Un volume plurale che legge la memoria [di Piero Bevilacqua]

percorso

il manifesto, 28 febbraio 2017. Che la memoria pubblica costituisca terreno per eccellenza del conflitto politico è in Italia cosa forse più nota che in altri paesi. Abbiamo potuto osservare, non moltissimi anni fa, la rinascita di vere e proprie leggende, utilizzate per dare dignità e radici storiche a un movimento politico, la Lega di Umberto Bossi, che nasceva su rivendicazioni materiali molto delimitate e concrete.

Mentre abbiamo assistito- fenomeno che andrebbe ricostruito con organicità storiografica – alla demolizione della memoria della Resistenza e dei suoi valori, fondativi della Costituzione e della Repubblica, al fine di legittimare la nascita di un fronte politico di centro-destra.

Operazione favorita, spesso con aperta strumentalità, da esponenti politici della sinistra, impegnati ad annacquare la memoria della Repubblica Sociale Italiana e a occultarne le responsabilità militari e civili. Sarebbe peraltro interessante indagare come a tale damnatio memoriae che la sinistra tradizionale ha rivolto al suo passato resistenziale, denso di conflitti, abbia corrisposto, sul piano programmatico e culturale, lo spostamento di campo nelle praterie del neoliberismo.

È dunque comprensibile quanto sia preziosa oggi una operazione come quella coordinata da Alessandro Portelli (Calendario civile. Per una memoria laica, popolare e democratica degli italiani, Donzelli, pp. 311, euro 20) che ha impegnato un folta pattuglia di storici autorevoli, giornalisti e altre figure intellettuali per stendere questo nuovo almanacco della vita pubblica italiana. Esso mette insieme le date canoniche della nostra storia contemporanea, non solo l’8 settembre o il 2 giugno , ma anche momenti dell’Italia preunitaria (La proclamazione della Repubblica romana il 9 febbraio 1849) e dell’Italia liberale (XX settembre 1870). Ma soprattutto inserisce, oltre le celebrazioni ufficiali, gli eventi tragici più recenti e discussi.

Nel Calendario fanno data anche il 9 maggio, Giorno della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi di matrice fascista a cura di Benedetta Tobagi, il 23 maggio, Strage di Capaci scritta da Salvatore Lupo; il 21 luglio, Fatti del G8 di Genova – affidata a Luigi Manconi e Federica Graziani. E ancora Vanessa Roghi sul 2 agosto, Strage di Bologna; e Alessandro Triulzi il 3 ottobre, Giornata in memoria delle vittime dell’immigrazione.

«Questo libro – dichiara Portelli – venuto a compimento in un momento di aspra divisione della nostra vita democratica, è un luogo di unità nell’adesione convinta alle regole che ci permettono di vivere insieme, ma è anche un luogo di interrogazioni e differenze».

Dunque un libro plurale, ma certamente non relativistico. Lo sforzo di verità che viene compiuto nei singoli saggi non indebolisce, ma rafforza la memoria democratica e antifascista, del nostro passato. Ogni evento è rivisitato, spesso con rinnovato sforzo documentario da parte di un singolo studioso, accompagnato sempre da una testimonianza coeva e un commento poetico o una canzone. E ce ne sono di molto belle, come la struggente Per Sergio, di Lucilla Galeazzi, dedicato a una vittima della strage di Bologna.

I Testi di questo Calendario sono per lo più degli aggiornatissimi saggi storici, che forniscono momenti di approfondimenti utili anche per lo storico di mestiere. Pensiamo al lavoro di Cesare Birmani sulle origini americane della festa del Primo maggio, ma anche a vicende di casa nostra, per le quali serbiamo una memoria troppo incerta e superficiale rispetto alla drammatica rilevanza dei fatti . È questo il caso del bombardamento di Roma, illustrato da Umberto Gentiloni.

Una città che si credeva «sacra», al riparo dalle bombe, al punto da attrarre, caso unico in Europa fra le grandi città, popolazione dall’Italia centrale e che il 19 luglio del ‘43 subisce «diecimila tonnellate» di bombe, lasciando a terra 1496 vittime, quasi tutte civili. E ci sono saggi che svolgono una dirompente critica storiografica e civile, come quello di Gabriella Gribaudi sul 29 settembre, Quattro giornate di Napoli. Perché su di esse si erano incrostate vulgate che hanno di fatto reso insignificante quell’episodio straordinario di lotta popolare.

L’autrice mostra come soprattutto la retorica di destra abbia finito con il consegnare il merito della rivolta all’opera degli scugnizzi, svuotando così l’episodio di sostanza politica per ricacciare Napoli alla sua dimensione oleografica e plebea. E invece, con ricca documentazione, tratta anche da fonti militari tedesche, Gribuadi mostra come la rivolta sia nata nei quartieri popolari, guidata da operai e da militari, per opporsi ai rastrellamenti selvaggi e alle requisizioni dell’invasore. A questo frammento di Resistenza nel Sud viene dunque restituita la stessa dignità che essa ha nel resto d’Italia.

 

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