Il Natale porta male al PD sardo [di Carlo Mario Sotgiu]
L’espressione D-Day è quella più opportuna. Indica l’attimo in cui si va all’attacco. La segretezza è d’obbligo pena un effetto vanificato. In attesa del D-Day sardo voci incontrollabili, chiacchiere, pettegolezzi. Tutti sospesi in attesa di disposizioni superiori di là dal mare. Piccoli viceré spediti in loco a sentire, verificare, sedare, mettere d’accordo i litigiosi regoli isolani incapaci di farcela da soli! E’ una sinossi così scontata che non si capisce perché non si fosse già messa in conto. Specie di fronte ad una lunga serie storica o ai più avvertiti che hanno già previsto il finale di partita. Perché in Sardegna chi dovrebbe prendere decisioni non è in grado o non vuole. Una pedagogia della deresponsabilizzazione, della lamentazione, del disvalore e della delegittimazione di chiunque e il tornaconto personale hanno formato una speciale categoria di abigeatari. Quelli della politica e delle istituzioni. Pochi ne sono estranei come se esistesse solo questo tipo di razza padrona. Eppure eravamo convinti di esserci affrancati. Eravamo certi di esserne ormai immuni. Invece eccola più forte ed impunita che mai! Se si è cresciuti con l’idea di non essere classe dirigente ma solo gregari che dalla politica possono trarre vantaggi l’esito è quello sotto i nostri occhi: il declino irreversibile in Sardegna della sinistra e la fine del Pd. Lunga vita a Cappellacci sembrano pensare in un coro unanime dalle parti di via Emilia a Cagliari! In principio fu il Natale del 2008 con le dimissioni per puntiglio di Renato Soru, del tipo arrogu totus. Le elezioni che ne seguirono il risultato di uno scontro. Una parte del Pd non votò e non fece votare il candidato presidente della Regione. Si attende tuttora una valutazione politica sulla XIII Legislatura, sulla sua prematura fine, sulla sconfitta non solo di uno, che preferisce andare in solitaria, ma di un progetto. Si è preferito farlo coincidere con il destino personale di chi semplificando la complessità ha finito per danneggiare se stesso e la sinistra. Il Natale del 2012 con le Parlamentarie sconfessate dalle dirigenze romane e cagliaritane, con il ripescaggio dei trombati e l’imposizione di Lello Di Gioia, socialista pugliese detestato nel suo collegio. L’esito in Sardegna fu una solenne sconfitta del Pd con casi imbarazzanti di tracollo ed una rappresentanza parlamentare che definire debole è un eufemismo. Un mongolino d’oro a chi si ricorda i nomi di almeno tre parlamentari del Pd fatti salvi, naturalmente, quelli inquisiti dalla magistratura per peculato. Il Natale di quest’anno non è meno tragico. Ancora una volta si cerca di sconfessare il risultato delle Primarie. La vicenda di Francesca Barracciu, aldilà della questione morale – ad oggi solo un avviso di garanzia (sic!)- denuncia i limiti di un partito mai nato, di una somma di tradizioni storico- politiche mai fattesi sintesi. Un partito, il Pd, preda dei suoi gruppi dirigenti e delle loro derive autoreferenziali. Un partito, il Pd, senza leadership, neanche di gruppo dove ognuno riunisce i suoi – pochissimi – seguaci davanti ai vari caminetti sulla Carlo Felice. Un partito, il Pd, dove la massima ambizione dei suoi rari tifosi è essere di qualcuno, specie se questi ha l’investitura romana o la millanta. L’unica che conti. Ieri Bersani, oggi Renzi. Sempre comunque eterodiretti. Sempre a millantare internità ad un potente romano. Anche dell’ultima ora. Facendo intendere ciò tramite gregari di periferia. Forti di questa autorità che darebbe legittimità stravolgono qualsiasi decisione assunta – si tratti di Primarie o altro – con la condivisione di tutti. Che vergogna! Che mancanza di dignità! Che rimpianto per i militanti e dirigenti di una volta! Che stile, che sobrietà se confrontati con quelli di oggi! Questo è il risultato di anni di scontri, fin dalla fondazione del Pd. Questo è il risultato di mancanza di leadership tra gli eletti in Consiglio che si è tradotta in nessuna opposizione. Ogni consigliere legittimato ad agire per proprio conto senza rispondere di nulla. I disastri giudiziari non sono che una conseguenza. Se i diversi inquisiti ne rispondono personalmente chi ne risponde politicamente? Questo è il vero focus. Ma su questo fronte nessuna risposta. Una legislatura persa, senza opposizione, e di conseguenza nessuna forza per esprimere una candidatura forte per il governo della Sardegna. Perché di questo si tratta. Il maggior partito del centrosinistra sardo fermo ai blocchi di partenza, impossibilitato ed impotente a fare campagna elettorale. Ad essere credibile. Gli alleati naturali ( ma quali?) anche loro paralizzati. Una vicenda che porterà ancora una volta, alla vittoria del centrodestra che ha spogliato definitivamente la Sardegna. Un panorama terrificante. E’ improbabile che ci sia un rinsavimento, che all’ultimo spunti un coniglio dal sacco. Anche i conigli sono scappati perchè il Pd forse non ha più titoli per vantare un primato politico e morale. |
Purtroppo e’ tutto giusto.