Ritorno alla terra? Quando si aiuterà agricoltori e allevatori ad essere autonomi [di Fulvio Tocco]
Rapporto Svimez 2016: +1% per il Pil 2015 del Mezzogiorno, trascinato dalla crescita del valore aggiunto agricolo (+7,3%). Il Rapporto Svimez 2106 può essere d’ aiuto ad indirizzare la politica economica della Sardegna verso la riconsiderazione dell’agricoltura. Di questo deve essere la convinta la Politica; devono essere convinti i sindacati, le organizzazione degli agricoltori e l’opinione pubblica. L’ opinione generale sarà da stimolo per orientare la Giunta regionale a programmare lo sviluppo sostenendo il settore primario con risorse fresche e di pronto utilizzo! Di questo devono essere convinti soprattutto i sindaci che toccano con mano le condizioni sociali ed economiche dei loro cittadini. Cito i sindaci perché il sistema regione, così come è stato costruito negli anni, non può essere da stimolo alla crescita della ricchezza. I dati dell’inarrestabile impoverimento dicono che l’amministrazione regionale, troppo impegnata ad amministrare se stessa, non sarà decisiva per migliorare le condizioni di vita di chi ha perso il lavoro o di chi non l’ha mai avuto. Però può essere essenziale nell’indirizzo e nel controllo della spesa. I progetti straordinari finalizzati alla crescita dovranno essere di facile implementazione a burocrazia (quasi) zero per gli utenti. La pubblica amministrazione deve avere le idee chiare sul risultato che intende raggiungere. Il coinvolgimento delle amministrazioni comunali può semplificare i tempi di messa a punto e di realizzazione dei progetti di coltivazione delle campagne. Su questo tema è eloquente l’articolo di Mimmo Pelagalli su Agri Notizie: “L’agricoltura porta il Sud fuori dalla recessione”. Infatti il Rapporto Svimez 2016 parla chiaro: +1% per il Pil 2015 del Mezzogiorno, trainato dalla crescita del valore aggiunto agricolo (+7,3%). Il dato è da tenere in considerazione anche in Sardegna perché ha prodotto la crescita occupazionale nelle campagne del +5,5%). Per la Sardegna un +5,5% darebbe quel sollievo che manca alle aree rurali e soprattutto ai giovani esclusi dai processi produttivi. Per conseguire l’obiettivo bisogna affiancare alla programmazione esistente, complicata da attuare, (i continui rinvii del PSR lo dimostrano), risorse finanziare fresche ripetibili per almeno un quinquennio, interessando nella crescita anche le industrie agro alimentari. La Plv isolana, inizialmente, crescerà dall’incontro delle esigenze degli agricoltori, degli allevatori, dell’industria e della bilancia commerciale sarda indebolita dalle massicce importazioni per alimentare il patrimonio zootecnico. Questi giorni si è parlato dei 15 milioni necessari per la realizzazione delle piste ciclabili. Io non ho elementi per dire se sia un investimento giusto oppure no. Ma posso dire che quell’ammontare permetterebbe di coltivare 60. 000 ettari di leguminose in tre anni. Con uno stanziamento di 25 milioni di euro, si potrebbe programmare la coltivazione di 20 mila ettari l’anno per 5 anni. Si tratterebbe di un investimento a ritorno immediato a carattere produttivo, economico ed ambientale. Gli agricoltori e gli allevatori hanno dimostrato, dati alla mano, che sono interessati più a progetti semplici che a quelli complicati, rinunciando anche a generose risorse finanziarie in nome della semplicità della richiesta e della velocità di chiusura delle pratiche. Quando il finanziamento ed il controllo si conclude seguendo i tempi dei cicli produttivi il beneficio è per l’economia generale. La regolamentazione comunitaria del “de minimis primario” sembra studiata a posta per essere attuata in Sardegna. Usata diligentemente consente di stimolare le attività produttive. Se si vuole incentivare il ritorno alla terra non si possono fare politiche che impediscono a coloro che svolgono questa attività di essere autonomi questo deve essere chiaro! |