La geografia del Sì e gli arcipelaghi del No [di Alessandro Mongili]

grano

Ha vinto la democrazia, sicuramente. Hanno perso quelli che “esiste un modello da applicare” ovunque, e quelli dello storytelling. Quelli delle narrazioni copiate da un fondo della Gazzetta dello Sport ma applicate alla ricerca di occupazione da parte dei giovani delle aree marginali. Hanno perso quelli che vogliono un Paese normale intendendo un Paese con Alfano al governo.

Hanno perso gli intellettuali da festival letterario o da salone dell’innovazione, che non conoscono Pasolini né Gramsci, ma in compenso si emozionano per il fondatore dello scoutismo e per le serie televisive americane piene di buon senso e immagini splatter, ma povere di intelligenza critica e di cultura che non sia autoreferenziale. Tutti schierati con il Sì, o zitti e muti.

Hanno perso i Sardi che odiano la Sardegna, quelli che “da soli non ce la possiamo fare”. Hanno perso quelli che hanno puntato sull’essere in prima fila sotto il palco di Boschi, e che adesso hanno le memorie dei cellulari piene di selfies imbarazzanti che attestano il loro servilismo. Hanno perso pure quelli che si sono astenuti pensando di essere a Disneyland e non nella Sardegna storica, italiana e coloniale, che esiste in realtà. Purtroppo.

Il popolo sardo si è mostrato. Accade di rado. L’attaccamento alla propria coscienza politica comune ha emarginato l’adesione a una Riforma che avrebbe ipotecato l’autonomia. Essa è stata vista – nella coscienza popolare – come un limite invalicabile della propria identità collettiva, politica, di popolo, ma anche come difesa dei propri interessi ben concreti. È stata una lezione per tutti i politici che non hanno fiducia nei Sardi e imputano gli enormi problemi che la nostra condizione ci impone (di sfruttamento, stigmatizzazione, emarginazione e rapina) a una nostra presunta identità antropologicamente arretrata.

Esiste una chiara geografia del Sì, che si è espressa en plein air, e adesso rugge rabbiosa e copre di insulti noi terroni e chi non ha capito quale grande cosa ci proponevano Boschi, Scalfarotto e Verdini. È la geografia delle élite di questo Paese, delle aree privilegiate, e dei loro alleati sparsi in tutto il Paese. Milano, Bologna e Firenze sono le capitali del conformismo che si è allineato per diverse ragioni al renzismo, e sono le città in cui ha vinto il Sì. Milano perché ha ricevuto veramente tanti soldi, Bologna per innato conformismo ma anche perché il renzismo ha garantito il sistema di potere locale e i suoi ingenti interessi economico-finanziari, Firenze perché ha sognato – città estremamente provinciale e marginale qual è – di tornare al centro del sistema di potere italiano.

In Sardegna, è interessante seguire i dati. Il NO è più forte nel Capo di Giù che in quello di Su. In particolare, supera il 70% nelle città di Olbia (ed è una sorpresa), Alghero, Nuoro, Porto Torres e Carbonia. Ha superato il 75% invece a Macomer, a Oristano, a Quartu Sant’Elena, a Sant’Antioco e a Iglesias (77,26%). Nelle due capitali il dato è simile, e appena sotto il 70%. Non ho compiuto aggregazioni di dati rurali, ma a me sembra che la coscienza neo-autonomistica sia forte soprattutto nelle aree urbane più popolari, e disegni più che una propria geografia quella, a contrario, dei gruppi privilegiati e vicini al potere, che si sono compattamente schierati con il Sì.

