Lettera aperta al ministro Franceschini e alla sottosegretaria Borletti Buitoni [di Maria Antonietta Mongiu]

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Alla c.a. del Ministro On.le Dario Franceschini, Alla c.a. della Sottosegretaria di Stato On.le Ilaria Borletti Buitoni

Egregio Ministro egregia Sottosegretaria, mi permetto di scrivere a due massimi esponenti della tutela in Italia, e lo faccio da semplice cittadina come oggi fanno migliaia di sardi e di sarde che credono nella Costituzione quanto nello Statuto Speciale della Sardegna. La vostra azione, finalmente, sta mettendo al centro della politica e del governo l’articolo 9 della Costituzione e di conseguenza la pienezza del Codice dei beni culturali e del paesaggio, “bibbia giuridica” non solo per l’Italia.

Il MIBACT, negli ultimi anni, è diventato un baluardo di fronte alle pressioni che, da più parti in Italia, giungono affinché si allarghino le maglie del controllo e del governo sostenibile dei territori. Non ultima giunge la Sardegna che, lungi dall’essere un caso particolare e “unico” nell’attuale vivace dialettica Stato-Regioni, si allinea ai poco edificanti esempi di speculazione nei territori.

Sardegna che è stata la prima tra le regioni italiane a promulgare il Piano Paesaggistico nel 2006, attuando la pienezza della Convenzione europea del paesaggio del 2000 e del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Per la sollecitudine della politica a recepire tali indirizzi e per i contenuti che capovolgevano il paradigma dello sviluppo, fino ad allora, figlio del consumo del suolo che per 50 anni aveva disconosciuto tale ricchezza ambientale, la Regione Autonoma della Sardegna ricevette il Premio europeo del paesaggio.

Finalmente l’isola si emancipava dal doppio stigma che già era esplicito nell’800, nelle parole di Paolo Mantegazza, intellettuale e parlamentare, il quale nel 1869 la definì “bella e infelice“; lo scrisse nel suo diario della prima – delle tante – Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni dell’isola. Da quel momento in poi tale contrasto ha giustificato la rinuncia alla bellezza, figlia dell’interdipendenza plurimillenaria tra ambiente e storia.

La posizione del Ministero e l’attività degli uffici periferici, nonché le reazioni della pubblica opinione alle ultime leggi e delibere regionali in materia di urbanistica e paesaggio, esplicitano che gli esiti del percorso di copianificazione intrapreso nel 2004 a difesa della Sardegna è largamente condiviso.

Il forte e convinto autonomismo delle popolazioni sarde non fa velo alle stesse nel sostegno ad un alto dirigente dello Stato e ai suoi vertici politici nelle loro attività di difesa convinta del mandato costituzionale, non esclusivamente dell’articolo 9 della Costituzione, quanto anche dello Statuto speciale della Sardegna e, infine, del PPR. Un percorso, quello di quest’ultimo, tutt’ora mancante e per il quale sollecitiamo in tanti l’estensione alla cosiddetta Sardegna interna, anche perché quello strumento vede nel Paesaggio non una statica forma estetica, quanto un patrimonio che, nel caso della Sardegna, è difficilmente ripetibile e rinnovabile, per stratificazione e densità storiche.

L’azione di confutazione alla legge regionale 11/2017, mossa da molteplici attori, non rappresenta una lotta di bandiera da parte di sodalizi e soggetti mossi da preconcetti ideologici, e pertanto spiace che la difesa di principi costituzionali da parte di cittadini e cittadine, lungi dall’essere apprezzata dalle Istituzioni locali, dia adito ad attacchi nei confronti di rappresentanti del Governo e dell’amministrazione dello Stato.

Spiace perché all’idea di maggior tutela del PPR finalmente anche lo Stato indistintamente vuole completa estensione di tale tutela in tutte le regioni. Si tratta di uno storico capovolgimento di paradigmi.

Spiace perché la difesa del territorio da strumenti urbanistici lesivi della sua integrità si innesta su lotte che, da anni a questa parte, sono diventate patrimonio collettivo: comitati, associazioni, cittadine e cittadini, sacrificano tempo e impegno perché non si prosegua sul piano inclinato. La Sardegna, pur con un bilancio demografico negativo, ha perso solo nell’ultimo biennio il 4% del suolo regionale: non regge la teoria che a maggiori cubature corrisponda maggiore progresso demografico ed economico, se tali processi non son governati da una visione realmente e non nominalisticamente sostenibile.

Ancora cemento, ancora deroghe. Pare una tenaglia quella che stringe la Sardegna tra scempi per impianti termosolari in aree agricole, quotidiane scoperte di depositi di rifiuti tossici (non ultima quella di metalli pesanti “nascosti” nel cemento della Strada statale 131), deregolamentazione dell’edilizia sulle coste, ripresa dell’industria pesante in luoghi in cui il suo fallimento si è decretato, inoppugnabilmente, due decenni fa. Accade questo, nel 2017, nel “laboratorio” legislativo descritto prima.

Non è pensabile  derubricare tali istanze come “ideologiche” o “giacobine“, ed accostare etimologicamente ciò alla posizione del MIBACT e del Consiglio dei Ministri. Attorno al concetto di “sviluppo“, complice la crisi, c’è chi segue ritenendo svendibile il paesaggio sardo per benefici per pochi e a breve termine. Contro quel concetto vi è il “progresso” che Pasolini propugnò, nella storica descrizione di Orte, lacerata nel corpo urbano in virtù, appunto, dello “sviluppo“.

Vi è in Sardegna una nuova forte autocoscienza del paesaggio e della storia perché quanto contenuto nella prefazione al PPR del 2006, che il paesaggio della Sardegna, come la lingua sarda, fa parte integrante dell’identità dell’isola, ha inerito profondamente nella presa di coscienza che quel valore non è più rinnovabile; in quanto tale è dunque da difendere perché su quel valore stesso si fonderà il presente e il futuro dei sardi.

Numerose forze intellettuali, comprese quelle generazioni che, grazie alla mobilità internazionale hanno riportato in Sardegna esperienze, competenze e conoscenze molteplici e stanno intercettando un largo sentire popolare e non solo delle elités, stanno promuovendo alternative al Disegno di legge sul Governo del territorio sardo del 16 marzo 2017.

Il fulcro è quello della sostenibilità, la sfida quella del delineare scenari economici di crescita non lesivi di ambiente e beni culturali. A tale scopo le iniziative supportate anche dalla rivista online SardegnaSoprattutto e da una serie di associazioni, corroborate da amministratori, professionisti e studiosi.

Nei giorni scorsi, a sostegno di questo largo movimento, è iniziato un percorso seminariale a titolo “Materiali per un’urbanistica sostenibile”, che porta molti di noi nelle comunità della Sardegna a discutere e proporre temi affinché il paesaggio, l’urbanistica e in generale l’ambiente siano un fattore decisionale collettivo e realmente partecipato, non avverso a istituzioni e politica, ma dentro processi democratici.

Gentilissimi, nel ringraziarvi per l’attenzione e l’ascolto, mi impegno ad aggiornarvi sugli sviluppi di tali vertenze. A Lei, Ministro Franceschini, che so essere particolarmente legato alla Sardegna, e ad una indimenticata Presidente del Fondo Ambiente Italiano che, da Presidente Regionale del FAI Sardegna fino al giugno scorso, ho avuto l’opportunità di conoscere.

Con cordialità

Maria Antonietta Mongiu

 

 

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