L’invito a pranzo [di Franco Meloni]
Non si è molti, in famiglia. Anzi, la comunità è veramente ridotta. Nessuno ci fa molto caso, la dimestichezza con i numeri non è dote diffusa. Ci si vede poco. I rapporti sono strani. Molto stretti, naturalmente, ma non abbastanza per vivere vicini. Lo spazio a disposizione basta per tutti. Ognuno ha i propri interessi. A me piace girare, vedere terre lontane. Ho da badare agli animali. Mio padre racconta con rimpianto i tempi migliori. Credo sia una caratteristica di tutti i genitori. Dà ad intendere che prima le cose erano diverse. Sono sicuro che è solo per il fatto che allora era giovane e senza responsabilità. Comunque anche a quei tempi le grandi decisioni le prendeva mia madre. Un carattere niente male, specie quando si impuntava. Cioè sempre. Mio padre l’ha accontentata in tutto, probabilmente anche contro i suoi interessi. L’ama tantissimo, come se fosse l’unica donna al mondo. Appena nati, mio fratello ed io, abbiamo cominciato subito ad accorgerci che la vita è dura. Non si può aver nulla senza lavoro. Concetto strano, quasi innaturale. Dai passati splendori, ora bisogna curare campi e bestie per poter mangiare. La schiena, certe notti, è a pezzi per l’uso della zappa e il peso dei recipienti d’acqua per abbeverare gli animali. Gli attrezzi sono una novità nell’uso quotidiano. Prima addirittura si faceva tutto con le mani, presto ridotte in stato da far pietà. Anche il tempo è cambiato e perfino su quello mio padre infiora leggende di climi miti e costanti. Si sa, i grandi devono sempre convincere i figli della differenza e forse della responsabilità delle nuove generazioni nei confronti della terra che, secondo loro, staremmo inquinando. Mio fratello si è dato anima e corpo all’agricoltura. Scelta di vita. Più sedentario di me, sta sviluppando tecniche innovative per la coltura diffusa. Il suo interesse principale è la selezione dei semi. Sostiene che c’è una grande confusione, come se, da un momento all’altro, tutta la natura si stesse evolvendo velocemente dopo tempi di letargo. Secondo me sono le solite esagerazioni. Il nostro legame è strano, ambiguo. Prima o poi ne vorrei parlare chiaramente anche con lui. Sento che non mi stima, anzi, a volte penso che mi detesti. Tutto sommato gli unici motivi di screzio, niente di grave, riguardano i rapporti col nonno. Io ci parlo spesso e mi sembra che tutto vada per il meglio e che mi voglia bene. Ne vuole sicuramente anche a mio fratello, anche se lo guarda in modo un po’ duro. Certo, non è elegante come me, non ci sa fare, in due parole. D’accordo, è grezzo. Ma il nonno dovrebbe capire. I miei genitori non possono intervenire. Diciamo che sono caduti un po’ in disgrazia. Cose passeggere, come tutte le questioni familiari. Più piccolo è il gruppo, più grandi le tensioni. O forse no. Non so, non ho una grande esperienza del mondo. Comunque, sono contento. Oggi andrò a mangiare dal mio fratellino. Gli voglio molto bene, malgrado sia un po’ ispido. Sicuramente mi cucinerà qualcosa di vegetariano, non ama gli agnelli che a me piacciono tanto. Sarà un ottimo pasto. Sulla frutta è insuperabile, è un pregio di famiglia. Ha tutte le varietà. Tutte meno le mele. Non le digerisce, sostiene. Ha insistito tanto per vedermi. Forse ha finalmente capito che, magari, lavorando insieme, potremmo produrre di più. E in tempi più rapidi. Saremmo una bella coppia. La più forte sulla terra. Subito dopo andrò a mettere una buona parola dal nonno. Per mio fratello e anche per i miei genitori. Sono sicuro che tutto tornerà come prima. Sono molto convincente, quando voglio. Bene, è ora di avviarsi. Chissà cosa avrà preparato di buono Cain… *Fisico. Scrittore |
A leggere questa gustosa e solleticante serie di quadretti domestici, il pensiero e il cuore di molti di noi (soprattutto i più anziani) corrono ai ricordi della prima e non solo della prima infanzia facendoci rivivere tratti e situazioni familiari nella nostra cultura tradizionale di sardi. Grazie, perciò, di tutto questo.