Lo scontro referendario ha messo in gioco la capacità di leadership dei vari soggetti. Nel campo del Sì è facile analizzarla. Non ne hanno avuto. Il presidente Pigliaru, che non si è mai distinto per lungimiranza (così come il suo sodale Paci), ma piuttosto per una furbesca attività di aggregazione di gruppi di potere priva di visione, ha subito una sconfitta che probabilmente segnerà la sua uscita di scena, dovuta alle sue scarse capacità politiche, ormai evidenti a tutti. Credo che farebbero bene, lui e Paci, a tornarsene al Crenos. La destra e i grillini, in Sardegna, si sono mobilitati pochissimo e sempre dietro le parole d’ordine dei loro padroni italiani, come mera articolazione locale dei rispettivi franchising.

Nel campo indipendentista è difficile analizzare l’arcipelago di posizioni. Sardigna Natzione e Progres, con la loro indicazione per l’astensione, hanno purtroppo mostrato una scarsissima capacità di analisi politica e di leadership. Altri gruppi, come il Partito Sardo, quello “dei sardi”, i Rossomori, Sardegna Libera, il Fronte indipendentista unidu, si sono impegnati per il NO, ma in modo cerimoniale.

È emersa al contrario la leadership politica di Pier Franco Devias e di Anthony Muroni, entrambi protagonisti di una campagna segnata da interventi mirati e accurati. Speriamo che non confondano però la comunicazione in cui sono maestri con l’organizzazione politica. L’agitazione dalla strutturazione. Speriamo di non rivedere più gli errori e i limiti di esperienze recenti, fra cui quelli di Sardegna Possibile e di altre esperienze minori, come Cagliari capitale.

La democrazia interna e la legittimazione dal basso non possono essere barattate con le nomine da parte di nuovi Grandi Leader egotici, e le vittorie non si consolideranno con schiere di nuovi e affamati Assessori possibili, ma creando rete e organizzazione anche con chi si detesta cordialmente, ma di cui occorre riconoscere capacità e competenza. Si tratta di due uomini intelligenti, e sinceramente spero nella loro generosità, che è poi il carattere principale dei leader veri.

La vera sorpresa di questa campagna è stato il ritorno della sinistra, di quella sinistra che rappresenta proprio gli interessi di uguaglianza e di libertà fondamentali. Abbiamo assistito a un calendario serrato di iniziative disperse in tutta la Sardegna, segnate dalla presenza popolare e dall’intensità nella partecipazione.

Personalità come Luisa Sassu, Antonello Murgia, Marco Sini e lo stesso Andrea Pubusa hanno dato il meglio di sé e se c’è qualcuno cui tale vittoria può essere intestata, sono loro e la nobile tradizione politica che rappresentano. Senza dimenticare questo stesso blog, e tanti altri centri di un movimento vincente ma spontaneo.

Mi chiedo, non si può partire da questa comunanza di valori democratici e di autonomismo avanzato per lavorare a un programma comune che sia in grado di salvare la Sardegna dal disastro?

4 Comments

  1. Marco

    Bravo Alessandro. Analisi lucida, critica, sincera. E si sa, la sincerità brucia e fa male, ma serve. (Piccola precisazione per chi non avesse saputo interpretare ceffoni a manu manca e tiradas de origas seminati nell’articolo…). Impossibile non condividere.

  2. umberto cocco

    Invece io non condivido, salvo alcuni passaggi. Mi sembra che l’autonomia non c’entri (quasi) niente. Siamo perfettamente ritornati nel meridione, tutto qua. Rileggerei Sereni: Mezzogiorno all’opposizione.

  3. Maria Luisa Vargiu

    Anni fa scrissi in un breve e sentito commento:
    Quel simpaticone di Renzi ?
    Meglio finchè si può cambiare strada.
    Oggi Italia e soprattutto Sardegna hanno deciso.
    Hanno deciso di cambiare strada.
    Bene, meglio tardi che mai !

  4. Antoni Nàtziu Garau

    Su NONO craru in su Referendum: resones costitutzionales, resones polìticas (romanas) e resones sotziales isceti?

