Penso che Paolo Savona abbia ragione [di Giovanni Scano]
L’articolo del Prof. Savona parla di un nuovo modello di sviluppo con cui, non v’è dubbio, non si può che essere d’accordo. In che senso nuovo modello di sviluppo? Nel senso di svoltare nettamente rispetto a quanto fatto finora. Non più cattedrali nel deserto che lavorano materie prime di importazione, ma utilizzo prioritario delle risorse locali. Il Prof. Savona propone di ripartire, giustamente, dal settore primario, agricoltura e pesca, e avviare un’oculata gestione delle risorse con uno sfruttamento (già questa parola non è delle più felici) logico e razionale. Non dobbiamo tagliare il ramo su cui siamo seduti. Non dobbiamo fare il passo più lungo della gamba. Non dobbiamo cioè consumare materie prime in misura maggiore a quanto la natura è in grado normalmente, senza forzature, di riprodurre. Un po’ come la rotazione delle colture che si faceva una volta. Bisogna anche naturalmente continuare, migliorandola, nella cultura del riutilizzo e nella produzione quindi di quelle che si chiamano materie seconde. Uno sviluppo economico come sintesi virtuosa tra risorse disponibili, soddisfazione dei bisogni primari della popolazione, possibilità di collocazione dei prodotti eccedenti sul mercato. Il governo regionale dovrebbe predisporre una seria programmazione pluriennale, che oggi manca, con un meccanismo di incentivi e disincentivi. Per farsi un’idea più precisa sulle risorse disponibili, è necessario partire dal dotarsi di una dettagliata Carta dei suoli attraverso cui si conoscano le varie tipologie di terreno presenti in Sardegna e la loro vocazione produttiva? Una volta in possesso di questi dati, si potrebbero stabilire le coltivazioni pensando ai residenti e al mercato. Semplice? Certamente. Ma ad oggi le diverse Agenzie regionali del settore lo hanno fatto? Il mercato naturale sarebbero in primis le strutture turistico-alberghiere sarde (che raramente si approvvigionano con prodotti locali), e solo dopo la collocazione in Europa e nel mondo. I prodotti che non si collocassero sul mercato così come sono, alimenterebbero le industrie agroalimentari di trasformazione. Anche nel settore energetico è necessario svoltare nettamente e puntare su una uscita decisa dall’uso prevalente di combustibili fossili verso un uso prevalente di energie rinnovabili. Per il consumo privato, la soluzione è l’autoproduzione: mini eolico, solare fotovoltaico. Simile la soluzione per gli edifici pubblici: collocazione di pannelli fotovoltaici sui tetti di scuole, uffici, ospedali. Oltre alla loro riqualificazione con interventi di efficientamento energetico. Da ultimo è necessario oggi risanare e riqualificare le aree industriali dismesse dove installare le nuove industrie e gli impianti eolici o solari per la produzione di energia elettrica. Si eviterebbe tra l’altro così l’onere di dover trasportare l’energia su grandi distanze e naturalmente il consumo di suolo. |