“Donne morte senza riposo”. Che cosa fare contro il “muliericidio”. Raccogliere l’invito del libro di Nereide Rudas all’impegno (2) [di Federico Palomba]

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L’informazione se ne occupa per le cerimonie o quando dà notizia delle uccisioni di donne. Ma non pare essersi presa troppo a cuore il problema, la cui soluzione invece si gioverebbe molto di una battente campagna sui media. Ci sono lodevoli eccezioni, come il quotidiano La Stampa che tiene un Osservatorio sul fenomeno. Recentemente, poi, il tema è stato ripreso dal Fatto Quotidiano con un servizio che ha svolto una tesi interessante collegandolo alla questione della violenza sul web. Un primo articolo porta il titolo “ Gruppi chiusi, insulti liberi su Facebook ”donne=cagne””. Sottotitolo:”Dietro i femminicidi una cultura misogina che si sfoga al riparo dai social”.

Il titolo generale è “WEB; è ora di reagire: pubblichiamo i nomi degli odiatori”. Di spalla un trafiletto dal titolo: “M’ha trascinata in terra e presa a pugni e calci. Ma lo perdono”. Si tratta di un tentativo lodevole di tenere vivo il problema dandone una lettura culturale che  lo collega a fenomeni recenti di diffusione senza limiti e senza controllo di ogni tesi, compresa quella del disprezzo verso la donna (episodi recenti e sempre più ricorrenti parlano di disperazione di tante donne, fino al suicidio dopo la gogna mediatica sui social).

Ogni 25 novembre si celebra la giornata mondiale contro la violenza sulle donne e domestica. Eppure i venti di violenza spirano sempre forti. Malgrado il chiaro orientamento internazionale, il 27 gennaio di quest’anno la Camera bassa del Parlamento russo, la Duma, in terza e ultima lettura, ha approvato un progetto di legge per depenalizzare i “maltrattamenti in famiglia” declassandoli a illecito amministrativo. 380 deputati russi si sono espressi a favore della proposta di legge e solo tre hanno votato contro.

Il disegno di legge deve ora essere presentato al Senato e quindi al presidente Vladimir Putin. Nello specifico esso prevede che le violenze costituiscano reato solo se chi le ha commesse sia già stato condannato per lo stesso motivo; in caso contrario potranno essere punite con una multa. Il disegno di legge è stato avanzato dopo che una sentenza della Corte suprema ha depenalizzato le percosse che non infliggono danni fisici.

Secondo il presidente della Duma, Viaceslav Volodin, la depenalizzazione dei maltrattamenti in famiglia è una “condizione per creare famiglie forti“. Stando a un sondaggio dell’istituto Vtsiom (ma è controllato dallo Stato) il 59% dei russi sarebbe a favore del disegno di legge, mentre il 33% sarebbe contrario. Sembra incredibile che di questi tempi si vada nel senso opposto alla giornata mondiale, considerato che la violenza in famiglia è spesso il prodromo del muliericidio.

Ed in Turchia la sopraffazione del maschio sulle donne, anche bambine, che costituisce l’humus anche del muliericidio, ha trovato recentemente legittimità giuridica. Prima, il sesso con i bambini sotto i 15 anni di età in Turchia era punibile dalla legge. Ma la normativa in vigore è stata oggetto di revisione da parte della Corte costituzionale turca nel mese di luglio 2016. Il motivo: i bambini tra i 12 e i 15 anni, secondo la Corte, potrebbero capire sufficientemente il significato di un atto sessuale e quindi prestare il loro consenso. A seguito di questa decisione le organizzazioni per i diritti dei bambini hanno lanciato l’allarme: gli abusi sessuali su minori potrebbero, di fatto, diventare impuniti in Turchia.

