Il grande affare del mattone sulle coste della Sardegna. L’alt del Ministero contro le “deroghe” che piacciono al Qatar [di Paola Pintus]

Cstelsardo

iscali notizie  5 settembre 2017. E’ scontro totale sulla tutela del paesaggio in Sardegna.  Non solo all’interno della stessa maggioranza di centro sinistra che governa l’isola e che vede contrapposti “revisionisti” e “difensori” del PPR (il Piano paesaggistico regionale che per volere dell’allora Governatore Renato Soru, stabiliva il principio dell’inviolabilità delle coste nella fascia dei 300 metri dal mare).

Il dibattito si allarga ormai anche a  livello nazionale, dopo che da Roma, qualche giorno fa, è arrivato lo stop ad una “leggina” propedeutica al varo del contestatissimo ddl Urbanistica della Giunta Pigliaru,  la normativa quadro su edilizia e territorio che in teoria dovrebbe armonizzare i principi del PPR e completarne l’attuazione dentro una cornice più ampia ma che finora ha suscitato un crescendo di critiche e di preoccupazioni da parte di ambientalisti, tecnici ed intellettuali: fra gli altri, Beppe Severgnini, Giulia Crespi, l’urbanista Edoardo Salzano, il magistrato Paolo Numerico.

L’ultimo nell’ordine di arrivo è il presidente del Fai, Andrea Carandini, che dalle colonne del Corriere indirizza una lettera aperta al Presidente della Regione, Francesco Pigliaru, invitandolo a “tutelare il patrimonio ambientale della Sardegna”. Ma il livello dello scontro è anche, e forse soprattutto politico. Lo si è capito all’indomani dello stop da parte del Governo alla cosiddetta “leggina” propedeutica, con un durissimo botta e risposta fra il Mibact, intervenuto per difendere le scelte dell’esecutivo, e la Regione Sardegna.

Bocciata, perché “in contrasto con quanto previsto dalle norme statali in materia di paesaggio”: il 29 agosto il Consiglio dei Ministri, su proposta del premier Paolo Gentiloni, ha impugnato la legge regionale n. 11 del 3 luglio 2017, “Disposizioni urgenti in materia urbanistica ed edilizia”, contenente fra l’altro una controversa disciplina sugli usi civici (oltreché norme esplicative e semplificative relative all’attività concessoria dei comuni e norme paesaggistiche connesse alla pianificazione urbanistica ed edilizia degli enti locali).

Le disposizioni contenute nel testo”, spiegava la nota del Governo “sono state considerate fuori dalle competenze statutarie assegnate all’Isola nell’ambito dello Statuto speciale di cui gode in quanto regione autonoma, violando in questo modo l’articolo 117, secondo comma, lettera S, della Costituzione”.  La Regione, per bocca dell’assessore competente all’Urbanistica, Cristiano Erriu, aveva criticato aspramente la decisione del CdM, annunciando ricorso.

Ma a difendere le scelte del Governo era intervenuta, con una nota durissima, la sottosegretaria al Mibact Ilaria Borletti Buitoni, sottolineando il pieno allineamento fra le scelte dell’esecutivo e le valutazioni del Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini “il Consiglio dei Ministri ha deciso di impugnare la legge regionale sull’edilizia, approvata a metà luglio dall’assemblea regionale sarda. Non si tratta di una notizia secondaria, per diverse ragioni. La prima, è che il Governo con questo atto conferma che la tutela del Paesaggio è entrata nell’agenda politica nazionale”.

Parole che suonavano quasi come un avviso alla Giunta Pigliaru: il vento è cambiato, l’orientamento dell’esecutivo Gentiloni e quello specifico del Ministero è improntato al rigore, non alle deroghe sul paesaggio. Un assist importante per gli ambientalisti e per quanti, da posizioni di minoranza dentro il Partito Democratico della Sardegna, denunciavano il pericolo di una deregulation totale dietro il superamento del PPR Soru, con il rischio della speculazione sempre in agguato.

Ma non basta. In quella nota, c’era anche un altro messaggio, tutto politico, per la Giunta sarda:  “Il governo ha deciso di procedere nonostante la famiglia politica della Giunta e del Ministro competente (e proponente, in Consiglio dei Ministri, dell’impugnazione) sia la stessa”.

Insomma, la Borletti Buitoni, alias Dario Franceschini faceva sapere chiaro e tondo che davanti al bene supremo del paesaggio non vale “nessuna pressione corporativa, interesse economico o appartenenza politica. E questo il MiBACT cerca di farlo ogni giorno attraverso l’opera meritoria delle proprie Sovrintendenze”. E poco importa che in una nota successiva, il 4 settembre, la Borletti Buitoni abbia parzialmente corretto il tiro riguardo l’aspetto specifico degli usi civici, sulla base di alcuni rilievi (controcorrente) giunti dall’associazione ambientalista Gruppo di intervento Giuridico.

Secondo il portavoce del Grig, Stefano Deliperi, da tempo impegnato nella battaglia in difesa degli usi civici “la legge 11 impugnata dal Governo, prevede esplicitamente il raggiungimento di accordi di copianificazione fra il Mibact e la Regione Sardegna per i casi di permuta e alienazione di terre a uso civico (art. 37), trasferimento dei diritti di uso civico (art. 38) e sdemanializzazione e contestuale trasferimento dei diritti di uso civico (art. 39). Si tratta, in ogni caso, di provvedimenti che non possono essere adottati sino alla sottoscrizione dell’accordo che riconosce l’assenza di valori paesaggistici determinati dall’uso civico”.

