Cercate un nuovo Mariano IV! [ di Salvatore Cubeddu]

SANTA GILLA

La lingua e la storia rappresentano i punti focali sui quali si qualificano la cultura e l’identità di un popolo. In questi tempi di caduta dell’identità nazionale italiana si allarga come non mai la ricerca di quelle fonti che, aggiungendosi all’inimitabile e invidiabile collocazione insulare della Sardegna, legittimino e ricostruiscano tra i Sardi un positivo riconoscimento di sé da trasferire al mondo. In una tale situazione straordinaria si colloca l’operazione politico-culturale del giornale l’Unione Sarda, che descrive in tre accattivanti volumi il percorso – ‘da dove veniamo’, ‘dove siamo’, ‘dove possiamo andare’ – al quale la Storia chiama il Popolo Sardo (ovviamente in maiuscolo!). ‘Buongiorno SarDegna’ ne è il titolo, che da subito ne forma il messaggio: l’SRDN, della epigrafe di Nora, che si fa ‘degna’. Il giudice Mariano IV d’Arborea, naturalmente, è il nostro eroe!

I momenti della storia sarda su cui normalmente gli studiosi ed i militanti etnico-nazionalitari concentrano l’attenzione sono essenzialmente l’età nuragica, l’età giudicale, i moti antipiemontesi ed antifrancesi, l’unione perfetta e l’unità italiana, la prima guerra mondiale. Sull’analisi di tali momenti si fondano alcune considerazioni chiave per l’affermazione della nazionalità sarda: l’originalità del popolo sardo, l’esistenza di una Sardegna indipendente e quasi totalmente unificata, l’originarietà di una cultura sarda, lo stato di semicolonizzazione e di colonizzazione vera e propria in cui le varie dominazioni, e da ultimo quella piemontese e quella italiana, hanno tenuto la Sardegna.

L’esistenza di uno spirito indipendente e resistente ha sempre spinto i sardi alla ribellione, ma non ha impedito  il servilismo verso il potere forestiero e il tradimento degli interessi del proprio popolo. In questo primo libro l’analisi storica si sofferma a lungo sulla civiltà nuragica e sull’epopea arborense, diventa invece veloce e persino frettolosa per quanto concerne gli ultimi cento anni; ma forse questi verranno recuperati all’interno delle successive parti.

Nel volume Giuseppi Dei Nur è il Babài che, sullo sfondo di un alto nuraghe, riappare al popolo del piccolo paese di Entropia (nome de plume che sta per ‘Sardegna’, così come questo nostro nonno dal nome ebraico sta al narratore di “Passavamo sulla terra leggeri”) per raccontare le grandezze e le miserie dei sardi e dei loro oppressori nei cinquemila anni che iniziano nel neolitico recente. La storia è lo specchio in cui riflettersi, prendere coscienza, agire con consapevolezza dei diritti e delle responsabilità. Questo babài nuragico è un patriota che vuole che i Sardi di oggi si facciano patrioti.

Esso nasconde un autore di buone letture (dal Lilliu della ‘costante resistenziale’ al Masala del ‘vinti ma non convinti’, dallo Spiga dei ‘capezzoli di pietra’ al Cardia dell’immersione ed emersione del protagonismo nazionale del nostro popolo, né manca l’efficace esposizione delle teorie economiche sulla ‘dipendenza’) e di forte consapevolezza delle funzioni che l’analisi sociologica della ‘fondazione delle nazioni’ attribuisce al ruolo degli intellettuali quando interpretano le vicende di un popolo. Siamo di fronte ad un’operazione politico-culturale interessante e ambiziosa. Merita attesa e curiosità.  E, perché no, sim-patia. Ma siamo ancora alla prima parte, alle premesse appunto. (1. continua)

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