Non solo Siracusa, in Italia il danno è di 250 miliardi [di Giampiero Calapà]
il Fatto Quotidiano, 23 luglio 2017 . Il sequestro degli stabilimenti Esso, Isab Nord e Isab Sud del polo petrolchimico di Siracusa è soltanto un granello di sabbia nei numeri devastanti dell’inquinamento italiano: un mostro da 250 miliardi di euro di danno con 15 mila siti da bonificare per 7.300 chilometri quadrati. La cifra di 250 miliardi è l’ammontare del danno ambientale che si ottiene considerando i costi delle bonifiche e l’ospedalizzazione di persone ammalate per colpa dell’inquinamento, considerando solo le aree in emergenza estrema, non tutte inserite nei Sin (siti d’interesse nazionale). Nelle cosiddette Aree Sin, appunto, 44 territori da bandiera nera ambientale, il numero stimato di morti per inquinamento è di 10 mila. Poi c’è la direttiva europea 20 04/ 35/C e che applicherebbe il principio “chi inquina paga” ma che è lettera morta. Le bonifiche, in Italia, costano mediamente tra 450 mila e un milione di euro per ogni ettaro inquinato: dal 2002 al 2013 i fondi stanziati dallo Stato per le bonifiche sono stati 2,3 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti 1,8 miliardi dei privati. Perché spesso, oltre alla prescrizione penale – che per reati ambientali ammontano a 80 mila casi tra il 2004 e il 2013 – c’è anche la prescrizione economica, nel senso che il principio “chi inquina paga” si perde nel vento. Un elenco parziale dei siti più inquinati del Paese traccia una profonda ferita al veleno dalla Lombardia alla Sicilia. Dal Sud al Nord l’elenco nero del Paese. Sin di Taranto. L’area, 125 chilometri quadrati, lungo 17 chilometri di costa, comprendente il mostro dell’Ilva, ma non solo, è un danno che ammonta a 9 miliardi di euro. Oltre all’Ilva e alle sue discariche bisogna considerare la raffineria Eni, le due centrali termoelettriche ex Edison passate all’Ilva, la centrale Enipower, la Cementir, due inceneritori, la discarica Italcave, una delle più grandi basi navali militari del Mediterraneo, l’arsenale militare ed altre piccole e medie aziende. Discarica di Bussi. Il caso dei veleni riversati nel fiume Pescara è stato considerato dal ministero dell’Ambiente un danno vicino ai 9 miliardi di euro. Centrale Porto Tolle. L’impianto termoelettrico dell’Enel in provincia di Rovigo è causa di un danno ambientale, stimato dall’ente governativo Ispra, vicino ai 3 miliardi di euro. Ex Pertusola Sud. L’impianto per la produzione dello zinco costruito nel 1928 e dismesso nel 2000 ha provocato danni per 3 miliardi di euro nell’area di Crotone, in Calabria. Petrolchimico Priolo. Il polo di Augusta, in Sicilia, è uno dei disastri più grandi d’Italia: per disinquinare l’area occorrono almeno 10 miliardi, i danni sanitari e ambientali superano già altri 12 miliardi di euro. Chimica Caffaro. A Brescia lo stabilimento ha inquinato ininterrottamente dagli anni Trenta del 900 e l’Ispra stima un danno di almeno 1,5 miliardi di euro. Carbone pugliese. Le centrali di Brindisi, area Sin, provocano un danno di 3,5 miliardi. Fiume Toce. La Syndial dell’Eni è stata condannata a pagare quasi 2 miliardi di euro per aver contaminato il Lago Maggiore attraverso il Toce tra il 1990 e il 1996. Frosinate. L’area a sud di Roma è un’emergenza ambientale nazionale, almeno un miliardo il danno provocato da diverse industrie nella Valle del Sacco, tra cui la Caffaro. Grado e Marano. Le lagune, nel Friuli Venzia-Giulia, sono state vittime della presenza della chimica Caffaro: il danno stimato è di un miliardo. Cogoleto. Nella riviera genovese c’è uno dei siti più inquinati d’Italia, dove l’ex stabilimento Stoppani per trattamento del cromo ha provocato danni per quasi un miliardo e mezzo di euro. Bonelli:”I colpevoli non pagano mai”. ” Chi ha inquinato – denuncia Angelo Bonelli, coordinatore dei Verdi e autore di uno degli esposti che hanno portato al sequestro del petrolchimicodi Siracusa – e attentato alla salute degli Italianinon ha mai pagato. Rimangono ancora da bonificare almeno 7.300 chilometri quadrati in Italia e la popolazione esposta alla contaminazione di queste aree è almeno il 12% dell’intera popolazione nazionale“.
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