Acqua. Questione di civiltà? [di Sergio Vacca]
L’ intervento di Mario Sau (Sardegna Soprattutto del 5 dicembre) sull’uso “dell’acqua e questioni di civiltà” pone alcuni interessanti problemi di gestione della risorsa. Lo fa, tuttavia, mettendo assieme aspetti non tutti congruenti per natura e origine. Aspetti di carattere geografico, geo-idrologico, idraulico, tecnologico, relativo alla qualità della risorsa, storico-politico, gestionale e via elencando. Ne accenna. Ognuno degli aspetti trattati meriterebbe una dissertazione specialistica. Nel loro insieme, un importante convegno.
Gli interventi infrastrutturali succedutisi nel tempo, con particolare riferimento a quelli straordinari della Cassa per il Mezzogiorno, hanno privilegiato il punto di vista quantitativo. Quantità per sopperire ai fabbisogni dell’agricoltura; quantità per sopperire ai fabbisogni potabili; quantità per sopperire ai fabbisogni industriali. Dominante paradigma “metro-cubico”, come efficacemente espresso da qualcuno. Sau pone giustamente il problema della modifica del paradigma. L’aspetto qualitativo dovrebbe avere maggior peso, soprattutto quando si tratti di acque da destinare al consumo umano. E pone in rilievo il parametro tecnico-economico in relazione ai maggiori costi di trattamento delle diverse categorie di acque, superficiali o sotterranee, da avviare alla potabilizzazione. Aggiungerei, in molti casi, anche la questione dell’efficacia in relazione alla qualità dell’acqua d’origine e dell’efficienza delle tecnologie adottate. Aspetti questi, in ogni caso, normati dall’Unione Europea, dallo Stato e parzialmente dalla Regione.
Sau cita i casi di alcuni serbatoi artificiali le cui acque, in tutto o in parte destinate all’uso potabile, sono affette da processi eutrofici, che ne compromettono considerevolmente l’uso alimentare; e ne imputa il decadimento qualitativo ai “depuratori comunali inadeguati e mal funzionanti”. Ma tocca anche il “tasto” gestionale. Parla, infatti, del sistema di governo della risorsa delegato dalla Regione ad Enti che “gestiscono come segmenti indipendenti questo delicatissimo comparto”. Questione vera sia sotto il profilo gestionale ma, soprattutto, sotto quello pianificatorio. La legge 36/1994, nota come legge Galli, ha determinato la costituzione degli AATO, ossia delle Autorità d’ambito ottimale, con compiti di programmare tutte le attività di gestione e controllo dei sistemi di approvvigionamento idrico potabile e della depurazione.
In Sardegna, è stato costituito un unico ambito regionale, oggi “Gestione commissariale straordinaria per la regolazione del Servizio Idrico Integrato”, che sovraintende , programma e gestisce i finanziamenti delle infrastrutture e controlla l’organismo di gestione Abbanoa. Mentre la legge regionale 19 del 2006, per riorganizzare complessivamente il sistema di approvvigionamento idrico multisettoriale, potabile (acqua grezza), irriguo ed industriale, ha istituito un organismo di gestione, l’Ente Acque della Sardegna, ed un organo di programmazione e controllo, l’Agenzia del Distretto Idrografico, che assomma anche prerogative e compiti dell’Autorità di Bacino – sempre per la Sardegna – unico regionale della legge 183/1989. L’Agenzia del Distretto Idrografico, prevista dalla Direttiva CEE 2000/60, nasce prima in Italia e opera anche come segreteria tecnica del Comitato Istituzionale, ossia l’organo politico di governo dei bacini idrografici e della difesa del suolo.
ENAS, l’Ente Acque Sardegna, accorpa quindi tutte le risorse, in primo luogo superficiali, avviando la gestione dei trentadue invasi del cosiddetto Sistema idrico multisettoriale, attraverso la gestione unificata dei serbatoi fino ad allora dispersi tra l’ESAF, i Consorzi di Bonifica ed alcuni Consorzi industriali. Non vengono ricompresi quattro piccoli serbatoi ad esclusivo uso potabile, attribuiti ad Abbanoa, e gli invasi idroelettrici dell’ENEL.