Tutto nasce da una decisione nel mese di luglio della Corte Costituzionale turca che si era vista adire da una Corte distrettuale: un giudice aveva sollevato la questione che non c’era nessuna differenza nella legge turca tra diversi gruppi di età per far sesso con i bambini. Ad esempio, una vittima di 14 anni veniva trattata come un bambino piccolo. Il Tribunale ha ritenuto che i bambini potrebbero capire il significato del sesso e quindi essere d’accordo, ma tra i 12 e 15 anni. La legge precedente escludeva la possibilità di richiamare un eventuale consenso al sesso. La Corte costituzionale ha appena approvato la richiesta con sette voti e sei contrari e ha riformato la legge precedentemente vigente.

La protezione dei bambini, in vigore con la legge precedente, sarà esclusa a partire dal gennaio 2017. A seguito del provvedimento in questione le associazioni a tutela dei più piccoli sono tutte dello stesso parere: “i bambini sono resi più vulnerabili”. L’indignazione è grande, perché l’abuso sessuale sui bambini sarà punito legalmente come un normale abuso su un adulto.

I responsabili di atti sessuali così potranno invocare il consenso del minore. E così tutte le Organizzazioni di tutela dei bambini e le associazioni femminili sono sul piede di guerra contro il cambiamento della legge. Nazan Mak, il coordinatore delle associazioni femminili di Istanbul, ha detto al quotidiano “Hurriyet Daily News” “che renderà i bambini più vulnerabili contro gli abusi sessuali e lo stupro. Ci saranno molte ragazzine che verranno sposate giovani senza volerlo“.

Anche una delle responsabili  delle associazione di organizzazioni di donne turche, temendo che l’emendamento alla legge porterà a più matrimoni forzati e abusi, afferma: “si faciliterà il rapimento dei bambini, lo stupro e i giovani saranno spinti a sposarsi”. Le organizzazioni cercano con tutti i mezzi di invertire il verdetto. C’è chi pensa di adire la Corte europea dei diritti dell’uomo.

Ma la Turchia viola i diritti umani in generale; e la situazione si è “ulteriormente aggravata” dopo il tentato colpo di stato di luglio a seguito del quale il governo turco ha deciso di sospendere l’applicazione della Convenzione sui diritti umani. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione italiana con la sentenza n. 54467 depositata il 21 dicembre. Il caso riguarda un trafficante di droga che aveva già scontato la condanna di 7 anni in Germania, che per questi motivi ha deciso di non estradarlo in Turchia.

I supremi giudici hanno così bloccato il via libera al rimpatrio coatto deciso dalla Corte d’Appello di Venezia. La Cassazione ha tenuto in considerazione il rapporto di Amnesty International sulla Turchia nel quale “risultano segnalati casi di tortura e di maltrattamenti ai danni di detenuti, nonché un eccessivo impiego della forza da parte della polizia“, fatti riferiti anche da altri rapporti sui diritti umani dal 2008 al 2016. Ciò, rileva la Cassazione, “consente di ritenere che si tratti di una situazione diffusa e non episodica, di carattere sistemico o comunque generalizzato, che finisce per determinare gravi violazioni dei diritti umani“.

La Suprema Corte, ricorda inoltre che il resoconto di una delegazione di giuristi e avvocati italiani ha constatato “un quadro assolutamente preoccupante per il rispetto dei diritti della persona, circostanza già emersa da tempo in quanto la Turchia ha subito il maggior numero di condanne in Europa per il mancato rispetto dei diritti umani“.

Infine, a supporto della decisione di bloccare le estradizioni verso la Turchia, la Cassazione ricorda “le notizie apprese dalla stampa nazionale e internazionale che riferiscono, in maniera documentata, di destituzioni e sospensioni dall’incarico di migliaia di magistrati (circa 2700), situazione talmente preoccupante da aver determinato il Consiglio superiore della magistratura a sospendere ogni cooperazione con il Consiglio superiore dei giudici e dei pubblici ministeri della Turchia a causa del mancato rispetto dell’indipendenza della magistratura di quel Paese“.

I più recenti casi della Russia e della Turchia sono stati richiamati perché indicano come risulti innalzato il tasso di violenza, per giunta legittimato, che può autorizzare a comportamenti vessatori anche gravi nei rapporti col genere femminile e in famiglia.

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