No art nude-look in your Facebook [di Carlo A(rteologo) Borghi]
Gli algoritmici neuroni del cervellone di Facebook rigettano ogni e qualsivoglia immagine di nudo, comprese le figure nude estrapolate dallo sconfinato repertorio iconografico della storia dell’arte antica, moderna e contemporanea. Oblitera e rimuove icone nude femminili e maschili dipinte, scolpite, affrescate, disegnate, fotografate, fotoshoppate o filmate. Il Sistema, accomuna ed equipara quella tipologia di immagini a posture di nudo pornografico e volgare che pure compaiono disseminate qua e là, tra le sue pieghe telematiche. Qualunque postura assunta dai nudi d’arte, anche nel caso di opere firmate da grandi maestri o “giganti dell’arte”, non trova accoglienza e asilo nei portfolio di Facebook. Chi, postandoli, si azzarda a pubblicarli subisce castighi e pene variabili: dal blocco della attività alla censura, dalla rimozione alla esclusione temporanea o definitiva. In questa veste di cervellone bacchettone, Facebook si presenta come una reincarnazione della isterica e Santa Inquisizione. Chi dovesse insistere e persistere nella pubblicazione di nudi d’arte, compresi quelli monumentalizzati e musealizzati, rischia persino la damnatio memoriae. Ormai, i casi sono tanti e tutti al limite del paradosso. Recentemente, Huffington Post ha esposto il caso assai significativo della censura subita da Hamilton Moura Filho Desivel, per aver postato il dipinto intitolato Amor vincit omnia opera di Caravaggio, raffigurante un innocente Cupido capace di farsi sedurre o di sedurre egli stesso con la sua classica ed erotica nudità. Lo stesso giro di vite è toccato alla pagina Facebook intitolata Arteologicamente Trio, per aver pubblicato quello stesso Cupido, con annessa costrizione alla rimozione della scandalosa icona. Nel suo articolo Huffington Post dava visibilità anche al caso relativo a Le origini del mondo, celebre opera di Courbet, postata dal parigino Frederic Durand-Baissas, a sua volta sottoposto a censura e istantanea rimozione. In questo caso, Facebook aveva addirittura presentato le sue scuse al titolare del profilo. Stessa sorte è toccata, recentemente, alla pagina Facebook intitolata Lunàdigas, per aver pubblicato la foto, notoriamente storicizzata e catalogata nei manuali di storia dell’arte contemporanea, dei performer Marina Abramovic e suo marito Ulay esposti e affrontati integralmente nudi all’ingresso della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Bologna nel 1977, con il titolo Impoderabilia. Lunàdigas è una pagina Facebook che raccoglie temi, testimonianze e immagini relative a storie di donne che hanno scelto di non essere madri. La stessa Marina Abramovic è una donna che ha scelto di non mischiare l’esperienza della maternità con la pratica dell’arte e della performance. Arteologicamente Trio è una pagina Facebook che prende ispirazione dal campionario di tutte le Arti, classiche e contemporanee, con speciale riguardo alla scrittura visuale e/o poesia visiva. Altro caso ancora, riguarda la culturista e body-artista Lisa Lyon, fotografata nuda da Robert Mapplethorpe, nel 1982. Sembrerebbe di capire che solo imbraghettando o braghettonando i nudi della storia dell’arte Facebook possa sopportarne e acconsentirne la pubblicazione nei suoi profili e nelle sue pagine. Qualcosa di simile a ciò che era stato apparecchiato nelle sale dei Musei Capitolini, durante la visita del presidente iraniano: antiche, statuarie e marmoree Veneri incartate e incartonate per nascondere la loro eroica ed erotica nudità. Cosa potrebbe capitare, se si dovesse postare l’immagine di quella Venere Efesina dotata di tre o quattro file di tette?! Siamo alle prese con un caso di oscurantismo, di intolleranza e di ignoranza. Degli algoritmi ignoranti bisogna accuratamente diffidare. Hal 9000 di 2001 Odissea nello spazio, diceva di sé: “sono un elaboratore algoritmicamente ed euristicamente programmato”. Anche Facebook è similmente configurato ma assai meno predisposto al dialogo con gli umani di quanto non fosse Hal. Gli algoritmi vanno dritti per la loro strada senza guardarsi indietro e senza guardare in faccia nessuno, così come succede per gli algoritmi che governano l’alta finanza e il tecno-capitalismo. La