Lo scintillio del passato illumina i Musei sardi [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione sarda 12/07/2017. La città in pillole. Il prestigio dei manufatti attraversa i millenni. Si potrebbe mutuare dal linguaggio della moda l’espressione di Élisabeth de Clermont Tonnerre, amica di Marcel Proust, per attribuirla al passato ed alla sua cultura materiale. “Cosa rimane di tutto quello scintillio? Nulla. Tutto questo passato è morto dieci volte. Non solo sono morte la maggior parte delle persone, ma anche il loro modo di vivere, di vestirsi, di pensare, di sentire e di parlare. Un’umanità diversa le ha sostituite”. Oggi sappiamo che è proprio lo scintillio del passato che perdura irriducibile se ha avuto un senso. Per Proust è la vera eleganza. Ha una componente inattuale perché ha in sé un tempo perduto ed il rimpianto di averlo lasciato andare. Componenti che debuttano nel Paleolitico superiore con l’uomo Cro-Magnon, rappresentate nella Grotta di Lascaux e nella Grotta Chauvet, scoperta di recente in Francia, attraverso bisonti, mammut, leoni e una figura antropomorfa, sintesi di umano e bestiale, maschile e femminile che perdura negli idoli neolitici anche in Sardegna. L’intreccio tra realismo, magismo, ritualità era reso possibile da forme di accumulazione che consentivano ad un individuo speciale di assumere, in una comunità, ruoli di mediazione tra orizzonti, saperi, generazioni e di essere arbitro della memoria collettiva e della sua trasmissione. La sua tecnè connota la maniera della rappresentazione di manufatti, il cui prestigio definisce un’appartenenza che nell’isola si manifesta precoce nelle conchiglie della Grotta Corbeddu di Oliena o nei microliti di ossidiana, sa pedra crobina (nera come il corvo). Attraversa i millenni e produce lo scintillio che illumina i musei sardi che attendono di essere frequentati dagli eredi di tanta assoluta eleganza. |