Firenze cinquanta anni dopo [di Franco Masala]

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L’acqua rallentava la sua corsa per la curva della via de’ Conti ma ciò non impediva il passaggio veloce di auto, termosifoni, lavatrici, mobili che galleggiavano vorticosamente in una poltiglia marroncina piena di nafta.

Venerdì 4 novembre 1966 Firenze si risvegliava, in piena giornata di festa nazionale, sommersa dalle acque dell’Arno e impotente. Senza avere alcuna cognizione di ciò che capitava: acqua, luce, telefono, tutto era bloccato. Soltanto la mattina successiva, a diluvio placato, si poté uscire e trovare una città in ginocchio, colpita da un evento “naturale”.

Poche vittime, fortunatamente, ma migliaia di case, di negozi, di esercizi pubblici con danni indicibili. Opere d’arte perdute o danneggiate ma tali da stimolare la ricerca di tecniche di restauro innovative e d’avanguardia.

Il 27 novembre successivo il teatro Comunale, già danneggiato pesantemente nella platea e negli impianti tecnici, riapriva con una commovente rappresentazione de L’incoronazione di Poppea di Monteverdi con mezzi di fortuna ma anche con la rabbia della ripresa ad ogni costo. Nella Pasqua successiva Firenze accoglieva i turisti ormai ripulita e risplendente.

Sono passati ormai cinquanta anni ma per chi c’era sembra ieri e ciò non fa che acuire il senso di inadeguatezza che coglie ad ogni catastrofe “naturale” – che sia alluvione o terremoto – nel nostro bel Paese.

A dimostrazione che la prevenzione rimane ancora una priorità non risolta per avvenimenti che un tempo sembravano eccezionali e che invece sono divenuti, ahimé, troppo frequenti. Quanto si dovrà aspettare ancora per capire l’importanza del controllo e della cura del territorio?

*Foto di Roberto Germogli ©

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