Il futuro della Sardegna si chiama ambiente e paesaggio [di Maria Antonietta Mongiu]
Pubblichiamo la Relazione tenuta al Convegno “Tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile” organizzato dall’Associazione degli ex parlamentari della Repubblica. Coordinamento regionale della Sardegna il 7 aprile 2015 presso la Sala Convegni Fondazione Banco di Sardegna, via S. Salvatore da Horta, 2 (traversa via Torino- viale Regina Margherita) ed oggi diventato un volume. Il Convegno avvenne alla presenza del Ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti, massima espressione degli indirizzi politici in materia di tutela ambientale. Da questi indirizzi dipendono scelte decisive per la Sardegna che vuole diffusamente uno sviluppo compatibile poiché, nel passato, ha pagato un prezzo insostenibile all’inquinamento per il carico delle servitù industriali. E’ necessario che in tanti attivini processi di pedagogia sociale perché non è più possibile operare scelte senza che la pubblica opinione venga informata su rischi che, opzioni non meditate, provocano specie se riguardano l’ambiente E’ quanto sta facendo anche l’Associazione degli ex parlamentari della Repubblica.(NdR) Ringrazio l’Associazione degli ex parlamentari della Repubblica ed in particolare il Responsabile del Coordinamento regionale della Sardegna on. Giorgio Carta che ha organizzato il Convegno “Tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile” per avere, per il mio tramite, invitato il Fai Sardegna. Il fine dell’iniziativa è infatti proporre argomenti di riflessione e di studio dei portatori di interessi collettivi perché sempre più è necessario operare scelte con una pubblica opinione informata su rischi che, opzioni non meditate, provocano per l’ambiente. Il Convegno apre il confronto fra forze politiche, imprenditoriali, sindacali, associative sul tema della tutela dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile con l’obiettivo di riavvicinare la società all’unico mediatore degli interessi collettivi: la politica. Il titolo stesso del Convegno non è neutro perché la difesa dell’ambiente e lo sviluppo implicano scelte che riguardano interessi di parte che, spesso, portano a conflitti tra valori apparentemente inconciliabili: diritto allo sviluppo e tutela dell’ambiente. La presenza del Ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti – che saluto a nome mio e del Fai – massima espressione degli indirizzi politici in materia di tutela ambientale del Governo – rende il Convegno rilevante sul piano degli effetti perché dai suoi indirizzi dipendono scelte decisive per la Sardegna che vuole uno sviluppo compatibile. L’isola – come ripetutamente il Fai Sardegna ha rilevato nei Convegni organizzati quest’anno – ha pagato alti tassi d’inquinamento ed un alto carico di servitù militari e industriali. In occasione dell’iniziativa “La buona terra. Fonti energetiche e impatto su suolo e ambiente in Sardegna”, organizzata dal Fai Sardegna, Angelo Aru, già Professore Ordinario di Geopedologia dell’Università di Cagliari, Agronomo Emerito degli Ordini degli Agronomi d’Italia, scelse come incipit del suo intervento la frase “Custodire la terra non solo con la bontà, ma anche con molta tenerezza”, già indirizzata da Papa Francesco agli organizzatori dell’EXPO, “non saremo noi a lasciare in eredità la terra ai nostri figli, bensì sono loro che ne concedono a noi l’usufrutto”. Semplici quanto efficaci parole, dense di senso quelle di un Papa che del recupero di senso ha fatto il perno del suo magistero. Fa piazza pulita di ambientalismi, variamente declinati, e di quanti retoricamente chiedono ai decisori che l’ambiente sia il centro delle politiche e il suolo rispettato. Se l’invito del Papa è rivolto ai responsabili dell’Expo, possiamo coglierne latamente implicazioni allarmate che ci riportano a paradigmi contenuti in Essere e tempo di Martin Heidegger e al concetto di esser-ci, non tanto topograficamente ma nella storia, nell’esistenza