Non si fronteggiavano il cambiamento (SI) e la conservazione (NO) ma due possibilità di cambiamento [di Giovanni Scano]
Matteo Renzi non ha alcuna intenzione di ritirarsi a vita privata. Anche poco fa in Direzione ha insistito nel dire, sostanzialmente, che gli elettori non hanno capito la sua proposta. Anche gli interventi degli esponenti della maggioranza che lo ha espresso come Segretario hanno seguito la stessa linea: Fiano, Baita (o Paita, non ho capito bene: quella che ha perso le ultime regionali in Liguria) e altre due o tre di cui non conosco il nome. Anzi, loro, come spesso succede in questi casi, sono stati più lealisti del re. Qualcuno ha fatto persino i complimenti a Renzi per la coerenza dimostrata: si è dimesso, come aveva promesso di fare se il NO avesse prevalso al referendum. Ma non hanno aggiunto che successivamente, quando aveva capito che forse la personalizzazione non gli avrebbe giovato (anzi!), aveva detto di no, poi di nuovo di si, poi ancora di no e così via nei secoli dei secoli fino al sì finale. Al povero Roberto Speranza gliene hanno dette di tutti i colori. C’è voluto Gianni Cuperlo per allentare un po’ la tensione. Non riescono ancora a rendersi conto che la riforma era quantomeno pasticciata e largamente inadeguata rispetto alle problematiche che si proponeva di risolvere. Non si fronteggiavano il cambiamento (il SI) e la conservazione (il NO). Si fronteggiavano, per quanto mi riguarda, due possibilità di cambiamento. Chi ha votato NO, come me, non si propone la semplice conservazione dell’esistente. Il cambiamento deve avvenire da un sistema, tutto sommato, coeso e coerente ad un altro sistema lo stesso coeso e coerente. Secondo me, quest’ultimo può essere: una sola Camera con 300 / 400 deputati (retribuiti con 3000 euro mensili ciascuno + rimborsi documentati proporzionati alla distanza da Roma del loro collegio), una legge elettorale uninominale a doppio turno di collegio con correttivo proporzionale per garantire il diritto di tribuna ai piccoli partiti, a quelli veri e inoltre la legge sui partiti politici sulla base dell’articolo 49 della Costituzione.
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