Lezioni americane [di Pietro Maurandi]
Prendo a prestito questo titolo da Italo Calvino, per fare qualche considerazione sui risultati delle elezioni americane, che parlano di noi. Artefice della vittoria di un personaggio squallido è un popolo incazzato, deluso e impoverito, che si sente defraudato non solo del tenore di vita e del diritto al benessere cui era abituato, ma soprattutto dell’idea che il futuro possa/debba essere migliore del presente. Come si era abituati a pensare dalla fine della guerra in poi. E’ il risultato di quello che è accaduto nel mondo, con la globalizzazione che ha portato nuove dislocazioni del potere, nuovi centri di attività economiche, nuove articolazioni del sistema economico in cui la finanza domina e sconfigge la manifattura. Questo processo ha i suoi eroi e le sue vittime. E le vittime, come spesso capita, si ribellano, si rivoltano contro gli eroi e si rivolgono a chi promette di risolvere i loro problemi spazzando via la globalizzazione e i suoi effetti. Non è la soluzione ma è l’apertura di una (illusoria) prospettiva di rimettere dritte cose che si crede siano andate storte. La destra è pronta a raccogliere lo scontento, la frustrazione e il timore del futuro, a convogliare questi sentimenti nel rifiuto di tutto ciò che è nuovo ed estraneo e che viene percepito come minaccia delle proprie condizioni. L’impressione dominante è che la torta non cresca più e che dividerla con gli altri significhi sottrarne parte a se stessi. E’ già successo dopo la prima guerra mondiale, con le vittime e gli sfracelli che aveva provocato. Sarebbe potuto accadere anche dopo la seconda, che vittime e sfracelli ne ha fatti di più, ma in quel caso forze politiche popolari (in Italia il partito comunista, la democrazia cristiana, il partito socialista) e leadership illuminate hanno convogliato il ribellismo latente sul terreno delle lotte democratiche, per imboccare la strada di un processo di sviluppo e di crescita del benessere sociale. Oggi ci sono molti ingredienti per lo scatenarsi di nuove tensioni e nuove spinte eversive: la disoccupazione, l’inoccupazione giovanile, la povertà che dilaga, le masse di migranti che fuggono dalla povertà, dalle guerre e dallo sfruttamento; la ulteriore concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi; in Italia anche il Mezzogiorno che torna ad essere fonte di malessere e di criminalità, non più di rivendicazioni e di progettualità per la crescita. Le elezioni americane sono una spia del disagio e delle ribellioni che tutto questo provoca, per questo parlano di noi. E da noi non esistono più forze politiche come quelle che, nei diversi ruoli di governo e di opposizione, hanno saputo rendere la democrazia un terreno di conquista e di consolidamento dei diritti, meno che mai esistono leadership affidabili e condivise. Forse è da qui che bisogna ricominciare: dalla costruzione di luoghi e situazioni in cui i cittadini esprimano non solo stati d’animo ma anche capacità di partecipare alla progettazione di un possibile futuro. |