L’eterno ritorno della premiata ditta Chimica & Affini [di Nicolò Migheli]
Alla fine forse non se ne farà niente. La soluzione della vertenza Eurallumina ha tutto il sapore di una promessa elettorale. La Rusal ha chiesto un mese per integrare la documentazione. Si vedrà. Certo che la vicenda Eurallumina, dopo una chiusura di otto anni diventa l’epifenomeno di che cosa è diventata oggi la Sardegna. Da una parte le giuste rivendicazioni dei dipendenti che lottano per difendere il posto di lavoro, dall’altra una politica incapace di strategie di sviluppo che non siano la conferma dell’esistente. Le dichiarazioni del senatore. Luciano Uras riportate dall’Unione Sarda: “Siamo vicini ai lavoratori Eurallumina, che hanno il diritto al lavoro in sicurezza ed a una prospettiva di sviluppo sostenibile ed armonico”, sono un compendio di arrampicamento sugli specchi. Il sofista e profeta del I secolo d.c. Apollonio di Tiana, ci suggerisce la chiave interpretativa: “Non vi stupite di questo, che io comprenda quello che dicono gli uomini, imperciocché io so perfino quello che essi non dicono” Ed è in quella prospettiva di sviluppo sostenibile ed armonico la contradictio che nol consente, quello che gli uomini non dicono ma nascondono con artifizi verbali. Come una fabbrica di alluminio, responsabile di inquinamento vasto, di produzione di fanghi rossi sia sostenibile ed armonica ce lo dovrebbe dimostrare il senatore Uras. Secondo i piani industriali tale discarica dovrebbe essere allargata, dovrebbe esserci la costruzione di una nuova centrale a carbone e lo smaltimento delle ceneri in quei siti. Nelle scienze economiche e sociali la sostenibilità si ha quando la soddisfazione della generazione presente non compromette i diritti di quella futura. A Portoscuso e in tutto il Sulcis siamo già ben oltre la soddisfazione della generazione presente, almeno che per questa non si intendano solo il lavoro e gli stipendi. Cosa importante per carità, ma i costi sono commisurati? Tempo addietro il sindaco di quella località a seguito di un rapporto circostanziato della ASL ha dovuto emanare una ordinanza per raccomandare alla popolazione il non uso di prodotti agricoli coltivati in quel territorio in quanto pericolosi per la salute umana; i molluschi e pesci sono contaminati da metalli pesanti. Però l’assessora regionale all’ambiente non ha nulla da dire, anzi esprime soddisfazione per la ripresa di Eurallumina. Altri dati che sarebbe utile conoscere: quanti abitanti di quell’area sono stati colpiti da tumore? Quale è l’aspettativa di vita degli operai e dei pensionati di quegli stabilimenti? Quale quella dei loro familiari? Tutte informazioni che potrebbero confermare o smentire drammaticamente la sostenibilità di imprese simili. Un posto di lavoro val bene il cancro? L’avvelenamento dei luoghi, i probabili effetti sul Dna dei bambini sono compatibili con i diritti delle future generazioni? Le osservazioni del Mibact, che per alcuni politici sarebbero solo consultive (sic!), sottolineano la contrarietà alla ripartenza della fabbrica perché in contrasto con il PPR Sardegna, con lo strumento principe che la Regione si è data per il governo del territorio e per il suo futuro che doveva essere appunto sostenibile. Preventivamente i senatori sardi del PD però si erano premuniti chiedendo al ministro Franceschini che i suoi uffici non ostacolassero con deliberazioni critiche la ripresa produttiva della fabbrica. Tutti atti che denotano una totale mancanza di idee e di una strategia per la Sardegna. L’eterno ritorno della chimica e delle fabbriche inquinanti come paradigma dell’azione politica. Una classe dirigente che si nega nel suo essere politica, ridotta a gestire i cascami di iniziative industriali sbagliate che hanno avvelenato l’isola oggi e chissà per quanti decenni. Non bastano più le narrazioni su di un nuovo modello di sviluppo, su agricoltura, artigianato, turismo, conoscenza, tecnologia. No, è questo presente che incatena tutta la Sardegna alla ripetizione coatta di scelte che si rivelano essere, ancora una volta il tubo di scappamento dell’Italia e delle multinazionali che intascano i profitti, e qui lasciano quattro stipendi e veleni in abbondanza. Dispiace dirlo ma è così. Un rapporto perverso tra interessi locali e quelli globali, dove la politica con le propaggini sindacali altro non sono che la riedizione dei rapporti ineguali che caratterizzano la Sardegna dal Settecento in poi. Si preferisce l’accordo con lo sfruttatore di turno, oggi Rusal, che sviluppare una idea di sé e della propria modernità. Borghesia compradora, ieri ed oggi, classi dirigenti e politiche che lucrano sul disagio, che su quello costruiscono carriere personali, insensibili ad ogni avvertimento, prone sull’interesse immediato, incapaci di un futuro che non sia per i propri circoli familistici e clientelari. Questo è, piaccia o no. |
Già, questo è, piaccia o meno!
Purtroppo la nostra è una classe politica abituata a ragionare basandosi su schemi desueti e paradigmi già tracciati e che hanno dimostrato ad abbundantiam quanto poco fossero confacenti alle esigenze della comunità e del territorio. Oggi noi abbiamo poli industriali desertificati ed un ambiente compromesso. In pratica, della politica industriale, quella disegnata nei decenni 60-70, è rimasto solo il danno.
Il lavoro è sempre più provvisorio, anche il più stabile e definitivo. Con l’evoluzione forsennata e, per certi versi, fuori controllo della tecnologia, lo sarà sempre più. La classe dirigente del Paese e della Regione non riesce a stare adeguatamente appresso al rutilante moto autogenerativo del progresso tecnologico, che impone nuove visioni e nuovi modelli di sviluppo, ed, insensibile ad ogni istanza proveniente dall’esterno, si adagia sul già noto, mostrando di essere preda di schemi mentali che ricalcano paradigmi industriali vecchi di decenni.