dell’uomo, nella responsabilità, nell’autenticità. Tutti concetti problematici e densi di fraintendimenti ma senza i quali non c’è un’operabilità di senso che è la connotazione dell’esistenza. E’ intollerabile pertanto la sottrazione alla destinazione agricola dei suoli per realizzare infrastrutture altrimenti inutili. La proliferazione delle grandi opere pubbliche sono più che una necessità una fenomenologia che in futuro sarà studiata dai sociologi delle organizzazioni d’affari e in più di un caso delle organizzazioni criminali. Quale ratio può mai giustificare l’alterazione di un paesaggio agrario costruitosi nei millenni per metterci biomasse da utilizzare come biofuel? E’ ciò che accade in Italia e in Sardegna. Nel Sulcis un progetto vuole introdurre la canna per produrre biofuel e per alimentare centrali termoelettriche e nella Nurra il cardo per produrre materie plastiche e con finalità energetiche. Questi progetti sono governati da un’adeguata conoscenza dei suoli basata sul confronto tra le qualità e le esigenze della coltura che si intende introdurre? Sarà interessante vedere se cardo o canna risulteranno le colture più convenienti sotto il profilo della produttività ed economico. Pare di no. Si attuano in terreni definiti “marginali”? Ma non lo sono. Sono interessati infatti suoli delle classi più alte nella capacità d’uso. Alcune sperimentazioni effettuate inoltre – si tratta del cardo- mettono in luce la diffusione di parassiti. L’uso dell’acqua, “minimale, se non di soccorso”, è un elemento fondamentale per queste produzioni idroesigenti mentre l’uso dei reflui non può essere sostitutivo dell’utilizzo delle acque primarie invasate, già insufficienti per gli usi agricoli in Sardegna. Se da una parte l’introduzione di specie invasive sopprime la biodiversità dall’altra le “agroenergie” hanno occupato in forme disordinate consistenti superfici agrarie in Sardegna. Il vantaggio deriva dal pagamento incentivato del Kwh (pagato dai consumatori) che ha spiazzato la convenienza all’utilizzo della terra per uso alimentare e ha concentrato l’interesse di gruppi industriali sulle tecnologie per la loro produzione. Il dibattito sulla eticità della sottrazione dei suoli sardi alla destinazione agricola sottovaluta il fatto che gli imprenditori agricoli scelgono gli ordinamenti colturali e le destinazioni delle relative produzioni sulla convenienza economica. Pertanto la domanda è se sia corretto che si creino rendite energetiche con provvedimenti normativi a scapito dell’uso primario della terra che è quello di produrre alimenti per uomini e animali? La Sardegna – la cui dominante è agropastorale – vive dopo le cattedrali del deserto della petrolchimica, un’altra stagione in cui le stesse sono diffuse ovunque derivate da fonti cosiddette rinnovabili, in contrasto con la destinazione primaria dei suoli agricoli. E’ il caso del termodinamico solare a terra travestito da serre. Le serre solari svolgono attualmente una funzione agricola in Sardegna? No. A quando una moratoria nella concessione di simili autorizzazioni, in attesa di un Piano Energetico Regionale, di un Piano Industriale Regionale, del completamento del PPR? A quando adeguati e credibili studi sull’impatto che tali iniziative avranno sui suoli e sul paesaggio della Sardegna? Il 10 febbraio Fai e WWF Italia, come il Ministro dell’Ambiente ben sa, hanno presentato emendamenti, osservazioni, proposte di modifica al nuovo Testo base sul “contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato” elaborato dai relatori delle Commissioni Ambiente e Agricoltura della Camera dei Deputati, con lo scopo di evitare di introdurre meccanismi che depotenzino gli obiettivi del Disegno di legge per dare piena attuazione ai dettami della Costituzione, dall’art. 1, “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” e dall’art. 9, “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio storico e artistico della nazione”, in linea con gli indirizzi dall’Europa ed in particolare:
