“Donne morte senza riposo”. Che fare contro il “muliericidio”? Raccogliere l’invito di Nereide Rudas all’impegno (1) [di Federico Palomba]

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In un precedente numero, a conclusione della recensione del bellissimo libro di Nereide Rudas, Sabrina Perra e Pippo Puggioni dal titolo “Donne morte senza riposo. Un’indagine sul muliericidio” avevo assunto l’impegno di non lasciare cadere l’invito, contenuto al termine del libro, a  “operare insieme affinché ciò che loro hanno sofferto non riaccada”.

Le vittime di muliericidio, dicono gli Autori, “ sono donne senza riposo perché avevano sperato di vivere una vita felice o normale ed invece sono state rese visibili solo per la loro tragica vicenda, bruciate dalla morte prima di avere pienamente vissuto. Di qui il nostro dovere di risarcirle, almeno simbolicamente”.

Ho accolto l’invito perché esso cade nel corso di un mio impegno che dura già da diversi anni, che mi ha portato a studiare approfondimento il fenomeno e la relativa risposta dello Stato a livello tanto sociale quanto legislativo, portandomi alla conclusione di una sua grave insufficienza e della necessità di affrontarlo con maggiore serietà ed in maniera globale ed organica.

Per questo ho redatto una proposta di legge  che ho messo a disposizione dei parlamentari ed al cui contenuto non potrò non fare riferimento nel prosieguo offrendolo alla valutazione – anche critica- del lettore/della lettrice, nella speranza comunque di tenere viva la massima attenzione su un fenomeno di tale drammaticità. Il prezioso libro di Nereide Rudas e Coautori perciò, rafforza il dovere di operare e ne rilancia l’attualità.

L’impegno nasce da due considerazioni. La prima è che lo considero un testo profetico, prendendo a prestito l’idea di profezia propria di Arturo Paoli (un piccolo fratello di Gesù)  nel libro “Un incontro difficile” per cui essa è l’attitudine non a predire il futuro ma ad agire per anticipare la liberazione dell’umanità in ciascun momento storico. Il dovere di profezia, dunque, caratterizza non solo il cristiano ma ogni uomo.

La seconda è che, su un piano più laico, l’impegno scaturisce dall’articolo 4 della Costituzione (poco letto e non sufficientemente apprezzato) il cui secondo comma afferma che “ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

Provare a capire come dare riposo a tante donne morte per muliericidio significa, dunque, cercare di completare l’opera dei ricercatori raccogliendone il testamento spirituale, adempiendo così anche ad un dovere civico. L’appello di Nereide è quanto mai attuale perché ormai le notizie di uccisione di donne per motivi di pregresso legame affettivo si susseguono con una sequenza raccapricciante, quasi come un bollettino di guerra.

Gli ultimi dati provengono da un lancio ANSA del 24 novembre dello scorso anno, diffuso alla vigilia della Giornata internazionale contro la violenza alle donne, secondo il quale nel 2014 sono state 152 le donne uccise nel nostro Paese, il 31,9% delle vittime totali, più di una ogni tre giorni, -43% di casi al Sud e un contestuale aumento dell’8,3% al Nord. Si tratta del dato più alto dal 2005 in poi come si può vedere dalla tabella proveniente da “Casa delle Donne per non subire violenza” (una delle tante associazioni che si occupano del fenomeno, come l’EU.R.E.S).

I dati sono stati tratti dal  3° Rapporto Eures sul Femminicidio in Italia (che inviterei chi vi ha interesse a leggere nella sua versione completa, ove presenta dati ed analisi di grande interesse), per il quale nel 94% dei casi la morte di una donna avviene per “mano di un uomo” e nel 77% di un familiare. Tra i moventi prevalenti la gelosia e il possesso.

Secondo lo studio il rischio di femminicidio è più alto tra le donne straniere. A livello regionale nel 2014 il più alto numero di vittime femminili è stato registrato in Lombardia, con 30 morti (+58% rispetto ai 19 del 2013). Aumento anche in Toscana (dai 13 del 2013 a 16), Veneto, (da 4 a 7), Basilicata (da zero a 3), Liguria (da 4 a 5) e Sicilia (da 18 a 19). Proprio quest’ ultima regione, insieme al Lazio, va a occupare la seconda posizione per numero di vittime censite nel 2014 (19 in entrambe le regioni).

Infine, per quanto per quanto riguarda gli omicidi avvenuti in ambienti familiari, si rileva che 7 vittime su 10 sono state uccise dal partner o da ex partner (69,2%). Ma il più’ alto numero di femminicidi, viene sottolineato, e’ stato compiuto dal coniuge o dal convivente (in tutto 48, pari al 59,3% dei casi). La violenza sulle donne, sempre secondo l’ANSA in altro comunicato, non ha età e colpisce anche le più’ anziane. Al punto che 2,5 milioni di italiane over 65 ogni anno sono vittime di abusi, violenze o truffe.

E i maltrattamenti nei loro confronti, fisici, psicologici o verbali che siano, sono aumentati del 150% in 10 anni. Secondo gli esperti riuniti per il 60/esimo Congresso della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) “manca un quadro preciso del fenomeno”. Ma, secondo dati elaborati dalla Società, “sarebbero 2.800 le anziane vittime di violenze sessuali, 600.000 di truffe finanziarie, 25.000 di violenze in strutture sanitarie“. E questa è la punta di un iceberg, perché ” gli episodi reali sarebbero quattro volte quelli denunciati, ovvero circa 2,5 milioni. Le violenze, infatti, avvengono quasi sempre in silenzio per evitare ‘scandali“.

Altre volte, invece, le anziane tacciono “perché ritengono i maltrattamenti una modalità’ di relazione ‘normale‘”, secondo Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria (AIP). I rischi maggiori si corrono nella propria abitazione. In due terzi dei casi l’aguzzino èì un membro della famiglia, ma non mancano badanti, vicini di casa e operatori sanitari.

La metà dei caregiver“, anche a causa di un eccessivo carico di lavoro in condizioni difficili, “ammette di aver operato un qualche abuso, dall’alzare la voce a forme più’ gravi“. C’è, poi, “lo sfruttamento dei soldi dell’anziana, che viene pressata psicologicamente e talvolta imbrogliata, fino a giungere alla violenza fisica“. Infine non mancano gli omicidi: sono circa 150 le over 65 uccise ogni anno.

L’invecchiamento della popolazione e l’aumento del numero di anni trascorsi in condizione di dipendenza, ma soprattutto la riduzione delle reti familiari, accentuata dalla crisi economica, incrementano il pericolo di essere vittime di abusi“, secondo Flavia Caretta, responsabile del Centro di Ricerca, Promozione e Sviluppo dell’Assistenza Geriatrica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Per rispondere al problema, conclude Ferrara, “serve formare gli operatori sanitari al riconoscimento dell’abuso“, ma anche aiutare le donne a denunciare “istituendo un ‘Telefono Argento“.

Secondo la CISL, sempre da ANSA, “Sono i partner, attuali o ex, a commettere le violenze più gravi, mentre gli sconosciuti sono nella maggior parte dei casi autori di molestie sessuali (76,8%). Ma c’è anche la violenza nei luoghi di lavoro, più sottile, meno visibile, ma comunque presente, come il mobbing e le altre forme di ricatto e sfruttamento registrati in alcuni comparti particolari“.

Per quel sindacato “l’altro problema è quello che riguarda la maggior parte delle vittime: la paura di reagire e denunciare le violenze subite. Voltare pagina non è semplice ma il concorso di tutte le forze sane del Paese, ciascuno nell’ambito di propria competenza, può fare la differenza“.

 

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