Insomma, secondo Deliperi non solo il Mibact non verrebbe estromesso dalla copianificazione, ma manterrebbe un potere di controllo vincolante. L’impugnazione, per contro, comprometterebbe alcune novità positive della normativa regionale, come quella che sanciva, per le trasformazioni irreversibili avvenute prima della legge 431/85 (da cui data l’imposizione del vincolo paesaggistico) il principio della sdemanializzazione a patto che i diritti d’uso civico fossero trasferiti su altri terreni di proprietà comunale o regionale con valenza ambientale.

Non la pensa così l’architetto paesaggista Sandro Roggio, già componente del Commissione Urbanistica regionale (Ctru) nella fase di approvazione del Ppr voluto da Soru ed oggi schierato contro il ddl Urbanistica della Regione Sardegna. Secondo lui la “leggina” rischiava di compromettere eccome la copianificazione del Mibact perché dava per scontate una serie di decisioni a livello locale da cui veniva di fatto estromesso il ministero.

Con la sua presa di posizione il Ministro difende il principio secondo il quale una legge regionale non può modificare il PPR, ossia conferma quanto già stabilito con la sentenza della Corte Costituzionale n. 189 del 2016. Il piano paesaggistico”, prosegue Roggio “è un accordo di pianificazione fra lo Stato e la Regione ed ha rilevanza sotto il profilo costituzionale, per quanto derivante dalle declinazioni dell’art. 9 della Carta“. Per Roggio “è un avviso che la Giunta Regionale dovrebbe cogliere evitando un vulnus pericolosissimo con la approvazione del Ddl, che rischia di aprire ua nuova stagione di assalto al paesaggio“.

Per capire meglio le sfumature di questo “vulnus” è utile, secondo Roggio, richiamare un articolo pubblicato il 31 luglio scorso da Repubblica, che mette in relazione il piano di investimenti qatarioti in Sardegna –dalla sanità al turismo- con le aperture della Giunta regionale Sarda alle modifiche del PPR: in ballo ci sarebbero milioni di investimenti. E di metri cubi sulle coste, anche dentro la fascia inviolabile dei 300 metri. Roggio punta il dito in particolare contro i famigerati articoli 31 e 43 del ddl Urbanistica, su cui  è in atto in questo momento un  braccio di ferro fra la minoranza soriana del Pd in sede di commissione e la maggioranza governativa prima dell’approdo in aula entro fine mese.

L’articolo 43 in particolare, introduce il principio delle “deroghe”  per  generici “Programmi e progetti ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico” ascrivibili all’iniziativa di “soggetti pubblici e privati”.

Un principio molto pericoloso, che se letto in combinato disposto col decreto Madia sulla Semplificazione rivela l’obbiettivo di bypassare totalmente le valutazioni del Mibact in materie di rilevante impatto ambientale. Il decreto stabilisce infatti che le Regioni potranno individuare procedure semplificate e accelerate in alternativa a quelle ordinarie –compresa la Conferenza dei servizi- per investimenti strategici di grande rilevanza finanziaria riguardanti insediamenti produttivi, opere di rilevante impatto sul territorio e per  l’avvio di attività imprenditoriali nonché di competenza delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, del patrimonio storico-artistico ed alla tutela della salute e della pubblica incolumità”.

“Ecco perché i motivi dell’opposizione del Mibact sono, in linea generale, del tutto fondati. Nel linguaggio istituzionale è come se, rendendo palese il suo orientamento in materia di copiaanificazione, il Ministero stesse tracciando una linea rossa, oltre la quale, diciamo noi, l’articolo 43 non passa”.

Anche Maria Antonietta Mongiu, assessore di punta della passata Giunta Soru, difende le scelte dell’esecutivo nazionale e non risparmia critiche a quello regionale:  “Il fatto che il Governo impugni una di queste norme qualificandole come incostituzionali dovrebbe indurre chi guida la Regione a riconsiderare l’intero ddl Urbanistica. Nel contempo, l’orientamento del Ministero dimostra che il PPR del 2006 non era frutto di una stravaganza estemporanea, ma di un’elaborazione profonda maturata nei decenni precedenti in Sardegna a partire dal del fallimento del modello petrolchimico e dalla rivalutazione del valore intrinseco paesaggio. Il PPR nacque in quella temperie, sfociata in un’elaborazione scientifica qualificatissima, sotto la guida del professor Edoardo Salzano, uno dei migliori urbanisti italiani, divenendo subito un modello di co-pianificazione virtuosa in Italia e in Europa. Ora non si capisce come una giunta erede di quella esperienza ed appartenente alla stessa famiglia politica possa così disinvoltamente pensare di tornare indietro di 50 anni. Mi auguro che ci ripensino” .

 

One Comment

  1. Maria Luisa Vargiu

    Bell’ articolo che dovrebbe far riflettere.
    La storia antica racconta che Onorio, imperatore romano di Occidente, avesse a Costantinopoli una grossa gallina di nome Roma, a cui era molto affezionato.
    All’ annuncio del sacco di Roma temette per la vita del pollo femmina e quando capì che il sacco era di Alarico e dei Goti (410) e riguardava la città eterna, tirò un respiro di sollievo.
    Con la caparbietà dei Goti si sta preparando il “sacco” delle coste sarde, ma preoccupa di più la sorte della grassa gallina di nome Sardegna dalle uova d’ oro per pochi.
    Eppure con un ” imperatore ” padrone di un intero pollaio dalle uova d’ oro, di quella se ne potrebbe fare un ottimo brodo per tutti.
    Sempre la Storia dovrebbe insegnare ai potenti, almeno perchè di queste poco nobili cose scrive !

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