sismici, lo evidenzia l’Agenzia del Territorio. In Italia sono stati censiti oltre 700 mila capannoni, dei quali, nell’area del cratere sismico, dal Veneto alla Lombardia, sono il 32% del totale, così distribuiti: in Lombardia 138 mila, in Veneto 87 mila, in Emilia 83 mila.

Una considerazione sul sistema dei controlli. La valutazione preliminare dei danni è demandata alle stesse imprese. Solo in caso di contenzioso intervengono i Vigili del Fuoco e solo in terza istanza si ha la valutazione del “Nucleo di valutazione regionale”.  La morte degli 11 operai e tecnici  sotto le macerie dei capannoni industriali nel sisma del 29 maggio 2012 è in gran parte da collegarsi a questi  problemi.

Una considerazione sui costi. Ovviamente non aggiornata agli eventi più recenti. Il Dipartimento nazionale della Protezione Civile ha calcolato  il costo degli eventi sismici nel periodo 1968 -2003, a circa 140 miliardi di euro mentre una stima, aggiornata al 2009 dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Geologi, a 213 miliardi il costo di frane, alluvioni e terremoti. Alle frane 52 miliardi ed il resto ai terremoti. Si tratta perciò di una “rata annua di disastri” oscillante, a seconda delle stime, tra 3,5 e 4,6  miliardi di euro per anno. Fin qui cenni di storia recente dei terremoti in Italia.

La situazione oggi. L’insieme delle faglie che presentano direzione NNW-SSE, nella direttrice Monte Vettore-Norcia, ha determinato lo scivolamento di  masse di crosta terrestre verso occidente, liberando così, nella mattinata del 30 ottobre, grandi quantità di energia, valutate nella scala Richter  con magnitudo 6,5, epicentro Norcia. L’Appennino centrale è dal mese di agosto sede di fenomeni sismici, che hanno determinato la morte di 300 persone e rilevantissimi danni al patrimonio artistico, immobiliare e produttivo.  Una prima stima degli interventi per la ricostruzione, da realizzarsi tra il 2016 e il 2047, resa pubblica dal Governo il 31 ottobre, ammonta a circa otto miliardi.

Come ha funzionato la macchina dei soccorsi e la Protezione Civile?  Si tratta di  un sistema complesso. Chiamato ad intervenire in tutto il paese, può manifestare qualche discrasia, ad esempio nel raggiungere le località isolate,  ma è considerato a livello internazionale tra i più efficienti ed efficaci nell’azione di soccorso. Anche nell’attuale temperie, tutto avviene  secondo uno schema, consolidato e collaudato in decine di  crisi catastrofiche (lato sensu) che annualmente colpiscono il nostro paese. Senza dimenticare il ruolo che la Protezione Civile ha nell’accoglimento  dei migranti. La parte del problema della Protezione Civile, organismo non più chiamato ad occuparsi di G8, di mondiali di nuoto, di visite papali e via elencando, attiene alla mancanza di prevenzione.

Nella prevenzione la situazione è complessa. Il problema della Pianificazione Territoriale è connessa con la mancanza di prevenzione. Pianificazione Territoriale, da sempre camera di compensazione per gruppi economici e di potereche,  che solo da pochi anni deve tener conto della “Zonazione Sismica” e dei “Piani di Assetto Idrogeologico”. Per cui, l’urbanizzazione o la realizzazione di aree industriali o commerciali ha tenuto maggiormente in conto i limiti di proprietà; mai, o quasi, delle condizioni ambientali o di pericolo per sismicità, condizioni idrogeologiche negative e via elencando. Le conseguenze dei terremoti del 2012 in Emilia Romagna sono emblematico esempio.

Il ruolo della collina e della montagna. L’assetto morfologico del nostro paese è ragione di complessità. Collina e montagna hanno costituito motivo di attrazione per molte popolazioni, che vi hanno trovato condizioni sufficienti, spesso ideali, per uno stile di vita economicamente rispondente ai propri bisogni, o a ragioni spirituali o caratteriali. Storicamente vissute, collina e montagna hanno visto nascere e svilupparsi borghi medioevali, rinascimentali  o secenteschi, un vero tessuto, come lo ha definito lo storico dell’architettura Carlo Borghi, il cui valore non sta nel singolo concetto di centro storico, ma nella rete di riferimenti culturali, sociali simbolici che li accomuna.

Le incognite della ricostruzione. Valorizzata dagli stranieri, la natura antropizzata di quelle zone è stata salvaguardata, quasi come un ideale continuum, così come fu  modellata da chi vi abitava ab antiquo. Processo che, fortunatamente, contrasta lo spopolamento che ha riguardato collina e montagna italiana dal secondo dopoguerra. I recenti  terremoti – è sempre Carlo Olmo – sono avvenuti proprio nel mezzo di questi processi; da un lato lo spopolamento, dall’altro le incognite della “ricostruzione”, parola delle più ambigue. Le tecniche di questa dovranno essere più sicure e, al tempo stesso, conservative dell’assetto architettonico ed  urbanistico originale.  Va rimotivato quell’intreccio di saperi, professioni, artigiani, scienziati, restauratori, studiosi che sono stati tenuti ai margini della forma sociale, e non solo economica, della civilisation contemporanea.

Cambio di paradigma. Ciò che è necessario è il cambio del paradigma che ha governato fin qui la gestione del territorio. Presuppone un forte cambio di mentalità, a livello gestionale locale e governativo centrale. Prevenire, perché, mantenendo in sicurezza l’uomo nella collina e nella montagna, impedendo lo spopolamento, manutiene il territorio ed evita che un precario assetto idrogeologico abbia riflessi negativi nei territori a valle. Prevenire, perché, dopo uno sforzo economico iniziale, che non può essere lo stanziamento di otto miliardi in trent’anni, le condizioni di sicurezza dei borghi saranno decisamente migliori.

Occorre, come ha ricordato il presidente del FAI, Andrea Carandini, riferendo dell’intervento in Senato di Renzo Piano,  che si predisponga un piano almeno trentennale di interventi, con dotazioni finanziarie  adeguate, calcolato in base al rischio sismico. Non più il ricorso ex post alla Protezione Civile per riparare i danni, ma valutazione ed azioni di messa in sicurezza ex ante per prevenirli.

* Responsabile delle problematiche relative al suolo del FAI Sardegna

 

Lascia un commento