Maschilismo is back. Donne non caschiamoci: il potere che ci tocca è solo una presa in giro [di Natalia Aspesi]

Mio-figlio-è-femminista

L’Espresso17 luglio 2017 . E’ sempre un gruppo di maschi magnanimi che decide se dare una qualsiasi carica a una donna. E non perché sia brava. Ma solo per necessità burocratica: tra venti capi uomini ce ne vuole almeno una per fare parità.

Signore state in guardia, soprattutto se siete videogeniche e attorno ai 40. I maschi come sempre tramano contro di voi, e qualche ingenua ci è già cascata. All’erta, all’erta! Se per caso simpatizzate stoltamente per un partito o movimento o ancor peggio vi fate parte, oppure se un vicino di casa, un parente, il vostro salumaio, il compagno di università di vostra figlia, o addirittura un pezzo grosso della politica, vi stanno circuendo, lusingando, muratevi in casa, oppure fuggite in chador dove alle donne è proibito anche guidare la macchina. Che libertà!

In ogni caso siate furbe e forti, lo siete sempre state nei secoli, per salvarvi. Sappiate dire fermamente di no con la scusa che essendo donne, non meritate simili onori né sareste in grado di esercitarli: parlamentare, governatore, sindaco, ministro, sottosegretario, addirittura premier o capo di Stato?

No grazie, sbrigatevela da voi, uomini di potere, il  casino è vostro, voi vi siete dimenticati del paese che sta imparando ad arrangiarsi senza e a non darvi più fiducia, mentre litigate per cose che non sfiorano nessuno, le alleanze, le scissioni, le correnti, in continuo fermento, le elezioni ogni giorno spostate, o domani o tra un anno, e soprattutto in quella che un tempo si chiamava sinistra ogni giorno c’è uno che salta su tutto contento per dire che no, lui è contrario: a qualsiasi cosa.

E magari  il governo attuale qualcosa di positivo lo sta facendo, ma il fragore di chi è già oltre e sta guerreggiando per il prossimo, è così invadente, che non si riesce a saperne quasi nulla. E intanto non un pensiero per noi che poi dovremmo votare, e siamo oltre le mura, in un polveroso deserto dei tartari.

La situazione sarebbe meno oscura se anche le donne si facessero sentire? Nel mondo, le donne si impegnano di più, occupano cariche di grande importanza non solo politica: e per esempio 9 sono capi di governo, 10 capi di Stato. È vero, ma non è detto che le signore che governano il Bangladesh o il Nepal assicurino con premura materna una vita migliore al loro popolo, né che quelle della Birmania o della Polonia siano contente del loro eventuale potere e lo possano esercitare  con una certa autonomia.

Certo, Angela Merkel è il più potente personaggio politico d’Europa, e anche il migliore. Certo Theresa May, rieletta premier d’Inghilterra, pur fustigata per la Brexit, rappresenta  liberamente, se non quietamente, il suo potere, e così Nicola Sturgeon della Scozia, e Ada Davidson, lesbica dichiarata, che è la diretta rivale della May nel suo stesso partito, quello conservatore.

Forse gli italiani e le italiane sono diversi, più familisti, più antichi, più ateo-cattolici? Le donne più pigre, gli uomini più presuntuosi? In ogni caso è sempre un gruppo di maschi che decide se dare una qualsiasi carica a una donna: che non è mai la prima persona a venire in mente anche se bravissima, ma una necessità burocratica: tra venti capi uomini ci vuole almeno una donna per fare parità e democrazia! In tutto, anche nell’esercizio della politica.

Capita pure che una donna venga proposta come specchietto per le allodole: carina, intelligente, con una sua professione, docile, anche coraggiosa, tanto da accettare una carica pericolosissima che nessun maschio furbastro vorrebbe, e lei,  sprovveduta, per ambizione o stoltaggine, invece dice di sì, tutta contenta: sa che i suoi l’aiuteranno, anzi faranno tutto loro, lei dovrà solo apparire in giro ben pettinata e se sindaco, con la fascia tricolore, e ripetere sempre lo stesso discorsetto senza mai cambiare espressione.

I suoi sanno che potranno manovrarla come vogliono, governare senza esporsi, se poi non funziona, si sa, è una donna! Però il progresso c’è: anni fa se una donna si opponeva a qualcosa c’era sempre il furbone che diceva, per forza, ha le sue cose! E non è passato molto tempo da quando tra i nostri uomini di governo c’era chi accusava gioiosamente la Merkel di essere una culona.

Ancora oggi in Italia una culona, fortunatamente per lei, difficilmente verrà presa in considerazione per affidarle un ruolo importante, decisionale: perché, lo sappiamo, le culone non saprebbero farlo, sotto lo sguardo contrariato degli uomini.

In tutto il mondo, nei paesi provvisti di parlamento, la media delle donne elette è del 22%; nei paesi nordici è del 41%; però in Italia non sono poche, il 31,4%. Ma non è un gran segnale, pensando che ci sono più donne che uomini nei parlamenti del Ruanda e della Bolivia. In quanto ai ministri, se nel governo Renzi le donne erano 8 su 16, cioè la metà, nel governo Gentiloni i ministri sono 18, le donne 5. Meglio così, meno fastidi, meno grattacapi, meno insulti sessisti, come invece deve ancora sopportare la presidente della Camera Laura Bodrini, bella, brava e paziente.

Dove se ne stia andando un’Italia furibonda non si sa, l’informazione comunque pare molto contenta perché, dicono, il disastro le giova. Ma è proprio in questi momenti incomprensibili, nell’emergenza o nella fine, che la verità viene a galla: a parlare, gridare, dire la sua, arringare, minacciare, insultare, litigare, attaccare, sono solo o quasi soltanto, uomini, anche i dimenticati, i pensionati, quelli che avevano giurato di occuparsi solo di bimbi africani o di Sacre Scritture.

In questo momento pare che il parere delle signore, di qualsiasi carica godano, non sia essenziale, non partecipano al mega e inconcludente dibattito: e qui sta il pericolo, perché quando il ginepraio sarà irrisolvibile del tutto, e governare impossibile, come sempre hanno fatto in passato per professioni scadute socialmente ed economicamente, gli uomini, magnanimi libereranno il campo e verrà chiesto alle donne di rammendarlo, erano tanto brave in passato a farlo con le calze! No grazie.

 

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