Maggiore incisività delle disposizioni transitorie per arginare concretamente l’attuale emorragia del consumo di suoli fertili e ricchi di biodiversità
La Presidenza del Fai Sardegna, in coerenza con le linee nazionali prosegue una pubblica riflessione sulla necessità di estendere il PPR del 2006 a tutti i territori, migliorando quello straordinario strumento e tenendo conto dei PPR della Puglia e della Toscana, approvati non senza conflitti all’interno della maggioranza al governo di quelle regioni, e della Legge sul suolo approvata in Toscana e che pone all’attenzione dei Sardi, al di là della specialità autonomistica rivendicata ogni due per tre, il non essere conseguenti nel Consiglio regionale dove passano emendamenti davvero nefasti per il territorio (vedi infra). Ripetutamente il FAI Sardegna è intervenuto su: -Consumo di suoli per installazioni di impianti di solare termodinanico a terra, per serre fotovoltaiche che non hanno prodotto neanche un ciuffo di prezzemolo e più in generale sulle diverse fonti di produzione energetiche cosiddette rinnovabili; -Piani casa che pur anticostituzionali hanno leso una Legge costituzionale quale è il PPR del 2006, sempre più svuotato con concessioni ed autorizzazioni nelle aree turistiche ed in quelle agricole; -Soppressione della Conservatoria delle coste nata da un forte impulso del Fai. La soppressione indica la derubricazione della salvaguardia delle coste; -Riduzione e degrado della copertura vegetale per incendi, progressivo dissesto idrogeologico, degradazione per compattazione e sovrapascolamento, per le erosioni derivate da alluvioni che nei contesti urbanizzati derivano in gran parte da un perpetuato disconoscimento delle caratteristiche geopedologiche; -Modifica dell’uso dei suoli ad alta capacità d’uso ed irrigui per l’impianto di essenze vegetali per produzione di oli per attività industriali e biofuel; -Contaminazione dei suoli e delle acque nelle aree industriali e minerarie da cui l’urgenza delle bonifiche; -Contaminazione delle acque dei serbatoi artificiali per eutrofizzazione; -Salinizzazione delle falde acquifere e dei suoli; -Desertificazione [Come definita dalla United Nations Convention to Combat Desertification (UNCCD) come “degrado irreversibile delle terre nelle aree aride, semi-aride e sub-umide secche, attribuibile a varie cause, fra le quali variazioni climatiche ed attività umane” (http://www.unccd.int)] Il Fai Sardegna non è solo nel tematizzare le problematiche e nel proporre soluzioni. La diffusa pedagogia sociale del nostro sodalizio e di altre organizzazioni ha modificato il punto di vista sull’ambiente e sul territorio. Oggi c’è una diversa consapevolezza che chiede ai decisori di cambiare paradigma. Forze sociali, sindacali e datoriali, invocano infatti in Sardegna politiche ed investimenti relativi al riuso dell’esistente, alle bonifiche, alla messa in sicurezza del territorio. Mentre accade questo e mentre sorgono comitati – è sufficiente che il signor ministro verifichi la rassegna stampa – a partire da quelli contro le trivellazioni per la ricerca di idrocarburi, contro le c.d. energie rinnovabili a cui lo Stato consente atti contrari alla Costituzione ovvero l’esproprio per “pubblica utilità” di fiorenti aziende agricole per la messa in opera di impianti di energie alternative settore in cui in Sardegna è sbarcata la malavita organizzata come ha detto il Procuratore capo di Cagliari in un Convegno organizzato dal Fai Sardegna a Milis. Mentre i due quotidiani locali hanno sposato – ci sarebbe apparso fino a qualche anno fa incredibile – le cause di chi vuole difendere la salubrità dell’aria e dei suoli e la salute dei cittadini, nel Consiglio regionale della Sardegna è passata la Legge “Norme per il miglioramento del patrimonio edilizio e per la semplificazione e il riordino di disposizioni in materia urbanistica ed edilizia” con l’approvazione di emendamenti con voto segreto e con voto palese contro i valori ambientale e