“E’ prestando il suo corpo al mondo che il pittore trasforma il mondo in pittura” [di Brunilde Giacchi]
L’associazione Ma… donne, nasce nel 2009 e nei suoi sei anni di attività, ha curato spesso l’allestimento di mostre di pittura selezionando gli artisti e le loro opere con un metro spesso legato a elementi estranei a quelli che è stato usato in questa occasione. Nel caso di Gianni Poddighe, il motivo catalizzatore è stato la bellezza delle opere e il messaggio che i dipinti riescono a trasmettere all’osservatore, il quale dinanzi agli elaborati, quasi tutti di grandi dimensioni, percepisce l’aura di bellezza, la quale narra quella dell’artista stesso. La mostra ancora in esposizione presso i locali della ex gioielleria Rossetti in piazza Azuni a Sassari, narra della spinta interiore dell’autore che lo porta ad estraniarsi nello spazio del proprio studio dove elabora e riproduce, secondo i propri canoni, la realtà che lo circonda. La mostra dal titolo “L’istinto del Momento”, sembra voler narrare l’immediatezza con cui l’artista rappresenta la realtà. Una realtà che prende vita dalla nipotina Nicole a cui dedica questa prima personale che ha già riscosso consensi tra i tanti avventori che già in questi primi giorni continuano ad affollare le sale espositive di un locale storico di Sassari e che di Sassari narra le mode e i gusti raffinati delle tante eccellenti padrone di casa che amano ricevere con le porcellane e i cristalli che sono ancora in esposizione. Due opere, tra quelle esposte, non raffigurano esseri animati, bensì bambole e sagome. Sono quelle delle bambole che ogni donna talvolta torna a cercare nell’armadio dei ricordi, pensando di trovarle belle come le ricordano e invece sono danneggiate dal tempo, lo stesso tempo che passa anche su chi le ha amate giocandoci a lungo. Di fronte alla pittura o, come nel caso particolare di questa esposizione, di fronte a una pittura dal taglio realistico, tornano alla mente le parole le parole di Paolo di Tarso nella seconda lettera ai Corinti: «perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne». Le cose visibili, diventano con le opere di Giapod, via d’accesso alle seconde, le cose invisibili; e noi potremmo cercare, per esempio in una tela, in queste tele, una seconda scala di Giacobbe. In che termini, in che senso parlare oggi di realismo, quando la realtà è composta da molteplici realtà visibili/invisibili, aumentate, virtuali, il mondo di mondi e via proseguendo? Cosa può significare oggi ‘realismo’? E’ di sguardo che vogliamo parlare, in pittura lo sguardo di chi dipinge non è un assoluto, slegato dal resto, l’atto di un puro spirito che sceglie cosa portare sulla tela. Lo sguardo, l’atto del guardare, chiama innanzitutto immediatamente in causa un corpo. Merleau-Ponty afferma: «è prestando il suo corpo al mondo che il pittore trasforma il mondo in pittura». Questo ci lascia intuire quanto la realtà rappresentata sia mediata da un dialogo interiore che esprime l’identità di Gianni Poddighe, il quale ama usare lo pseudonimo Giapod, pseudonimo che però non cela del tutto la sua identità, bensì la racchiude, come se volesse donarci un concentrato di se stesso. Quasi a voler gettare le basi per un patto con il pubblico, che già lo ama e con il quale l’artista intende avviare un dialogo, proiettandolo in un futuro narrativo sempre aderente alla realtà, ma dalle tinte scure, quelle tipiche di una umanità spesso sofferente. |