I sarcofagi, custodi del carisma [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 21/06/2017. La città in pillole. C’ è una parola che si usava con parsimonia: carismàtico, dal greco “charisma”; grazia che si riceve come dono; una sorta di aura che inerisce nei comportamenti della comunità. Il charisma è intrinseco ad un capo che lo agisce attraverso il corpo. Per millenni è stato, misteriosamente, trasmesso dagli dei agli uomini; le narrazioni erano affollate da semidei che pagavano un prezzo altissimo per questo privilegio. Non a caso nelle vulgate gli eroi muoiono “giovani e belli”. Oggi mille strumenti costruiscono la tipologia. L’elenco include persino schiere di cantanti e di attori che non hanno varcato trent’anni. C’ è stata una studiosa che ha insegnato prima al Liceo Siotto e poi all’Università di Cagliari, chiamatavi dall’antropologo Ernesto De Martino negli anni Sessanta. Si chiamava Clara Gallini e prima di dedicarsi ai novenari si era occupata dei modi con cui il mondo romano costruì la carismaticità del potere. All’origine di tutto c’ è un oggetto che lo fonda e che si chiama sarcofago, una cassa in pietra. E’ quello che Cornelio Scipione Barbato (337 a.C. 270 a. C.) si fece allestire ancora in vita. Vi fece incidere metope greche ed un elogio. Da quel momento i sarcofagi diventano i testimoni del carisma del defunto. Il racconto è racchiuso nelle scene raffigurate, in basso o in alto rilevo, insieme all’elogio della persona. Nella Cagliari ellenistica perdurano le tombe a camera di tradizione punica ma rinveniamo anche cippi anepigrafi, come in Viale Regina Margherita, anticipazione dei sarcofagi che arricchiranno le necropoli, orientale ed occidentale. Oggi quelli superstiti fanno mostra di sé come elementi di arredo nelle chiese. |