Perché celebrare l’Italia [di Giuliana Perrotta]
Pubblichiamo il discorso pronunciato dalla Prefetta di Cagliari Giuliana Perrotta nel Palazzo Vicereale di Cagliari in occasione della “Giornata dell’Unità Nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera” che cade il 17 marzo (NdR). Perchè celebrare l’Italia. Si possono dare tante risposte a questa domanda. In primis , la più semplice per me in quanto Prefetto di questa provincia, perché la Legge n. 222/2012 ha istituito il 17 marzo, data di proclamazione dell’Unità d’Italia quale “giornata dell’Unità Nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera” e nella circolare esplicativa, come sempre, è attribuito ai Prefetti il compito di favorire e/o dare impulso ad iniziative finalizzate a “ricordare e promuovere i valori di cittadinanza e di consolidare l’identità nazionale attraverso il ricordo e la memoria civica”. Quest’anno abbiamo organizzato la festa dell’Unità D’Italia con l’alzabandiera in piazza Palazzo, alla presenza delle autorità civili, militari e religiose , delle scuole e della gloriosa Brigata Sassari, cantando tutti insieme l’Inno nazionale nella versione integrale…….e poi, in un bel clima di condivisione e di festa., nella sala del Consiglio si è tenuta una Tavola Rotonda dal tema : “ Il Palazzo Vice Regio dal Regno di Sardegna all’Italia Unità”. Questo non solo per ricordare il processo di unificazione in chiave celebrativa, ma soprattutto per riuscire ad accendere e ad alimentare un percorso di riflessione sulla storia del nostro Paese, sull’idea che l’Italia Unita non solo è stata un traguardo ideale e civile di tanti uomini e donne che hanno sacrificato la loro vita per realizzarla, ma che questa idea può essere declinata anche in questo contesto storico in cui le identità nazionali sembrano quasi diluirsi nel multiculturalismo e nella multietnicità, e in cui l’idea dell’Italia Unita deve essere sinonimo non solo di identità ma anche di un progetto comune, capace di garantire il futuro di questo nostro Paese. Certo, proprio seguendo questo ragionamento, volto non solo a vivere l’idea di Nazione in continuità col passato ma anche a conferirle una progettualità per il futuro, si imporrebbe la necessità di una riflessione profonda sui problemi che ancor oggi ostacolano la coesione delle diverse aree del nostro territorio. C’è da chiedersi, come diceva Giorgio Bocca per “quale peccato originale, per quali orgogli, per quale maledizione della storia, per quale fatalità geografica noi italiani del nord , del sud e delle isole non riusciamo a fare di questo nostro paese un paese unito”. Forse per capire l’importanza dell’unificazione, dovremmo esercitare la fantasia e provare ad immaginare cosa sarebbe stata l’Italia senza il Risorgimento, come ha scritto un giornalista, evocando per l’Italia disunita uno scenario da penisola balcanica. Le divisioni nel nostro Paese sono state determinate da fattori storici, economici e sociali, in qualche misura anche da fattori culturali ma di certo vengono enfatizzate da un mix di speculazione, cinismo e rassegnazione. Per chi come me ha percorso in lungo e in largo l’Italia, lavorando in tanti posti e lasciando in ognuno un pezzetto di cuore e tanti amici, appare effettivamente un piano inclinato quello in cui ci siamo incamminati, senza peraltro che ne siamo effettivamente consapevoli. Sarà per questo che, malgrado la assoluta mancanza di risorse, e le innumerevoli e pressanti incombenze che assillano ogni ora delle mie giornate, prendo con tanta serietà ed impegno il compito di tenere vivo ed alimentare, in tutte le località in cui esercito il mio mandato, la cultura della Repubblica , coinvolgendo tutte le componenti istituzionali e non della provincia in un organismo caduto nel dimenticatoio e che ho “resuscitato” : il Comitato di valorizzazione della Cultura della Repubblica. Il fatto è che sono profondamente convinta che la forza interiore del nostro Paese stia proprio nella coesistenza, a volte armonica altre volte difficile ma comunque dialettica, tra i sentimenti di comune appartenenza e le legittime aspettative di valorizzazione delle vocazioni, delle potenzialità e delle ricchissime pluralità di identità, tradizioni e culture delle diverse aree del nostro splendido territorio. Ed è quella forza che nei momenti di difficoltà, come quello che stiamo vivendo, dobbiamo tirar fuori. Questa è la seconda (vera) risposta alla domanda iniziale. Ma chiusa la premessa, oggi, come dice anche il titolo della tavola rotonda, vogliamo ricordare il processo che portò all’unificazione nazionale nel 1861 ripercorrendo la Storia attraverso le vicende che hanno interessato questo palazzo. E nella parte iniziale tocca a me in quanto esponente della istituzione che da tempo immemorabile occupa questo palazzo, consegnare a voi la mia testimonianza. Qui a Cagliari, intorno al quartiere Castello si è sviluppata la Storia della Città, e il Palazzo Vice regio ha rappresentato, insieme al palazzo di Città, e al duomo e alla Curia, in quanto rispettivamente sedi del potere statale, di quello municipale e di quello religioso, il cuore pulsante della vita politica, amministrativa e religiosa. Questo palazzo, che durante il regno di Sardegna è stato sede del Vice re, dal 1861, quando sono nate le Prefetture, è stato la sede del prefetto. In effetti fu nel 1802 che questa figura fece la sua prima comparsa nell’ordinamento post cisalpino e preunitario della prima repubblica italiana. Ed è a quella data che può ricondursi la nascita di una figura istituzionale che avrebbe accompagnato, fino ad oggi, lo svolgimento di tutta la storia del nostro Paese, svolgendo un ruolo di indiscussa centralità, pur con naturali ed inevitabili