La migliore politica sociale? Nuovi posti di lavoro [di Pietro Casula]

sardegna

Il cambiamento strutturale è inarrestabile. Continuare a discutere, filosofare sulle cause, sulle origini dello svantaggio economico isolano è irrilevante. Adesso bisogna cambiare passo, bisogna avviare il rinnovamento, l’epoca dei grandi cambiamenti strutturali. Oggi l’unico rimedio è riformare il tessuto produttivo con proposte che guardino al futuro.

Oggi come non mai la sostenibilità della globalizzazione e della democrazia viene messa in discussione. Lo stesso processo di integrazione pacifica europea è incerto. La digitalizzazione ha già iniziato cambiare fondamentalmente la vita economica e il mondo del lavoro. Politiche basate più sulla prevenzione che sulla cura, dovrebbero essere le più idonee a garantire – anche in futuro – un alto livello di partecipazione sociale. E i migliori criteri sono la capacità di adattamento, di flessibilità e nuovi posti di lavoro. Tanto più nel momento di un cambiamento radicale dal precedente all’attuale mondo di lavoro 4.0.

Fluttuazione e flessibilità saranno gli elementi determinanti  del futuro mercato del lavoro, e con questo dovremo arrangiarci. Chi, per il futuro, garantisce la sicurezza di carriera e di progetti individuali di vita, promette certamente qualcosa di forte dal punto di vista di azione politica, ma sono promesse a cui non può adempiere. La politica, invece, dovrebbe abbandonare il „perpetuo modus campagna elettorale“ e occuparsi seriamente di due cose.

In primo luogo le attuali  e future generazioni (di lavoratori) dovrebbero essere messe ulteriormente in grado di adattarsi sempre alle nuove circostanze, ai nuovi cambiamenti. La base dovrebbe crearla una buona formazione scolastica  che trasmette le caratteristiche fondamentali della moderna vita economica ( interesse, interesse composto, valori reali e nominali ) cosi da infondere ai giovani il coraggio di organizzare la loro carriera, la loro vita.

In secondo luogo la politica dovrebbe dare la massima priorità ad attrattive condizioni generali per lo  sviluppo economico. Solo allora si investirà di più, si creeranno nuovi posti di lavoro. Al contrario, tutti i tentativi di fermare il cambiamento strutturale sarà destinato al fallimento. Quindi, è meglio concentrare gli sforzi per mettere a disposizione un contesto in cui si possano creare tanti nuovi posti di lavoro.

Nei due campi d‘azione esistono, per la politica della RAS, possibilità per distinguersi da altre regioni. È chiaro che il successo economico regionale dipende largamente dalle oscillazioni di economia generale del Paese. E le riforme economiche e del lavoro volute, o meglio, imposte dal governo Renzi non hanno, purtroppo, contribuito né a migliorare la situazione economica, né a ridurre la disoccupazione di massa consolidata negli ultimi decenni e questo particolarmente in Sardegna. Con la conseguenza che hanno ripreso i flussi migratori di giovani lavoratori e studenti che non trovano sbocco nel  mercato di lavoro regionale.

Nel confronto tra regioni l’alto tasso di disoccupazione e il rischio di povertà sono per la nostra regione  tanto tipiche quanto le grandi e permanenti disuguaglianze locali. Tra l’altro, le differenze nella struttura demografica non sono state ancora sufficientemente affrontate, nonostante queste abbiano un significativo impatto sulla redditività futura per le attività economiche locali.

Regioni/zone con relativamente pochi giovani lavoratori  hanno generalmente una bassa produttività e scarsa innovazione. Proprio in tempi di ampia digitalizzazione dove i giovani, appunto, per la loro pronta capacità di comprensione sono urgentemente richiesti. Inoltre il cambiamento demografico pone un tema politico di notevole carica esplosiva. In seguito a molti anni di movimenti migratori giovanili, la popolazione sarda si trova già da anni in un „avanzato stadio di invecchiamento“.

Al contrario, in città come Cagliari, Olbia, Sassari, il successo economico si accompagna ad una forte immigrazione di giovani forze lavorative. Tuttavia non tutte le zone della Sardegna sono colpite in uguale misura dal cambiamento della struttura demografica. La situazione nelle città, città universitarie non è la stessa che nei paesi o nelle zone marginali. Al di la  di zone ad alta concentrazione urbana e industriale, con ogni probabilità si registrerà- a lungo termine – un enorme calo di popolazione.

Alla domanda su come può essere progettato con successo il futuro, la priorità assoluta non è certamente l’accertare  che questo svantaggio economico isolano deriva da una eredità storica  o se piuttosto riflette una linea, un programma politico sbagliato. Molto più importante è rendere possibile lo sviluppo economico partendo da questa situazione.

Il Paese, e in particolare modo la Sardegna, si confronta sia in campo nazionale che internazionale, in dura competizione per giovani talenti e giovani forze di lavoro. Questi giovani, oggi, si scelgono il luogo dove vivere, lavorare, fare carriera. Una regione come la Sardegna li può attirare solo con una fiorente economia. Altro importante obiettivo . oltre alla immigrazione di giovani talenti – è quello di prevenire l’emigrazione dei giovani altamente qualificati.

Molti più fondi per l’istruzione, la formazione professionale e la ricerca sarebbe un primo passo importante. La politica, inoltre, dovrebbe segnalare al popolo, in modo chiaro e credibile, che una prosperante economia ed un mercato di lavoro efficiente sono la priorità della sua agenda politica.

*Presidente „Sardi nel mondo“

 

 

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