paesaggistico dell’isola e quindi contro l’interesse generale. Si assiste alla ripresa del partito del mattone e del cemento. Persino l’attuale Presidente della Regione ha minacciato le dimissioni. Ed il partito del mattone e del consumo dei suoli è il nuovo erede di quello che promosse la Legge delle Chiudende quasi due secoli or sono. In Consiglio regionale sono passati emendamenti che consentono agli incostituzionali Piano caso della XIV Legislatura di diventare strutturali e di continuare a brutalizzare il territorio in forme e percentuali insostenibili. Non era il mandato degli elettori a questa maggioranza. Ci interroghiamo quale idea di Sardegna e di sviluppo abita i decisori? I Sardi hanno preso coscienza da tempo dei pericoli di un arretramento culturale, e contrastano gli interessi di pochi che aggrediscono il Piano Paesaggistico Regionale e ne impediscono l’ampliamento e l’attuazione. Il PPR già fortemente indebolito dalle norme sull’edilizia della Legislatura precedente che voleva campi con hotel, clubhouse, villette, residenze per più di tre milioni di metri cubi; le norme per contenere le zone umide tanto da averle rivotate l’altra sera e su cui sollevo davanti al Ministro dell’Ambiente l’incostituzionalità alla luce della Sentenza n. 308 del 2013 della Corte Costituzionale; la legge sugli usi civici, un vero vulnus. Signor Ministro i Sardi protestano ogni volta che vedono un ministro della Repubblica ma spesso non trovano la forza di occupare il Consiglio regionale per richiamare i propri rappresentanti che uccidono la Sardegna con falsi miraggi piuttosto che visualizzare le opportunità offerte dalla tutela del paesaggio e riflettere sul legame stretto che l’approccio paesaggistico mantiene proprio tra: Tutela del paesaggio, Tutela dell’agricoltura, Tutela della salute, Tutela del cibo come vuole la Costituzione ed il Codice dei Beni Culturali. La Sardegna non vuole più svendere il suo territorio e chiede ai decisori di risanare la parte compromessa che deve essere il volano dello sviluppo e del benessere anziché referente di morte come da più parti si dice per i poli peltrochimici. Ma pare proprio che i decisori siano lenti nell’operare in tal senso. Da qualche tempo una discussione è tematizzata da giovani storici sulla formazione e sul ruolo delle classi dirigenti del secondo dopoguerra che anziché procedere secondo quanto proveniva dalle indagini e dalle sperimentazioni del Gruppo olivettiano di Progetto Sardegna degli anni 50 scelse la chimica di base ovvero lo sviluppo del sottosviluppo perché non seppero riconoscere valore al proprio territorio ed ambiente. Oggi la Sardegna in alcune porzioni del territorio ha il triste primato di essere una delle regioni più inquinate d’Europa. Il FAI Sardegna ha sollecitato la RAS sulla necessità di contenere la sottrazione, a tratti spregiudicata, della terra con l’alibi dello sviluppo e dell’occupazione, foglia di fico che ha distrutto paesaggi, divorato preziosi suoli agricoli, disseminato i territori di ulteriori servitù. Impressiona notare che non è cresciuta l’occupazione. Quella qualificata emigra laddove l’ambiente e la sua manutenzione era ed è la vera fonte di lavoro! Dopo l’eolico, il fotovoltaico, il termodinamico solare a terra, il progetto Sulcis con la piantumazione di canne infestanti per la produzione energetica, o la coltivazione del cardo, nel nord ovest dell’isola, sono l’ultimo spot insieme al mini eolico autorizzato senza VIA nonostante la Sentenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 188/2013 del 03.7.2013) e la contrarietà dell’opinione pubblica per togliere ricchezza e qualità al territorio della Sardegna. L’isola è uno dei più grandi Musei a cielo aperto che non siamo stati ancora in grado di riconoscere in cui l’intreccio tra natura e cultura è l’elemento denominante. 