Salvo, salvaci tu [di Marco Damilano]

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L’Espresso 23 novembre 2016. Finemondo. Come aveva detto Matteo Renzi? «Per convincere gli amici a votare sì organizzate una pizza, una cena a casa vostra». Detto, fatto. Ieri sera in via della Camilluccia, il quartiere residenziale di Roma nord dove abita anche Gianni Letta, in casa sua fu stipulato il patto della crostata tra D’Alema e Berlusconi, ecco una bella serata per portare consensi al fronte del sì.

La location era lo spazio espositivo di Alessandra Cerasi e del marito Paolo Barillari, lui chirurgo, lei medico e figlia dei costruttori che hanno edificato mezza Capitale, dall’Appia alla Nomentana, di generazione in generazione. Tra gli invitati, i Rebecchini, discendenti di Salvatore Rebecchini che negli anni Cinquanta fu il più longevo sindaco in Campidoglio, l’era dell’Immobiliare Pacelli («I terreni sulla Luna si possono lottizzare? Vabbè che quando arriva Krusciov ce trova già le palazzine dell’Immobiliare!», diceva Vittorio Gassman-Bruno Cortona in “Il Sorpasso“).

E poi i Navarra. E il rettore dell’università di Tor Vergata Giuseppe Novelli. E Luca Danese, che fu sottosegretario nei governi D’Alema e sempre resterà con il titolo di nipote di Giulio Andreotti e della signora Livia…

In mezzo a loro, come un’apparizione, la ministra delle Riforme Maria Elena Boschi. La più gettonata in serate come questa. Qualche settimana fa la Boschi si è fatta vedere in un’altra cena, questa volta organizzata da Giuseppe Cornetto Bourlot, che per riassumerne gli incarichi non basta un’enciclopedia, e dalla moglie Claudia Merloni. Giro di imprenditori, professori, aristocratici. Classe dirigente, come amano farsi definire.

La ministra parlava, spiegava, sorrideva. A farle da accompagnatore, Salvo Nastasi, riduttivo e burocratico definirlo semplicemente vice-segretario generale di Palazzo Chigi. Gigantesco e agile, Nastasi è la password che ha aperto al giglio magico le porte dei salotti romani, in tempi non sospetti, quando i toscani non erano ancora sbarcati nella Capitale e servivano punti di appoggio, ambasciatori, traduttori e interpreti.

Così oggi Nastasi è per i renziani quello che fu Gianni Letta per Silvio Berlusconi, un mediatore culturale tra i nuovi potenti della provincia toscana e la Roma immortale di martiri e di santi, di palazzinari e di cardinali, dei ministeri e del generone, della Rai e di Cinecittà. Un Letta meno felpato, più fragoroso. Nello stesso spazio Cerasi Barillari Nastasi aveva scortato la Boschi un mese fa, durante la festa del Cinema di Roma. Quella sera la star era stata Meryl Streep, ma l’occasione era stata utile per preparare il terreno.

E c’è l’impronta di Nastasi dietro la firma dei registi, attori e intellettuali per il sì. Ieri mattina, davanti alla Caffettiera in piazza di Pietra, luogo simbolo degli incroci di Palazzo, Salvo rivendicava il suo contributo: «La gratitudine è il sentimento del giorno prima». Una citazione di Enrico De Nicola, fatta propria da Andreotti. Oggi è il giorno prima: del referendum.

E l’eterna Roma democristiana e vaticana, poi berlusconiana e oggi forse renziana, traslocata dalla Dolce vita alla Grande bellezza, ostenta di essere pronta a buttarsi sul Sì. In nome della lotta ai privilegi della Casta. E – naturalmente – del Cambiamento. Poi, il giorno dopo, vedremo.

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