Nasce con l’Unità d’Italia la tabe razzista di oggi [di Nicolò Migheli]
Dall’Espresso del 20 di agosto 2017. Tratto dalle cronache italiane di agosto. 1. Cervia. Niente lavoro in albergo:”Non posso mettere ragazzi di colore in sala:” 2.Ostia. Dopo le ronde in spiaggia Casa Pound caccia gli abusivi da piazza Anco Marzio. 3.Mantova. Ragazzo pestato dai naziskin nel centro della città. 4. Salerno”Il fascismo ha reso grande l’Italia” il cartellone shock di Noi con Salvini. 5. Torino Commerciante boccia aspirante commessa: sta con un africano. 6. Latina Insultate e cacciate da un ristorante: “Voi trans non vi vogliamo” 7. Margherita di Savoia. Rifiutata la casa vacanze affittata a copia di italo-cubani:”Non potete entrare, siete neri” 8. Verona quindicenne esclusa da gara canora perché nera: “Non sei un’italiana vera. Un sacerdote toscano porta dei ragazzi di colore in piscina a sue spese, pubblica le foto sui social, viene investito di contumelie. Forza Nuova, movimento neofascista, pretende di controllare la cattolicità del prete. In occasione del terremoto ad Ischia sono ricomparse le scritte Forza Vesuvio, la solidarietà è diventata pelosa, la colpa dei crolli data esclusivamente all’abusivismo, specialità italiana e non solo campana. Si potrebbe continuare visto che i comportamenti razzisti e discriminatori sono diventati trasversali ed investono anche quadri locali del PD come ha scritto La Repubblica il 26 agosto ultimo scorso. Nel 2016 una ricerca del Pew Research Center aveva mostrato come l’Italia sia il paese più razzista e intollerante tra i sei paesi più popolosi d’Europa. In Italia l’86% degli intervistati è ostile ai rom, il 61% ai musulmani e il 21% agli ebrei. In Francia, il 60% ostile ai rom, il 24 ai musulmani, il 7 agli ebrei. In Polonia, 48% ai rom, 56 ai musulmani, il 28 agli ebrei. In GB, 37 ai rom, 19 agli islamici, 7 agli ebrei. Spagna, 35 ai rom, 42 ai musulmani, 9 agli ebrei. Germania 34% ai rom, 24% ai musulmani, 9% agli ebrei. Altre ricerche hanno dimostrato che il 50% degli italiani percepisce l’immigrazione come fenomeno molto negativo e di cui aver paura. Se è comprensibile, ma non accettabile, la diffidenza nei confronti dell’islam associato sempre al terrorismo, è il razzismo interno che spiega l’animo degli italiani. La maggioranza dei rom sono cittadini italiani da generazioni, eppure la diffidenza e l’ostilità nei loro confronti resta altissima. L’unica spiegazione possibile e la non accettazione da parte degli altri italiani della diversità. Gli ebrei in Italia sono circa 36.000, quelli romani sono la comunità più antica d’occidente, precedente di qualche secolo al cristianesimo, eppure il 21% ne diffida e ne è ostile. Di sicuro la maggioranza di quelli che hanno espresso parere negativo non hanno mai incontrato un ebreo in vita loro. L’Italia e gli italiani hanno un problema forte con la diversità, sia essa di origine religiosa, etnica, sessuale. Una sorta di inconscio collettivo che ogni giorno che passa acquisisce sempre più adepti. Dove nasce un simile sentimento? Tralascio le cause economiche, l’impoverimento collettivo, la globalizzazione, che il più delle volte sono solo lo schermo dei comportamenti culturali; spiegano ma non giustificano. L’origine dei comportamenti razzistici è in quello interno, che si manifesta per la prima volta a fine Settecento nel Regno di Sardegna quando De Maistre diceva dei sardi:“sono più selvaggi dei selvaggi perché il selvaggio non conosce la luce, il sardo la odia… Razza refrattaria a tutti i sentimenti, a tutti i gusti e a tutti i talenti che onorano l’umanità.