62 Musei, 74 Siti e aree archeologiche aperti tutto l’anno. Statue, Argenti, Altari, Manufatti archeologici,Monumenti ed opere d’arte dal Paleolitico all’età contemporanea. Lo Stato si è deresponsabilizzato rispetto a questo mentre l’investimento della Regione negli anni è stato massiccio. Fondi Cipe utilizzati per il restauro insieme a Fondi POR e del Bilancio ordinario. Diecimila reperti di pregio parte integrante del progetto Corpus dell’arte sarda finanziato in concomitanza del conferimento dell’onorificenza Sardus Pater a Giovanni Lilliu nel 2007. Nuovi Musei in via di realizzazione, 26 “Porte del Territorio”; 120 Unità Introduttive e Punti di Informazione Multimediale nei Musei e Luoghi della Cultura. Documentari, Percorsi virtuali, Realtà tridimensionali in tutti i Musei ed Aree archeologiche. 42 Immobili Storici restaurati e destinati a sede di Archivi e Biblioteche di Enti Locali. 207 Biblioteche sarde nel Sistema Regionale SBN, 329 Biblioteche, 20 Sistemi Bibliotecari, 21 Archivi Storici aperti al pubblico. Si potrebbe continuare elencando singoli tematismi o scegliere più opportunamente quella via individuata nel PPR del 2006 che identifica tutto il paesaggio sardo nella sua unitarietà il fondamento dell’identità della comunità regionale della Sardegna e del suo sviluppo sostenibile. Ci dobbiamo interrogare se davvero c’è consapevolezza che il paesaggio sia questo per una parte dei Sardi e dei loro decisori? Siamo certi che la politica ne abbia coscienza? Mentre il Consiglio regionale approvava i diversi Piani casa che riaprivano le porte alla speculazione insieme alla privatizzazione del vento, del sole, della terra, delle biodiversità, la gente guidata dall’arcivescovo di Cagliari sostava sotto il Consiglio contro lo stoccaggio delle scorie nucleari. D’altra parte come sta accadendo oggi all’ingresso di questo edificio. Eppure la Sardegna può decidere almeno dal D.P.R. 22/05/1975 n. 480, e ancora di più dal Codice dei Beni Culturali del suo territorio. L’isola ha territorio e coste, tra i più belli del mondo. Bellezza che in alcuni suoi siti oltrepassa la crisi perché intercetta ceti privilegiati che non ne risentono. L’edificato è inferiore ad altri luoghi d’Italia. Vi sono eccezioni negative, e non sono poche. Ma se pratichiamo il riconoscimento dei luoghi è possibile che li possiamo conservare per le future generazioni. Abbiamo infatti il 96,7% di territorio intatto, di cui il 32,5% di aree naturali, boschi e foreste ed il 64,1 % di aree agricolo zootecniche. Le aree urbanizzate sono pari al 3,3%, ma questa percentuale triplica paurosamente se rapportata al territorio costiero: 9,1%, che è l’area ormai più sensibile, più pregiata e più a rischio. Consumare territorio, cementificare le coste, non è la soluzione alla crisi economica. Ci fa vivere peggio visto soprattutto che non è cresciuta la nostra popolazione. Se in Sardegna c’ è un ammontare complessivo di abitazioni di 802.149, nei Comuni costieri sono il 57,31% ovvero 459.762, quelle vuote sono 208.458 di cui il 73,43% ovvero 153.065 nei comuni costieri. Il paesaggio, definito dalla Convenzione Europea del Paesaggio (Firenze 2000) come “una determinata parte del territorio, così come percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dallo loro interrelazioni”, è la risorsa primaria della Sardegna che più di altre regioni d’Italia, è complesso e vario da quello costiero a quello agro-pastorale, da quello urbano a quello fortemente connotato dalle archeologie fino alle archeologie industriali ed ai centri di fondazione (sabauda e fascista). Tanta complessità è stata nei fatti ignorata dal turismo che sarebbe potuto essere il settore ad alta potenzialità occupativa e di sviluppo. Le qualità ambientale denominatore dell’intera isola possono fare uscire dalla ristrettezza delle solo zone costiere e dei mesi estivi un comparto che in Sardegna non può che essere sostenibile. Oggi i posti letto negli hotel sono il 90% sulle coste dove si concentra l’80% delle presenze turistiche. Se il 65% del nostro fabbisogno alimentare è importato appare residuale il prodotto agro-alimentare regionale usato nel