Passaggi a livello in Sardegna, tra guerre indiane e figli e figliastri [di Andrea Sitzia]
Nelle scorse settimane le cronache ed i quotidiani dell’Isola hanno dato conto di due vicende che hanno avuto entrambe come teatro un passaggio a livello ferroviario e degli automobilisti intenti ad attraversarlo. Il 24 gennaio in un passaggio a livello della linea ARST Sassari – Alghero, a Mamuntanas, un automobilista ha raccontato spaventatissimo di aver corso il rischio che la sua automobile fosse investita da un treno, passato mentre le sbarre erano aperte, e quindi vicinissimo alla propria vettura che attraversava. Il 18 febbraio in una altro passaggio a livello, stavolta delle rete FS vicino a Sassari, è andata peggio, in quanto il treno ha effettivamente investito una vettura rimasta in panne sui binari anche se, per fortuna, priva di occupanti al suo interno. Lo stesso treno, sempre per fortuna, non è deragliato dopo aver trascinato e distrutto l’automobile, ma è rimasto in bilico sul binario, come risulta evidente dalle foto pubblicate. Aldilà delle cause e delle possibili responsabilità, che hanno i loro titolati indagatori ed interpreti istituzionali, e che per nulla qua ci interessano, resta in comune il teatro di due episodi che, per fortuna, non hanno fatto registrare danni alle persone. Al generale statunitense P.H. Sheridan una diffusa vulgata attribuisce la famosa frase: “l’unico indiano buono è un indiano morto”, ed anche se pare che la frase non sia di Sheridan ma di un coevo parlamentare USA, resta un motto di indubbia efficacia nella sua crudezza razzista tardo-ottocentesca. Per analogia ci sovviene il ricordo che tra i vecchi ferrovieri era diffuso un motto molto simile che recitava: “l’unico passaggio a livello buono è un passaggio a livello soppresso”; si badi bene: soppresso e non chiuso. Che questa interpretazione radicale di quanto sia inopportuno che le strade, anche nella nostra era, intersechino le ferrovie in assenza di sovra o sottopassi sia ormai ben condivisa, lo testimonia il fatto che le Ferrovie dello Stato, da tempo ormai non progettano e realizzano più linee con passaggi a livello, non solo sulla rete Alta Velocità ma neppure sulla rete cd “normale”. Nella nostra Isola per contro, il lascito della impostazione ottocentesca delle linee è purtroppo ancora pesante. Va dato atto alle aziende sia dei binari stretti che di quelli larghi (attuali ARST e RFI), di aver profuso un notevole impegno verso la eliminazione di questo anacronistico gravame, con decine di passaggi a livello eliminati negli ultimi anni, ma il lavoro da fare resta ancora molto, a giudicare dai disagi che ancora, come visto anche sopra, i passaggi a livello continuano a provocare. Recentemente un robusto incoraggiamento verso una virtuosa sparizione definitiva delle “sbarre con le strisce”, sta arrivando anche dalle prescrizioni degli enti che presiedono alla sicurezza nelle ferrovie, che sono USTIF e ANSF. Qui però ci imbattiamo nella prima stranezza che questa diarchia della sovranità in materia di sicurezza ferroviaria produce. Infatti l’ANSF, che legifera sulla rete ferroviaria statale, ha da tempo vietato che in caso di guasto di un passaggio a livello, o delle sue barriere o luci stradali, un treno possa comunque passare sul passaggio a livello stesso pur adottando particolari precauzioni (arresto preventivo, velocità ridottissima e fischi ripetuti per attirare l’attenzione di possibili automobilisti). Questo modo di far convivere eccezionalmente strada e rotaia in casi particolari è invece ancora pacificamente ammesso sulle linee regionali (per noi ARST), che sono sotto la giurisdizione dell’USTIF del Ministero dei Trasporti. A Mamuntanas, molto probabilmente nell’episodio del 24 gennaio era in corso questa particolare e normalissima procedura, chiamata nel gergo ferroviario “marcia a vista sul passaggio a livello”, e che è antica quanto la ferrovia stessa. Invece, come abbiamo visto, sulla rete statale l’ANSF ha imposto che occorra attendere sempre la riparazione del guasto o la presenza di personale ferroviario sul posto. Quello che all’uomo comune risulta invece difficile da capire, è come sia possibile che, in presenza della stessa situazione di guasto o inefficienza del passaggio a livello ci possano essere figli e figliastri, nel senso che vengano adottate due procedure di sicurezza molto diverse tra loro; soprattutto in termini di applicazione più o meno restrittiva dell’arcinoto “principio di precauzione”, che, anche se è nato in altri ambiti tecnico/scientifici, resta imperniato anch’esso su una condivisa questione di valutazione del rischio, e della relativa migliore prevenzione di ogni evento infausto. Infine, oltre alle delicate questioni di sicurezza di beni e persone, il sopravvivere dei passaggi a livello nelle nostre ferrovie isolane, si porta appresso anche non trascurabili aspetti di costi finanziari. Garantire la sicurezza dei passaggi a livello con le migliori tecnologie esistenti, costa infatti moltissimo in installazione e manutenzione. A questo elemento in Sardegna si aggiunge in più il fattore costi e pericoli specifici per gli investimenti di bestiame, frequenti purtroppo soprattutto in alcune zone, ed in cui i passaggi a livello (anche quando non sono guasti) giocano ancora una volta un ruolo critico, dato che i passaggi a livello sono proprio i “varchi” dai quali molto spesso il bestiame invade la linea ferroviaria. Delle altre stranezze, caso mai, parleremo un’altra volta. |