Si crea da subito, per l’assenza di un adeguato sistema normativo, ma anche per incompetenza di taluni assessorati regionali, un conflitto, non risolto – in linea generale – sul governo del territorio nei bacini idrografici afferenti ai diversi serbatoi artificiali, ma, più specificamente, sulle linee di gestione dei depuratori che gravitano nei diversi bacini idrografici. Quindi – come afferma Sau – le fonti di generazione dei nutrienti, che alimentano i fenomeni eutrofici nelle acque dei laghi artificiali, non sono controllate. Gli organi preposti come l’ARPAS non dispongono dei necessari strumenti normativi, culturali e scientifico-tecniche adeguati. Soprattutto, due distinte pianificazioni, AATO e Agenzia del Distretto Idrografico, non riescono ad attuare una “politica” di controllo del territorio in rapporto al contenimento di nutrienti (fosforo e azoto) ed inquinanti dai territori bacinali ai laghi. Vi è di più. Si stanno determinando conflitti sull’uso monosettoriale (agricolo-irriguo) o multisettoriale (potabile, irriguo, industriale) di alcuni invasi, come rivendicato da taluni Consorzi di bonifica. Assolutamente emblematico è il caso del lago artificiale su rio Cuga. Con quali riflessi sulla qualità delle risorse idriche?
Monosettoriale o multisettoriale, se si fa riferimento alla qualità delle acque per diverse destinazioni d’uso, ambientale, potabile, irrigua o industriale per la norma comunitaria di riferimento, la 2000/60, non vi sono differenze apprezzabili, essendo posto come obiettivo prioritario la salvaguardia ambientale del territorio e delle sue componenti, come le acque, fluenti o lentiche (laghi naturali o artificiali). L’interpretazione data a livello regionale, ma anche nazionale, è che in un lago artificiale a destinazione esclusivamente irrigua possano essere sversati reflui domestici depurati fino al terzo stadio (de-fosfatazione). Tuttavia, i limiti di carico di nutrienti (fosforo e azoto) ammessi dalla normativa nazionale e da quella regionale per il refluo, comunque depurato, sono superiori di almeno un ordine di grandezza rispetto a quelli normalmente tollerati da un lago in condizioni oligotrofiche o mesotrofiche. In termini di concentrazioni, milligrammi per litro, invece che milligrammi per metro cubo. Quale che sia la destinazione finale dell’acqua, la tolleranza ammessa dalle norme regionale e nazionale contrasta con le finalità della Direttiva comunitaria 2000/60 e successive integrazioni e modificazioni. Il risultato sarà quello contribuire alla formazione di un lago eutrofico o iper-eutrofico.
Il caso. Il Consorzio di Bonifica della Nurra, forte di una dichiarazione di uso monosettoriale agricolo-irriguo del lago artificiale del Cuga, contenuta in un documento della Programmazione regionale, nella metà degli anni ’90 del secolo trascorso, propone al Ministero dell’Agricoltura di trasferire i reflui del depuratore fognario di Sassari in quel lago. Presupposto di base, il trattamento dell’effluente fino al terzo stadio (de- fosfatazione). Il progetto è ambizioso per dimensione della risorsa idrica e finanziaria in gioco.
La riforma del Comparto Acque, L.R. 19/2006, negli atti conseguenti, dichiara il lago del Cuga opera multisettoriale con utilizzazioni potabili, irrigue ed industriali. Vengono infatti approvvigionati numerosi centri abitati posti a valle del lago, la città di Alghero, gran parte della zona costiera, oltre alla città di Sassari e numerosi centri del suo hinterland. La diminuita capacità di trasporto del sistema del Coghinas ha infatti imposto il ricorso alle acque del Cuga per l’approvvigionamento potabile, in continuo, stagionale o in emergenza di gran parte del nord-ovest dell’isola.