settore turistico e la recente approvazione della Legge sugli agriturismi certamente non favorisce lo sviluppo dell’agricoltura sarda al di là delle affermazioni di principio. I dati della disoccupazione vanno aumentando nonostante la crescita di diplomati e di laureati più che nel resto dell’Italia fino a fare oscillare la disoccupazione giovanile oltre il 40%. Appare pertanto difficile immaginare l’edilizia come uno dei principali motori per risollevare l’economia. La passata industria del mattone è stata anche in Sardegna una bolla immobiliare. Ci sarebbe più lavoro se si decidesse di mettere in sicurezza il territorio, di recuperare edifici abbandonati, di abbattere gli orrori delle periferie, per una nuova edilizia di qualità. Riqualificare l’esistente consentirebbe un effettivo salto di qualità in Sardegna. Oggi c’è questo progetto per il futuro della Sardegna? C’è qualcuno che sta lo studiando? Quali le politiche per i beni culturali, per il paesaggio, per l’ambiente? Interroghiamoci se davvero questo è l’orizzonte delle nostre amministrazioni. Come possiamo aiutarle per averlo. Il percorso non è infatti costruire altre seconde case, ma proteggere il non costruito, le coste, i centri storici, le valenze geologiche, la montagna, nella convinzione che l’economia nasca innanzitutto da un rafforzamento del nostro livello di istruzione, di conoscenza, di sapere. Un progetto ecosostenibile ambientale e culturale che possa creare nuovi e migliori posti di lavoro capace di migliorare la qualità della vita oggi e domani. Pertanto il passo è preservare il territorio agricolo. Già solo richiamando la Legge 17 agosto 1942, n. 1150) in materia di Urbanistica, in cui l’art. 1 dice: “ll ministro dei lavori pubblici vigila sull’attività urbanistica anche allo scopo di assicurare, nel rinnovamento ed ampliamento edilizio delle città, il rispetto dei caratteri tradizionali, di favorire il disurbanamento e di frenare la tendenza all’urbanesimo”, dovremo considerare invalicabile il tetto del 73,43% di case vuote realizzate nei territori costieri. Un obiettivo molto ambizioso e di vasta portata per quanto concerne il livello urbanistico e territoriale: entro il 2020, le politiche comunitarie dovranno tenere conto degli impatti diretti e indiretti sull’uso del territorio, a scala europea e globale, e il consumo di suolo dovrà raggiungere l’obiettivo di consumo netto di suolo zero nel 2050. Una formula che non significa che non si potranno più occupare territori e spazi liberi, ma lo si potrà fare a saldo zero, cioè liberando e disigillando una superficie equivalente di terreno da restituire all’utilizzo agricolo o semi-naturale. L’obiettivo è valorizzare i terreni agricoli e promuovere e tutelare l’attività agricola, il paesaggio e l’ambiente, al fine di impedire che il suolo, bene comune e risorsa non rinnovabile, venga sottratto alla sua utilizzazione agricola e stravolto nelle sue connotazioni naturalistiche attraverso l’eccessivo consumo. La qualità della terra, dell’agricoltura, del cibo sono la precondizione per vivere più a lungo, per uscire dalla crisi: dalle statistiche emerge che la Sardegna è fanalino di coda per qualità della vita, benessere. Il 75% delle regioni d’Europa è più competitiva della Sardegna. Il reddito della Sardegna è al 32° posto delle regioni europee e ammonta a circa 18.000 euro, pari all’81% della media UE a 27 membri. La soglia di povertà, interessa il 21,4% delle famiglie sarde, circa 350.000 persone. Ma c’è una Sardegna della crisi e c’è una Sardegna della speranza (e delle contraddizioni). Accanto al quadro economico–sociale negativo ci sono le potenzialità del turismo attuale e di quello possibile se si riuscisse a superare i gap della valorizzazione dei nostri prodotti alimentari e della continuità territoriale. C’è un’apparente contraddizione tra reddito e qualità della vita. Il grado di percezione del “benessere soggettivo” e di “soddisfazione” da parte dei sardi sembrerebbe confermare quello che