Una politica regionale che ha pienamente palesato la sua inadeguatezza [di Marina Spinetti]

mater

Sembra esserci dell’ironia beffarda, nel vedere la grande trepidazione politica per l’inaugurazione del Mater Olbia e, in contemporanea, così scarsa attenzione per le madri maddalenine che dovrebbero rassegnarsi alla chiusura del punto nascite del Paolo Merlo. Ma, a guardarlo con più attenzione, non è umoristico nonosense. E’ solo una foto realistica delle politiche della giunta Pigliaru e dalla sua maggioranza di centro sinistra e dintorni: neocolonialismo italico o italo arabo in Sardegna e accentramento del potere politico e finanziario sempre più elitario ed oligarchico.

Eppure nella giunta Pigliaru ci sono professori e medici. Non possiamo neanche attribuire questa distrazione all’antico gioco tra “nordisti e sudisti“, cioè alla responsabilità di una politica cagliaritana distratta e accentratrice: il presidente della Regione Autonoma della Sardegna è di Sassari, così come lo è il presidente del consiglio regionale, medico e sassarese, l’assessore alla sanità è di Nuoro e la stragrande maggioranza della giunta Pigliaru non è notoriamente cagliaritana.

In consiglio regionale la Gallura e La Maddalena sono rappresentate e di recente, grazie ad un improrogabile salvifico rimpasto della “migliore Giunta possibile“, che si è scoperto evidentemente sarebbe potuta essere addirittura “più migliore“, abbiamo in giunta niente meno che  l’ex direttore generale della ASL di Olbia (Pier Luigi Caria, assessore all’agricoltura).

Cosa pretendere di più, in termini di risorse umane, per avere attenzione alle questioni sanitarie di La Maddalena?  Forse solo un po’ di buonsenso e meno obbedienza e accondiscendenza al potere, caratteristica quest’ultima che sembrano invece dover possedere tutti coloro di cui si circonda il presidente sassarese.

La Maddalena è solo lo specchio di ciò che avviene in tutti i territori sardi e, come essi, subisce le scelte disastrose innanzitutto della classe politica sarda, della sua sudditanza, dei suoi complessi e dei suoi inciuci con Roma e i suoi governi. Certo a La Maddalena tutto ciò risulta amplificato dalla nostra bis-insularità, per la quale la razionalizzazione del potere propone soluzioni che denotano tutta l’ignoranza della situazione e del territorio, come quella dell’elisoccorso. Del resto basta solo augurarsi che non ci sia una delle nostre celebri quanto frequenti “maestralate in fumo” e, visto che a qualcuno bisogna affidarsi, meglio, a questo punto, affidarsi al Padre Eterno che non a questo governo regionale.

L’altra “soluzione” escogitata dalla ASL di Olbia, cioè un bando (andato deserto) rivolto agli albergatori olbiesi disposti ad ospitare le madri maddalenine al nono mese di gravidanza, si qualifica da sé e con la mancata risposta degli albergatori olbiesi. La scusa ufficiale e risibile, cui, a forza di ripeterla, molti hanno addirittura finito per credere in dispregio della loro intelligenza, è quella della scarsa sicurezza nei piccoli ospedali.

Ora, sarà pur vero che la dimensione dell’ospedale è importante perché concorre a facilitare l’acquisizione di esperienza, per lo più valutata in termini di casistica (produttività) con qualità di esiti correlata, anche se non in termini assoluti, ai volumi di attività erogata. Ma possono essere questi gli unici elementi da prendere in considerazione in un così delicato processo decisionale sul destino di una struttura? Si è mai provveduto a tracciare un profilo sanitario della popolazione di quell’ambito territoriale, a disegnarne i fattori epidemiologici, la mappa dei rischi, l’età anagrafica, i bisogni di salute dei residenti, i flussi di accesso alle strutture residenziali o quelli di migrazione?

Il processo logico è, secondo noi, inverso rispetto a quello fin qui seguito: non sono le risorse disponibili che devono condizionare il destino di un piccolo ospedale, ma sono le funzioni affidate che devono determinare l’adeguatezza delle risorse ed il mantenimento delle competenze necessarie. E in questa operazione, che ridisegna la rete delle competenze, è insita la migliore attribuzione, gestione ed erogazione di risorse.

E spetta alla programmazione regionale garantire il rispetto dell’erogazione dei Lea, dell’equità e della qualità delle cure. Una volta definito il ruolo che un ospedale deve assumere, dovranno essere assicurate le risorse umane professionali e tecnologiche indispensabili per poter assolvere alle funzioni attribuite.

La realtà è che la politica ha derogato dal suo ruolo di programmazione e scelta di priorità ed ora la riconversione o la chiusura dei piccoli ospedali, piuttosto che dettata dall’esigenza di modificare l’offerta assistenziale e renderla più appropriata e coerente ai bisogni della comunità, è solo la conseguenza delle esigenze di “tagliare” per contenere la spesa sanitaria.

Vale a dire un’operazione centrale che costringe alla chiusura mediante la restrizione o negazione di risorse. In pratica una condanna a morte per asfissia di un ospedale necessario per una comunità insulare e con pesanti problemi di trasporti come quella maddalenine. Una condanna contro la cui esecuzione si stanno mobilitando le madri maddalenine  supportate dalla popolazione intera, e lo stanno facendo con grande responsabilità, da madri appunto, senza farsi strumentalizzare dagli interessi elettorali di una politica che ha pienamente e trasversalmente palesato la sua inadeguatezza. Una politica contro la quale la condanna andrà invece eseguita, senza prova di appello.

 

One Comment

  1. Antonio Zonza

    Cara Marina la decisione di chiudere (progressivamente) i punti nascita non è di Pigliaru (ieri) e di Solinas (oggi), ma risale almeno al 2010 e riguarda l’Italia tutta, non solo la Sardegna.
    Nel 2010, infatti, vene stabilito (cfr: http://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/file/repository/relazioni/libreria/novita/XVI_Indagine_NascereSicuri/09%20AUDIZIONE%20DEL%2028%20GIUGNO%202011/GILIBERTI_UNIFICATO%20.pdf) :

    ” L’Accordo Stato – Regioni del 16 Dicembre 2010 fissa in almeno 1000 nascite/anno lo standard cui tendere nel triennio, con progressiva razionalizzazione/riduzione dei centri nascita con numero di parti inferiore e prevede l’abbinamento per pari complessità di attività delle unità operative ostetrico – ginecologiche con quelle neonatologiche/pediatriche.
    •Eventuali eccezioni , comunque mai al di sotto di 500 parti/anno, potranno essere consentite sulla base di motivate valutazioni legate a specifiche condizioni geografiche”.

Lascia un commento