La vittoria del NO è anche la sconfitta di Pigliaru [di Carlo Pili]

fotina

Ancora una volta i numeri della Sardegna, percentuali bulgare in tutti i paesi ed in tutte le città, in favore del NO raccontano una storia in cui – come nelle migliori storie – la forma e la sostanza coincidono. Ogni evento serio è riassumibile in una nota di stile. Il popolo sardo lo ha capito.

In verità lo ha sempre capito talvolta in forme drammatiche.  La contemporaneità gli ha dato sovranità e la possibilità di esprimerla col voto, grazie alla Costituzione. Rigettarla sarebbe stato un suicidio specie per la Sardegna perché quella Carta ha reso possibile lo stesso Statuto speciale che l’ex presidente del Consiglio e la sua emanazione locale Pigliaru con la sua giunta volevano mandare al macero.

Son anni ormai che il popolo sardo subisce le cadute di stile dei suoi governanti. Si pensi alle genuflessioni di tutto un gruppo dirigente davanti a ministre e ministri o all’esposizione mediatica che, per reazione infastidita,  ha portato in massa i Sardi alle urne per bocciare Renzi, Pigliaru, Soru, ed una compagnia di cui non ricordano neanche i nomi ma certamente selfie entusiastici insieme all’incapacità di risolvere problemi.

Se queste fossero elezioni regionali o politiche un’intera classe dirigente sarda sarebbe già a casa. Perché nel voto sardo si legge l’incapacità di un gruppo a governare e  interpretare i bisogni di un popolo da cui è percepito come padrone inadeguato.

Caterve di plenipotenziali romani, tutti quelli che credono di avere un qualche potere o di fare parte di un Inner Circle governativo o para governativo si sono infatti esibiti come una compagnia di giro, convinti di capitalizzare tanto sforzo. Tutto inutile. Si tratta di una bocciatura di un modo di essere. Quella di parolai, di sgloganisti, di sviluppisti del loro destino personale, di immemori degli interessi dei cittadini.

Ed ora che accade finito il tempo di farsi i selfie con ministre e ministri che da mesi giravano nella Sardegna allo stremo? Che fare in una regione dove non c’è una politica industriale o politiche del lavoro o dell’istruzione per conclamate incapacità di chi occupa quei ruoli? Che farcene di assessori che non riescono a varare una seria legge urbanistica o di ampliare il piano paesaggistico? Che farcene di un gruppo che crede davvero che la turistizzazione dei nostri territori sia quella da loro individuata? Che dire di assessori/e la cui unica preoccupazione è di occupare i media sardi incapaci, a loro volta, di operare qualsiasi contraddittorio?

Forse Pigliaru deve cogliere l’occasione per prendere coscienza che dopo quasi tre anni non è un problema di fare rimpasti o rimpastini ma che forse è il caso che rifletta se davvero quello del presidente è il suo mestiere o forse anche lui è meglio che ritorni a fare il professore. Ieri gran parte dei Sardi lo ha bocciato perché in nessun momento lui e la giunta sono stati capaci di dire al governo centrale NO per scelte che danneggiano la Sardegna.

In questa giornata di speranza per il popolo italiano e per i Sardi, prenda definitivamente  coscienza di chi è il popolo che non è riuscito a rappresentare e che da lui non si sente rappresentato.

Lascia un commento