Il caleidoscopio dei Mediterranei (3) [di Mario Rino Me]

Pirrusdenoha

La Cina tra i  Mediterranei: Glaciale Artico (quarto Mediterraneo?) e Mar della Cina Meridionale. Ai geografi dei primo del secolo scorso, non era sfuggito lo spazio circoscritto di quello che noi chiamiamo Mar Glaciale Artico, che nella terminologia Francese e Inglese appare rispettivamente Ocèan Gacial Artique e Artic Ocean, verosimilmente per la sua vastità (circa 14 milioni di km2, con una significativa apertura tra le Svalbard e Groenlandia da una parte, estremo Nord della penisola Scandinava dall’altra, prima del noto gap Groenlandia-Islanda-Regno Unito (GIUK)).

E’ circondato da masse continentali, che sono rappresentate assieme a gruppi aborigeni da 8 Stati raggruppati in ambito Consiglio Artico [1]; tuttavia, i pochi scambi via mare tra di essi “non ha suscitato interesse a considerarlo come Mediterraneo”. In questa logica-duale (fisica e socio-politica), finché la calotta polare è rimasta allo stato di un massiccio blocco di ghiaccio, gli incontri biennali del Consiglio non hanno destato particolari attenzioni.

Ora però…come conseguenza dello scioglimento della banchisa per effetto dei cambiamenti climatici le cose stanno cambiando: iniziano ad apparire le prime rotte marittime utilizzate dalle navi mercantili per navigare  attraverso  parti se non per l’intero Artico.

La Cina è un osservatore permanente molto attivo nell’ambito del Consiglio dell’Artico. La crescita cinese non si limita alla sola economia e capacità militare (con tanto di costellazione di satelliti seconda generazione del sistema Beidou – concorrente-rivale del GPS assieme agli altri simili (europeo e russo): da seconda potenza per economia e per spese militari, essa infatti ambisce a ruoli coerenti nel governamento mondiale (Global governance).

Tutto questo accade in un momento storico in cui gli ex–paesi emergenti, di fatto emersi, reclamano a gran voce maggior e peso nelle Grandi Istituzioni a traino Occidentale, come le Nazioni Unite (N.U.), Fondo Monetario Internazionale (FMI), Organizzazione del Commercio Mondiale (WTO), Banca Mondiale. Esse sono le  architravi dei quell’ordine mondiale del Secondo Dopoguerra, propiziato da quello che si era definito come “the Beacon of Democracy”.

In risposta a queste istanze gli USA, che tanto hanno dato per crearli e sostenerli, non solo si stanno opponendo alla loro riforma, ma, come osserva l’editorialista Moisés Naim, hanno “iniziato ad abdicare ..perdendo leadership e influenza mondiale“ su alcuni dossiers scottanti come “la lotta contro il riscaldamento globale e la proliferazione nucleare, gli aiuti allo sviluppo, e il controllo delle pandemie globali..gli interventi per contenere le crisi finanziarie, la regolamentazione di Internet, le attività umane negli Oceani, Artico, Antartico, alcune delle aree in cui il peso specifico degli USA si è ridotto”.

Nel mondo fisico e nella realtà i vuoti, più prima che poi, sono riempiti. A ciò si aggiunge la decisione dell’attuale amministrazione di entrare a testa bassa e impelagarsi “in una disputa tribale” tra le monarchie sunnite del Golfo, schierandosi apertamente contro Qatar e Iran [2], in favore della parte Saudita che, di certo, non brilla sui temi e valori universali incardinati nell’ordinamento USA.

A parte l’erosione del piedistallo di autorevolezza, tutto questo non significa il tramonto della lonely power del momento, che per ricerca, innovazione, tecnologia, università e potere militare-informativo, mantengono il primato mondiale e, con esso, la capacità di influenzare gli eventi. Questa fase storica della parabola delle Grandi Potenze, che hanno superato il “punto culminante”, ben rappresentata dalla sovra-estensione extra limes, che l’autore definisce “imperial overstretch“, è stata trattata da Paul Kennedy nel suo noto “Rise and fall of Great Powers.”