A motivo dell’attività progettuale in corso, il Consorzio di Bonifica della Nurra è stato buon ultimo a cedere ad ENAS la diga le relative opere di trasporto.Completata la grande condotta di trasferimento dei reflui da Sassari al Cuga, il Consorzio rivendica la restituzione del lago come serbatoio recettore degli effluenti dal depuratore, comunque trattati; dalla sua, la pressione del Ministero dell’Agricoltura perché sia completato il ciclo del riutilizzo dei reflui urbani per uso irriguo delle zone agricole della Nurra.Qui si pongono più serie di problemi.
Punto primo. L’uso esclusivamente irriguo delle acque del lago del Cuga, che secondo l’ipotesi caldeggiata dal Consorzio verrebbe alimentato per gran parte con i reflui del depuratore fognario di Sassari, inibirebbe automaticamente l’uso potabile delle sue acque. Privando così gran parte dei centri abitati del nord-ovest della Sardegna di una importantissima risorsa strategica.
Punto secondo. Il Consorzio utilizza anche i reflui del depuratore fognario di Alghero, immettendoli in rete – giuste le direttive dell’Assessorato regionale dell’Ambiente e dell’Agenzia del Distretto Idrografico – con una miscelazione al 50% con le acque provenienti dal Cuga. Da campagne di misure di alcuni parametri qualitativi delle acque irrigue, effettuate nel 2012 nell’area della Nurra, è emerso un uso tal quale del refluo nel corso della giornata in corrispondenza dell’uso da parte degli agricoltori (conducibilità elettrica 900 – 1100 microsiemens), ed un uso dell’acqua del Cuga durante la notte (conducibilità elettrica circa 400 microsiemens). Quindi non miscelazione!
Punto terzo. L’ipotesi di utilizzazione contemporanea delle acque del depuratore fognario di Alghero, solo teoricamente trattate al terzo stadio, e del Cuga alimentato con i reflui di Sassari (a quale livello verrebbero trattati?) porrebbe sicuramente problemi di diluizione. Quali acque fresche dovrebbero venir utilizzate per la miscelazione al 50% dei reflui (trattati?) dai due impianti? Il problema in questione è molto serio. ENAS non solo rivendicò al Consorzio la cessione del Cuga e la sua utilizzazione multisettoriale, ma nel tempo ha difeso la tesi con numerosi documenti molto ben argomentati scientificamente sotto il profilo della salvaguardia della risorsa idrica, e sotto il profilo della pianificazione.
Il Consorzio ha assunto obblighi contrattuali con il Ministero dell’Agricoltura. E’ mancato, fino a questo momento, un autorevole parere – che dovrebbe competere agli organi di programmazione delle risorse idriche della Regione, il Comitato Istituzionale, appunto – che confermi o smentisca l’utilizzazione multisettoriale o mono-settoriale delle acque del Cuga. In ogni caso con costi rilevanti nell’una o nell’altra ipotesi.
Personalmente spero che ENAS riesca a difendere la propria posizione, ovverossia la riforma del comparto acque, faticosamente avviata con la legge regionale 19 del 6 dicembre 2006.
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Grazie a Sergio Vacca per avere completato in maniera articolata e con competenza gli aspetti della questione che la mia impostazione sintetica aveva semplificato o trascurato. Credo che entrambi concordiamo sul fatto che la riforma del comparto acque del 2006 richeda un “tagliando” e che un piano regolatore generale delle acque sia da attuare. I diversi soggetti istituzionali citati purtroppo si accollano, a mio avviso, le manchevolezze del sistema che non è appunto pienamente e organicamente un “sistema”.
Zustu, meda zustu su ki tue naras. K’est bisonzu de una pranu reguladore e de tzertesas po sas familias.
Ancora una volta Prof. Vacca dimostra tutta la sua competenza in materia affrontando il problema con meticolosità, attento alle cause e agli effetti, ai pro e ai contro di un sistema di gestione delle acque che necessita di una sana riforma.