rappresentazione del nudo, nel corso della storia dell’arte classica, medievale, moderna e contemporanea, ha rappresentato una forma visibile, tangibile e sostanziale di avanzamento progressivo della ricerca artistica generale. Cosa penserà Mr. Facebook della nudità classica, atletica ed eroica dei Kouroi greci?! Come prenderebbe Facebook, l’immagine dell’artista e performer Gina Pane nuda mentre si ferisce con un filo di lametta da barba o con le spine di un mazzo di rose rosse?! Come la mettiamo con le tante e ignude statue greco-romane che popolano i nostri sogni e i nostri musei?! Per poter postare il gruppo statuario del Laocoonte, bisognerà mettere un paio di mutande a lui e ai serpenti?! Bisognerà avvolgere con un panno i fianchi e gli inguini dei Galata morenti?! Facebook cancella dalle sue bacheche corpi nudi che, da sempre, sono considerati e catalogati come canoni del bello. Riguardo all’idea di bellezza, Facebook segue la obsoleta regola che recita: non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che mi piace-mi piace-mi piace ovvero like-like-like. Bisognerà interrogare l’Apollo del Belvedere, per sapere qualcosa di più riguardo al futuro che ci attende. Anche Lui dirà: un algoritmo definitivo ci seppellirà! Chi scrive può testimoniare, da storico dell’arte e da body-artista che ha lavorato con e sul corpo come materia dell’arte e della storia dell’arte, di essere stato ripetutamente censurato e oscurato da Facebook. Rimosso, ad esempio, per aver postato un Trittico composto da: Pier Paolo Pasolini nudo in una nota fotografia di Dino Pedriali – la culturista e body-artista Lisa Lyon, fotografata nuda da Robert Mapplethorte – Cicci Arteologo Borghi fotografato nudo nel corso di un’azione agita all’interno di una installazione intitolata non si può entrare due volte nella stessa acqua, nella stessa sabbia, nello stesso corpo e nella stessa fotografia. Facebook dovrebbe iscriversi alla svelta ad un corso di formazione accelerato per imparare a distinguere il Nudo pornografico da quello storico artistico. Non sarebbe mai troppo tardi per imparare a distinguere e differenziare algoritmicamente, euristicamente, storicamente e politicamente, naturalmente. Contemporaneamente, il popolo degli artisti, degli storici dell’arte e dei performer dovrebbe impiantare una decisa class action contro Facebook come Censore e Santo Inquisitore. Casa Facebook applica le obsolete categorie del politicamente e perbenisticamente corretto allo storico repertorio iconografico del nudo d’arte. Mala tempora telematica currunt. Riuscirebbe Facebook a individuare tratti di oscenità nella Sposa messa a nudo dai suoi celibatori medesimi di Marcel Duchamp, altrimenti nota come Grande Vetro?! Come prenderebbe la versione nuda della Gioconda di Leonardo?! La Gioconda con i baffi dello stesso Duchamp, comincia a ridere sotto i suoi medesimi baffi. Intanto, la Venere di Milo ritrova le braccia, le natiche, il pube, le ginocchia e tutto il resto del suo corpo che era andato perso. Andrà bene per Facebook?! La Venere di Milo con Cassetti di Salvador Dalì strizza l’occhio. Veneri Callipige, dai glutei sodi e sontuosi, se ne ri-trovano tante nel Mediterraneo ma non è detto che possano superare l’esame di maturità e nudità del prof. Facebook. Bisognerà istituire il corso e l’esame di Nudologia storica e contemporanea. Dai repertori della storia dell’arte sarda, non emergono icone nude, sacre o profane, particolarmente eccitanti. Nel sito archeologico di Monti Prama, si continua a scavare a più mani. Se dovesse riemergere un Gigante privo del suo gonnellino di trachite nuragica o una Gigantessa in topless di arenaria nuragica, si proverà a postarli in Facebook, per poi aspettare di vedere cosa succede. |
L’esame di Nudologia storica e contemporanea, soprattutto contemporanea è urgente per la salute mentale.
Si ripete da qualche tempo che stiamo tornando indietro di quaranta e più anni, per la Nudologia siamo tornati ai tempi delle polemiche per l’educazione sessuale. E sempre intorno a quegli anni Ingrid Thulin dichiarava: “per voi latini l’erotismo è osceno, per noi svedesi è felicità. Chiedere a voi un giudizio su questo film (Giochi di notte) è come chiedere ad una giraffa che cosa pensa del Vioetnam”.