Il che ci porta alle considerazioni di  Evan Luard sul decadimento del potere militare di fronte all’erosione del tempo, meccanica oggi confermata dagli commenti del Segretario alla Difesa USA James Mattis, che messo di fronte alle riduzioni degli aiuti all’estero al bilancio del Dipartimento di Stato, ha chiesto, forse sarcasticamente, di avere “più soldi  per acquistare comprare  più munizioni”.

Ed è proprio in questo quadro che la Cina ha deciso di seguire la sua strada: ha messo in piedi la sua Asian Infrastuctures Investment Bank, come replica, su scala minore beninteso, alla Banca Mondiale. La dinamica della crescita è strettamente connessa con la fase di espansione del Paese e fa venire alla mente quanto fatto in precedenza dalle potenze Occidentali.

La Cina sa di trovarsi in una posizione e fase delicata: penalizzata dalla geografia che la contiene con una serie di tre archi insulari [3] nonché da Alleanze a lei sfavorevoli, ha bisogno di  continuare a espandersi sul mare anche militarmente per assicurarsi il controllo delle rotte vitali per il suo sviluppo economico, ma, al contempo deve usare cautela per non innescare preoccupazioni nel vicinato e, di conseguenza, interventi esterni. La politica cinese segue le direttrici definite nella cosiddetta “linea dei nove trattini [di penna]” (o “lingua di bue”, tra le isole di Hainan e Taiwan, in base alla quale gran parte, circa il 90%,  delle acque del Mare della Cina Meridionale, vedi carta).

Naturalmente, gli interessi economici in gioco nella disputa si combinano con il controllo geostrategico degli spazi, con conseguenti riverberazioni sulla sicurezza regionale. In esito a  un ricorso alla Corte Arbitrale dell’Aja presentato dalle Filippine nel 2013, il 12 lug 2016, i giudici si sono pronunciati stabilendo che gran parte delle aree rivendicata dalla Cina in base alla predetta “linea”, sono in realtà acque internazionali.

Pechino, dopo aver fatto sapere di «non accettare né riconoscere» la pronuncia, dissimulando lo smacco, si è limitata a reagire con la vetrina del G20 di Hangzou del 4-5 sett 2016, dove il presidente ha rimarcato il ruolo di Pechino come “potenza responsabile”.

In questa prospettiva, oltre all’immissione in servizio di una seconda portaeromobili (costruita interamente in Cina), ha concluso accordi commerciali e definito progetti infrastrutturali che spaziano dal Bangladesh a Gibuti, al Pireo, Nigeria e Perù. In particolare, con la partecipazione allo sforzo della Comunità internazionale per contrastare il male della Pirateria nel Golfo di Aden e a esercitazioni congiunte anche con la NATO, nonché il contributo al sistema di Peace Keeping onusiano, dimostra la volontà di assumere responsabilità e ruoli coerenti con il rango di potenza globale.

Presenza cospicua di unità navali e acquisto di una parte della base Gibuti, peraltro a poche miglia da Camp Lemonnier, una delle installazioni all’estero più grandi e importanti degli USA, portano a uno scenario in cui  “I due rivali.. si ritrovano vicini di casa a Gibuti”. Questa importante presenza militare, a completamento di una fase di attività nel Continente Nero, si inserisce dunque in un rinnovato interesse per l’Africa.

Sul fronte importante della narrativa, la Cina  ha anche divulgato un selfie sullo sfondo del pianeta. Riscoprendo  il mappamondo di Padre Matteo Ricci  “si sta cartografando al centro del mondo“, come ha titolato Le Monde. “E’ un mondo capovolto per un occhio occidentale abituato alla rappresentazione del globo in vigore fin dal XVI secolo, attraverso la proiezione di Mercatore”. La rappresentazione, messa a sistema con la citata  “linea  dei nove trattini”, mette in risalto le arterie marittime di interesse strategico e le ambizioni di un paese, non limitate al rango di potenza marittima, in quanto chiamata a difendere i suoi interessi, anche a scapito delle proteste degli altri, che riguardano anche le isole Diauyu –Senkaku del Mar della Cina Orientale, contese con il Giappone.

La carta in questione è stata elaborata dal prof Hao Xiaoguang, membro dell’Istituto di Geodesia e geofisica dell’Accademia Cinese di Scienze Sociali è stata riportata su un documento del SIPRI di Stoccolma, sotto il titolo “La Cina si prepara per un Artico senza ghiaccio”. Per l’autore si tratta di una rappresentazione di “significato storico”.