chiaroscuri, in tutte le fasi cruciali che hanno scandito, in oltre duecento anni di storia patria, il processo di crescita amministrativo, sociale, economico della Nazione. Questo dato, giustifica, a mio parere, l’accostamento tra il momento di riflessione sul senso profondo e intangibile del nostro stare insieme come Nazione e la scelta di ricordare le radici del ruolo e della funzione del prefetto. L’accostamento non è azzardato né auto celebrativo perché gli studi più recenti sull’istituto prefettizio, cito per tutti una frase del prof Claudio Melis dell’università di Bologna, hanno evidenziando come ““l’Italia unita fu costruita pazientemente anche dai prefetti”. Nel 1861 all’indomani di un processo unitario cui forse nessuno era realmente preparato, di fronte all’improvvisa morte di Cavour, all’ostilità della Chiesa, al vuoto lasciato dagli stati preunitari, al brigantaggio, fu ritenuto necessario neutralizzare ogni fattore potenzialmente disgregante, rafforzando il carattere accentrato dell’amministrazione sul territorio per tenere insieme il giovane stato unitario. E così ai Prefetti fu affidato il compito di fare da formidabile collante fra le diverse parti di un territorio di cui proprio l’unità nazionale aveva rivelato le profonde diversità. Ma non fu il Prefetto quel feroce oppressore delle autonomie locali o il realizzatore in periferia di politiche decise al centro, come qualcuno semplicisticamente ha voluto far credere, e tuttora vuol far credere, al contrario il prefetto postunitario, sentiva “ come grande missione della sua vita la rappresentanza del nuovo Stato unitario” e “agiva all’interno di un rapporto molto complesso nel quale, da provincia a provincia, potevano essere declinate diversamente le direttive centrali, potevano essere disapplicati certi comandi, potevano essere messe in atto scelte discrezionali, ….in una dialettica continua tra provincia, prefetto, ministero, governo, nella quale si affermò un lento processo di integrazione al centro delle domande della periferia, grazie al quale questa riuscì a farsi sentire e a conquistare giorno per giorno legittimazione politica”. Nel momento in cui sorsero le Prefetture, nel 1861 furono scelti i più bei palazzi presenti nei capoluoghi, sia per il prestigio che rivestiva il rappresentante del Governo, sia perché allora in tante parti d’Italia non erano presenti alberghi e strutture ricettive adeguate in caso di visite nella provincia di personalità del Governo. Il Prefetto secondo il cerimoniale di Stato era ed è incaricato di ricevere ed ospitare le autorità nazionali ed internazionali nel Palazzo del Governo. Per questo in tali Palazzi furono create le c.d. aree di rappresentanza, dotate di arredi di pregio, di biancheria e di vasellame raffinati, forniti dal Provveditorato Generale dello Stato, tutti rigorosamente “griffati” con lo stemma dello Stato Italiano, in primis lo stemma dei Savoia (ed infatti in alcune sedi, sono conservati alcuni esemplari di vasellame e stoviglie con tale stemma) che i Prefetti, alternatisi nelle sedi disseminate lungo la penisola, hanno custodito gelosamente e che vengono utilizzate in occasione di visite importanti. Ritengo che le aree di rappresentanza rappresentino una vera risorsa sia per le istituzioni pubbliche e private del territorio, sia per le alte personalità dello Stato che spesso ritengono preferibile dimorare nel Palazzo del Governo in occasione della loro presenza in provincia per evidenti ragioni di economicità, di funzionalità e di sicurezza. Ed è per questo che è parte integrante della mission del prefetto occuparsi ed aver cura dell’ aree di rappresentanza che gli sono affidate, prodigandosi anche nel reperire i fondi per mantenere nel tempo il decoro delle stesse pur con le difficoltà del contesto storico caratterizzato da ristrettezze finanziarie . Proprio grazie ad un contributo che il mio predecessore ha richiesto ed ottenuto dalla Fondazione Sardegna, che ringraziamo, oggi possiamo ammirare il restauro delle tappezzerie delle “stanze di Maria Cristina” realizzato grazie alla consulenza della Soprintendenza archeologica, Belle arti e paesaggio e alla collaborazione tecnico-amministrativa della provincia, ora area metropolitana. Dal 1861 nella provincia di Cagliari si sono alternati n. 67 Prefetti in questo Palazzo. Tanti Prefetti tra cui tanti nomi illustri, cito solo quelli dalla Liberazione in poi e che sono scomparsi: Senio Princivalle, grande amministrativista, Giuseppe Porpora, che divenne capo della Polizia, Aldo Camporota; ma tutti sono stati funzionari con una solida preparazione giuridica , una vasta esperienza professionale in ogni settore della pubblica amministrazione, con una profonda etica e un altissimo senso dello Stato, che hanno sempre collaborato con tutte le istituzioni regionali e locali, alcune delle quali hanno coabitato nello stesso palazzo, che hanno sempre riconosciuto in questa figura un punto di riferimento insostituibile soprattutto nei momenti di crisi. Per me ultima arrivata e prima donna ad esercitare questa delicata funzione è un onore svolgere questo ruolo così delicato e pregnante per assicurare, nel rispetto dei principi del pluralismo autonomistico propugnati dalla costituzione, che lo sviluppo di questa comunità si svolga in un clima di armoniosa e serena convivenza civile, così come è un onore continuare ad occupare parte di questo palazzo e custodirlo come cosa preziosa, pur assicurandone in occasioni straordinarie compatibilmente con le esigenze istituzionali, la fruibilità pubblica, come avverrà in occasione delle Giornate di Primavera del Fai il 25 e il 26 marzo prossimi. Grazie della vostra attenzione.
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