Per non dimenticare [di Franco Masala]
Gerusalemme. Yad Vashem 1987. Il tremolio delle fiammelle avvolge completamente il piccolo spazio dove una voce fuori campo elenca nomi e cognomi dei bambini vittime dell’Olocausto, con l’età e il Paese d’origine. Grande la commozione nel gioco di luci che si moltiplicano grazie agli specchi dando l’impressione di un cielo trapunto di stelle. L’architetto Moshe Safdie immerge il visitatore in un’atmosfera densa di emozioni che suscita stati d’animo differenti. All’uscita uno sguardo silenzioso con un’anziana signora, dimessamente vestita, che si solleva la manica del cappotto mostrando un numero tatuato sull’avambraccio. Nessuna parola ma uno spontaneo abbraccio di solidarietà. Berlino. Museo ebraico 2005. Migliaia e migliaia di facce in acciaio, in preda al terrore, sono disseminate sul pavimento dello Spazio Vuoto della Memoria dove il visitatore può camminare ascoltando il rumore dei propri passi, amplificato dalle ferraglie in un silenzio totale. Il frastuono diventa subito insopportabile, spingendo alla rapida uscita dal vano museale. L’artista israeliano Menashe Kadishman ha voluto sintetizzare così la memoria delle vittime dell’Olocausto non disgiunte da quelle di tutte le guerre e, più in generale, della violenza. Una passeggiata silenziosa nel centro della città, tra i sacelli del Memoriale per gli ebrei assassinati d’Europa, smorza la tensione sullo sfondo irreale dei rumori della città che, pur attutiti, riportano alla vita. L’architetto Peter Eisenman ricorda in modo sobrio l’Olocausto, utilizzando quella che un tempo era la terra di nessuno tra i due lati del Muro. Per non dimenticare. *Foto di Yossi Ben-David ©
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