    Leghende custu artìculu de Lisandru Mongili, mi permito de agiùnghere – e creo de no èssere ne atrividu nen foras de binàriu – un’àtera chistione chi podet agiudare a cumprèndere su pro ite, in logos meda, su NONO est lòmpidu a pertzentuales aici artas.
    Nche intrat, tzertu, s’èssere contras de una mudadura aici manna e funguda de sa Costitutzione, cun cosas chi si podiat èssere de acòrdiu postas paris cun cosas pagu craras o cun cosas craras meda chi non fiat pretzisu a tocare; nche intrat, de seguru, sa personalizatzione (non domandada dae nemos e, a tretos, fintzas infadosa!) de su resurtadu de su Referendum chi nde at fatu Renzi e, duncas, su de nd’àere aprofetadu dae parte de is chi fiant contras de is polìticas de su Guvernu de Renzi; nche intrat fintzas sa chistione sotziale, sa crisi isparta, sa poberesa e su fàmene chi sunt sufrende famìllias meda, prus che totu in su Meridione de Itàlia, in is ìsulas, ma fintzas in is regiones de su Nord.
    Ma mi paret chi in logos meda su votu referendàriu si siat carrigadu fintzas de unu significadu locale, chi s’agiunghet a is àteros remonados a subra. Carchi esempru: si càstiet su resurtadu ispantosu chi su NONO at tentu in sa comunidade de Prammas (su NONO at pigadu su 84,16 %, su EJA su 15,84 %), chi depet sufrire su sèberu faddidu de su sìndigu de Aristanis, Guidu Tendas, de èssere de acòrdiu cun su fàbbricu de un’impiantu solare ammisturadu termodinàmicu in Santu Chìrigu (fratzione de Aristanis, ma prus acanta de Prammas chi nono de Aristanis!), cun s’ocupatzione de 77 ètaros de terrinu agrìculu e cun una tzentrale a biomassa chi diat dèpere brusiare 75 tonnelladas (SIC!) de linna ònnia die. Ma creo chi fintzas is Aristanesos (in tzitade su NONO at pigadu su 75,52 %, su EJA su 24,48 %) apant chertu espressare a su sìndigu Tendas totu su pistighìngiu issoro pro custu sèberu dannàrgiu suo chi totus si sunt decrarados contras: tzitadinos, comitados, assòtzios culturales, assòtzios ambientalistas, assòtzios pro sa tutoria de sa salude pùblica, assòtzios de consumadores, assòtzios de categoria, partidos polìticos, sindacados, deputados e senadores de sa Repùblica, consigieris regionales e fintzas su Consìgiu comunale de Aristanis, su Consìgiu provintziale de Aristanis e su Consìgiu regionale.
    Cun pagos faeddos, custu impiastru industriale, custu atzoroddu de ispeculatzione econòmica a dannu de sa terra bella (e de bonu coro!) pro fainas de laurera, càrrigu de perìgulos mannos pro s’ambiente e pro sa salude de chie ddoe diat dèpere bìvere acanta … totu custu sa gente – cun fundòriu e sabidoria – ddu timet e non ddu cheret. E tenet resone!
    Su NONO postu in s’ischeda eletorale domìniga passada non fiat unu sèberu fatu pensende a sa chistione de nche iscantzellare su bicameralismu perfetu o su C.N.E.L. o a s’arriscu de perdere cussu pagheddu de autonomia chi tenimus isceti, ma fiat unu NONO fintzas a custos sèberos istrambos locales, a custos machìmenes profetosos pro pagos e dannàrgios pro su paesàgiu, pro s’ambiente e pro sa populatzione!
    Ca is Aristanesos, is Prammaresos, is Sardos non tenent s’apretu de prodùere energia elètrica (chi is impresàrios ant a bèndere in continente!) brusiende 75 tonnelladas de linna cada die. Cussa energia non serbit ne a sa provìntzia de Aristanis, nen serbit a sa Sardigna. Ca sa bulleta energètica chi is Sardos pagant, cara est e – a dolu mannu – cara abarrat.
    A intro de su NONO ddoe fiant fintzas chèscias che a custa.

    Antoni Nàtziu Garau

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