“ Addirittura il sardo sarebbe “sprovvisto del più bell’attributo dell’uomo, la perfettibilità.” Con questi sentimenti i Savoia si posero come fautori dell’unità d’Italia. La denigrazione dei popoli annessi, specie se questi si ribellavano ai piemontesi, fu continua. Nino Bixio, in una lettera alla moglie descrive così la Sicilia: Che paesi! Si potrebbero chiamare dei veri porcili! Questo insomma è un paese che bisognerebbe distruggere o almeno spopolare e mandarli in Africa a farli civili. Un atteggiamento che diventa pregiudizio e stigma quando le classi dirigenti nord-italiane si rendono conto che i contadini meridionali sono contrari all’abolizione del Regno delle Due Sicilie e si ribellano. Durante tutto l’Ottocento si era creata una cultura razzista che demonizzava le aree rurali, il Mezzogiorno e la Sardegna, con alcuni intellettuali locali che si mostrarono volenterosi collaboratori. Tra gli esemplari più notevoli di quest’ultimo genere, l’ineffabile Paolo Orano che in una sua ridevole «Psicologia della Sardegna», del 1895, dopo avere a lungo sproloquiato sull’«orrendo lavorio di degenerazione morale e fisica» che minava la razza sarda, graziava la sua metà femminile del seguente giudizio: «La moralità della donna in Sardegna è una cosa così difficile a capire ed a chiarire», perché si sbandierano virtù e pudore, e ci sono invece paesi «dove la donna si dà con tutto l’abbandono selvaggio senza sapere assolutamente che ciò è male, senza avere idea alcuna d’alcuna moralità… Andate e fatevi narrare fino a che punto possa arrivare a Nuoro il pervertimento sessuale». [Gian Giacomo Ortu, La Nuova Sardegna 19-06-2001]. Paolo Orano, poi eletto in parlamento dai sardisti. Una condizione culturale che il positivismo aveva rafforzato con le misure craniali di Lombroso e Nicefaro. I sardi poi verranno recuperati alla “razza ariana” dal conterraneo Lino Businco, estensore con altri del Manifesto sulla Purezza della Razza. Mussolini non poteva permettersi che una parte del territorio del regno fosse abitata da una “razza” non ariana. Emilio Lussu su Giustizia e Libertà del 21 ottobre 1938, polemizzò con quelle leggi, rivendicando ironicamente per sé e per i sardi l’appartenenza al semitismo. Si schierò con gli ultimi e i demonizzati, con quelli che poi sarebbero finiti dentro le camere a gas. Duole dirlo, ma unità politica italiana e razzismo si sono intrecciati fin dal 1861. È in quel fare gli italiani il momento fondante. Una concezione esclusivista che non riconosce valenza alle culture altre, che cancella le lingue locali. L’avventura coloniale, fece il resto, facendo scoprire agli “ariani” d’Italia il selvaggio da civilizzare e da tenere rigorosamente separato però. Jung riconobbe i prodromi del nazismo e della sua potenza distruttiva psicanalizzando dei pazienti tedeschi. In essi trovò l’inconscio collettivo che la teoria völkisch aveva suscitato. Mentre la Germania, nel bene e nel male, è riuscita a fare i conti con il proprio passato, l’Italia con il mito della brava gente, non l’ha mai fatto. Assistiamo attoniti alla ricomparsa carsica del pensiero razzista che anche qui sta diventando senso comune. Quanto ai sardi che dire? Anche loro sono dentro quei meccanismi culturali, ne sono vittime e carnefici. Contro questa acquiescenza bisognerebbe impegnarsi tutti in prima persona, soprattutto chi ha strumenti critici per svelare il grande inganno che si sta facendo sulla nostra pelle. Dovrebbe essere la prima battaglia, se si hanno a cuore le sorti dell’isola e della nostra dignità umana. Tutto il resto viene dopo.
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