La maggioranza che governa la RAS, nessuno escluso, ha perso il Referendum e la scommessa di essere alternativa al centro-destra [di Franco Medda]

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Parrebbe dalle dichiarazioni che si leggono che Francesco Pigliaru non ha inteso quello che è successo in Sardegna con il Referendum. Davvero è  così compiacente, fino all’autodistruzione, con Matteo Renzi che continua a sfidare il popolo e persino i giovani che hanno capito il suo bluff  e di che pasta è fatto?  Se così fosse, è la prova della subalternità della maggioranza sarda con i boys & girls fiorentini, sbaragliati in un batter d’occhio.

Davvero Pigliaru non realizza che la conflittualità della sua maggioranza è in capo a lui? Le sue parole sulle sulla crisi della giunta interrogano se lui sia effettivamente un leader. Non ammettere la crisi e non saperla gestire politicamente segnala al popolo sardo che forse anche per lui, come per Renzi “ la corsa finisce qui”.

Il NO in Sardegna è una valanga e mette il Pd sardo e la sua leaderhip in posizione minoritaria. Cosa ci sia dentro il NO non è solo la destra, che in Sardegna affanna, ma una parte consistente di elettori esclusi dal PD ma anche da SEL e dalla Sinistra Italiana, gruppetti autoreferenziali che governano scambiando il partito con le istituzioni,  spesso confondendoli e sovrapponendoli.

Soru fu definito “un uomo solo al comando”, “autistico”, e persino “amletico”. A distanza di anni nessuna delle definizioni regge e le sue giunte appaiono, per citare sbrigativamente le misure su sanità, istruzione ed, in generale, cultura, paesaggio e ambiente, lavori pubblici quasi leggendarie. Mettevano insieme – ci si riferisce a tutto il sistema di governo compresi gli enti – elite reali perché capaci di dialogo con le istituzioni territoriali e con la comunità regionale.

Il difetto, osservando l’operato di quel presidente, anche segretario di partito – scelta nefasta –  dalla sconfitta fino ad oggi, è l’inconsapevolezza politica dell’uomo, la sua incapacità a riconoscere il collettivo,  sale della politica, un carattere sostanzialmente narcisistico. Carattere e profilo anche dell’ex presidente del Consiglio e dell’attuale presidente della Regione. Con questo si spiega le discontinue ed opportunistiche alleanze che hanno caratterizzato il rapporto  tra i tre personaggi ed il conseguente disastro in Sardegna.

La politica è fatta infatti da quella sostanza che si chiama visione, da un progetto condiviso, da sogni e passione e dalla capacità di mediazione tra interessi generali e spinte particolari. Si ha un bel dire che a combattere la politica politicante siano linguaggi suggestivi, “belle guaglione” nel senso non sono solo delle belle donne come foglie di fico ma della giovinezza come risolutiva, perché il passo successivo è la demagogia che altro non è che politica politicante al ribasso.

La politica è organizzazione, capacità di interpretare il reale e la gente normale i cui bisogni sono il focus di ogni organizzazione politica specie di sinistra.

Ecco perché Francesco Pigliaru o rifonda la sua giunta da cima a fondo e riparte da quel progetto che vinse pur a fatica le elezioni. Non perda tempo, altrimenti per vivacchiare, come sta facendo, passi la mano. Facciamo ancora in tempo a salvare la Sardegna ed i Sardi. Oggi abbiamo certezza che la sua maggioranza – nessuno escluso – ha perso non solo il Referendum ma la scommessa di una giunta che si è presentata come alternativa. E’ stata solo peggiore, in gran parte delle azioni intraprese, rispetto alla precedente di centro destra.

E’ tempo che anche il presidente della Regione ne prenda atto. I Sardi con il Referendum lo hanno già fatto.

 

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