Perché dobbiamo essere grati a De Bortoli [di Tomaso Montanari]
L’Huffington Post, 14 maggio 2017. Dobbiamo essere davvero grati a Ferruccio De Bortoli, che ci ricorda qual è il compito principale della stampa, in una democrazia: esercitare il senso critico, controllare il potere. Per parafrasare il Foscolo dei Sepolcri: temprare lo scettro a’ regnatori, sfrondarne gli allori, svelare alle genti di che lagrime grondi quel potere, e di che sangue. In questo caso è il sangue della democrazia, quello che gronda. Perché se ciò che scrive De Bortoli è vero – ed ha tutta l’aria di esserlo – un ministro della Repubblica ha solennemente mentito al Parlamento. E ha preso in giro l’intero Paese, negando un conflitto di interessi grande come una casa. Tradendo clamorosamente il giuramento pronunciato diventando membro del governo: “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione“. L’interesse di chi? Della famiglia, della banca? Certo non quello della Nazione. Il 12 novembre 2015 Roberto Saviano scrisse che “il conflitto di interessi del Ministro Boschi è un problema politico enorme, dal quale un esponente di primissimo piano del governo del cambiamento non può sfuggire. In epoca passata abbiamo assistito a crociate sui media per molto meno, contro esponenti di terza fila del sottobosco politico di centrodestra: oggi invece pare che di certe cose non si debba o addirittura non si possa parlare. È probabile che il Ministro Boschi non risponda come se il silenzio fosse la soluzione del problema. Ma questo è un comportamento autoritario di chi si sente sicuro nel proprio ruolo poiché (per ora) le alternative non lo impensieriscono. E se il Ministro resterà al suo posto, senza chiarire, la colpa sarà principalmente nostra e di chi, temendo di dare munizioni a Grillo o a Salvini, sta tacendo o avallando scelte politiche inaccettabili». Saviano fu insultato, e lasciato solo. Ma aveva sacrosanta ragione. Ed è bene ricordare che Matteo Renzi gli rispose, sprezzante: “Siamo gli unici che vogliono bene all’Italia, contro il disfattismo e il nichilismo, contro chi sfoga la sua frustrazione nelle polemiche”. Oggi, quasi due anni dopo, il copione è lo stesso: Renzi accusa De Bortoli di attaccarlo a causa di frustrazioni personali. Solo che oggi gli italiani sanno chi è Renzi. Sanno che non possono credergli: quanto valore può avere la parola di chi ha detto «se perdo mi ritiro dalla vita politica», e oggi, dopo aver perso tutto il perdibile e aver devastato il proprio partito, è ancora inchiavardato alla poltrona? Oggi è drammaticamente evidente chi è che «vuole bene all’Italia». Chi dice la verità. E non chi trama all’ombra di logge massoniche e cerchi magici, abusando del proprio ruolo di servitore dello Stato per fare i propri interessi. E soprattutto è ben chiaro che a “volere bene all’Italia” sono stati i 19.420.271 cittadini italiani che hanno detto NO ad una riforma firmata da quello stesso ministro. Già: chi comprerebbe oggi una Costituzione usata da Maria Elena Boschi?
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