finora sembrava solo un mito. L’80% di sardi rappresentativi di zone, di livelli sociali, classi di età diverse si dichiara felice. C’è un immaginario dei sardi e c’è un mito della Sardegna “isola felice”. Questo fattore è di notevole importanza per la promozione futura della Sardegna. La longevità dei sardi, è l’espressione tangibile della filosofia della “soddisfazione” sulla qualità della vita. In Sardegna ci sono più ultracentenari che in altre parti del mondo: a maggio 2010 erano circa 350, in media circa 22 ogni centomila abitanti, contro una media generale tra gli 8 e i 10. Tale caratteristica ha spinto gli scienziati a studiare la popolazione sarda, nel tentativo di svelarne i segreti della longevità. La Sardegna vanta alcuni primati, tra cui l’uomo più vecchio del mondo, attestato dal Guinness dei Primati 2001 e l’uomo più vecchio d’Europa, e al terzo posto in tutto il mondo, nel 2003. Si vive più a lungo perché c’ è cibo di maggiore qualità? Perché allora dobbiamo rischiare di perdere il valore e la qualità di ci che mangiamo? Se la Sardegna vorrà davvero salvaguardare le proprie tradizioni, il paesaggio rurale e l’ identità alimentare, da cui derivano il benessere e la longevità della sua popolazione, dovrà impegnarsi per salvare dall’estinzione l’agricoltura e l’allevamento dell’Isola a vantaggio di urbanizzazioni inutili. Si attende il varo del Progetto dio Sviluppo Rurale che tenga conto che la politica agricola comunitaria, propone di riservare il 30% degli aiuti diretti agli agricoltori vincolandoli a migliorare il clima e l’ambiente, difendere il suolo, tutelare il paesaggio, diversificare il colturale sui propri terreni, mantenere la biodiversità. Un vantaggio a favore dei produttori agricoli, che vanno posti nella condizione di disporre di strumenti di produzione necessari. Una proposta pu aiutare per preservare il suolo: l’Agenzia Regionale del suolo per la Sardegna, in forma di Ente di diritto pubblico, dotato o meno di personalità giuridica, [Ente strumentale della Regione o specifica Direzione Generale incardinata nell’Amministrazione Regionale] con carattere dipartimentale (vedi Agenzia del Distretto Idrografico). Parte della rete nazionale di monitoraggio del suolo elaborata dal Centro Tematico Nazionale Territorio e Suolo (ISPRA: Sistema informativo nazionale Ambiente) che prevede l’acquisizione di livelli di conoscenza ambientale del suolo: – le informazioni di base sui suoli contenute nelle carte dei suoli;
Gli obiettivi generali sono: Realizzare uno strumento coerente, omogeneo ed efficace ai fini pianificatori e programmatori regionali di scala adeguata, conforme alle specifiche tecniche nazionali ed internazionali in materia pedologica, basato sul paradigma suolo-paesaggio. Gli obiettivi specifici sono: Completamento della Carta delle Unità di Terre per le aree costiere e definizione dei paesaggi su base morfologicopedologica e del land-use; Avvio della realizzazione della Carta delle Unità di Terre per le zone interne e definizione dei paesaggi agro-pastorali e forestali sempre su base morfologico-pedologica e del landuse; Valutazione dei cambiamenti delle caratteristiche e proprietà dei suoli come conseguenza di modifiche della loro destinazione d’uso e della presenza di forme di degrado ed inquinamento; Supporto ai processi decisionali mediante strumenti di previsione e modellizzazione. *L’intervento utilizza dati delle Relazioni tenute dai proff. Angelo Aru, Giuseppe Pulina, Sergio Vacca, Chiara Rosnati, Paola Cannas, Fausto Pani, scienziati e professionisti che si sono messi pro bono a disposizione del Fai Sasrdegna, nei tanti Convegni organizzati dal Fai Sardegna negli anni 2013/2014/2015 |
Mi aspetterei che gli attuali decisori regionali dei settori ambiente, agricoltura, pianificazione territoriale ed urbanistica ne tenessero già conto nel reimpostare le loro politiche in questo scorcio di legislatura. Altrimenti è già un bel programma per la prossima per la prossima legislatura!