Aleppo, l’araba fenice che rinasce [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 28/12/2016. La città in pillole. Anche Cagliari fu ridotta a paesaggio archeologico dalle bombe del 1943. C’è un’immagine nell’orgia iconografica da cui siamo accerchiati che narri la rovina e la morte ma anche una traiettoria di futuro nella nostra contemporaneità? Esemplare quella della semidistrutta cattedrale di Sant’Elia ad Aleppo dove si è celebrato, dopo anni, il Natale.

Potente simbolo della fragilità di quella invenzione che è la città ma anche della resistenza, insita nei suoi cromosomi, in cui il sacro è fondante. Una forza che Aleppo, città tra le più antiche, ben conosce. Ha visto popoli, personaggi, eventi dai nomi misteriosi: Hittiti, Popoli del mare, la mitica battaglia di Qadesh, che fermò Ramses II alle sue porte, a cui, secondo alcuni, avrebbero partecipato i Sardi. Fu assira; achemenide; e seleucide dopo Alessandro. Divenne romana; bizantina; araba; ottomana.

Distrutta anche dai terremoti è l’araba fenice dell’urbano che rinasce dalle sue ceneri. Metropoli con i segni di molte religioni e con gli oscuri intrecci che cristianesimo primitivo e mille riusi sedimentarono nelle sue architetture visionarie. Oggi è nuovamente rovina. Che effetto straniante ma incoraggiante quei fedeli nella cattedrale distrutta!

Anche Cagliari, di lunga durata come Aleppo, fu ridotta a paesaggio archeologico dai bombardamenti del 1943. L’iconografia fu però anche la magnifica ed insuperata rappresentazione di Efisio che procede  nella peregrinatio in un paesaggio di rovine. Marino Cao le oltrepassò con il coraggio del sogno della ricostruzione e dell’estetica.

Come Aleppo anche Cagliari ebbe una chiesa di Sant’Elia de Portu Salis, in una fase più antica dell’XI secolo quando come fu ceduta ai Vittorini. Oggi è un rudere ma per ragioni diverse.

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