E proprio l’Oceano Artico, ovverossia quello, a questo punto che potremo definire come il Quarto Mediterraneo, questa volta freddo ma ritenuto un importante forziere di gas, petrolio e minerali, è divenuto un soggetto di attualità internazionale. Il capovolgimento della rappresentazione tradizionale, oltre a mettere in evidenza il Sud, prima irrilevante nei giochi del potere globale, sta a indicare che la vecchia visione del mondo Occidente-centrico deve, quanto meno, tener presente i punti di vista dell’altra parte. Si fa riferimento all’uso della Proiezione Gall- Peters, al posto di quella tradizionale del Mercatore: a differenza di quest’ultima, la Gall-Peters, pur mantenendo le superfici, non conserva gli angoli, ma si presta meglio alla rappresentazione dell’Artico e mette in evidenza l’emisfero Australe.

Il ricorso a tale proiezione non è dunque casuale, in quanto mettendo in risalto la dimensione fisica dell’emisfero Sud, lancia il messaggio politico dell’asimmetria tra i pesi  politico e fisico nella bilancia della giustizia sulla distribuzione del potere.

Nella figura sopra-riportata, premendo i poli sul meridiano più a Occidente della Cina,  “Gli Stati Uniti appaiono capovolti, New York si trova nella parte occidentale”; tra Cina e Stati Uniti, si mette in risalto la maggior vicinanza attraverso l’Oceano Artico,  “che diventa un [nuovo n.d.r.] Mediterraneo circondato da Eurasia e America; e, soprattutto, il soprannome di “Regno di Mezzo” non è mai stato così appropriato anche questi tempi di “rinascita”, quando la Cina si pone sempre più come potenza competitrice degli Stati Uniti”. In particolare, la mappa del selfie mette in risalto:

  • la rotta tracciata in rosso, quella annunciata dalla Cina nel 2013 , relativa alla tratta marittima della Nuova  Via della Seta. Si potrà notare  l’hub del Pireo acquistato dalla Compagnia armatrice Cinese COSCO Shipping;
  • le rotte in azzurro, che rappresentano le arterie principali dove scorre circa il 90% del commercio marittimo e degli approvvigionamenti energetici cinesi;
  • nel Mar Cinese Meridionale, che si configura come spazio vitale, i triangoli rossi sono relativi agli spazi contestati, occupati militarmente e trasformati per assicurare funzioni di difesa e proiezione. L’evoluzione del Diritto del Mare e le prospettive di presenza di idrocarburi in quelle acque sono all’origine delle citate rivendicazioni su gran parte delle barriere di isole e isolotti/scogliere da parte dei paesi rivieraschi;
  • la rotta tratteggiata in rosso e quella polare del Nord con sbocco a Rotterdam. La via polare del Nord è più breve per raggiungere New York; manca, ma oramai se ne parla, l’analoga tratta per gli USA, che, doppiato lo stretto di Bering piega verso le coste dell’Alaska e gli spazi marittimi canadesi. Quella indicata nella carta è stata già solcata da unità della compagnia COSCO, nel 2013, 2015 e 16 grazie allo scioglimento dei ghiacci nella stagione calda, condizione quest’ultima cui il gigante asiatico si sta preparando. Parimenti sembrano già avviate le azioni necessarie per la questione delle necessarie predisposizioni per le funzioni di ricerca e soccorso;
  • nella parte meno ampia dell’Oceano Pacifico le relazioni tra le potenze motrici dell’economia, già forti tra USA e Giappone, non possono che essere destinate ad aumentare con la Cina per assicurare continuità e prevedibilità agli scambi e agli investimenti che li dovranno sostenere. Ma…si vedrà!!

Oggi le rotte Artiche, che non possono avere che caratteristiche stagionali , richiedono per la loro attivazione condizioni tecniche di salvaguardia dell’integrità fisica delle persone (safety) e politiche di sicurezza del contesto (security). Certo, l’Oceano Artico non sarà un Mediterraneo full fledged, come l’originale, ma, in ragione degli scambi più contenuti, una sua copia. Infatti, viste le condizioni ambientali decisamente inospitali per grandi comunità, appare difficile immaginare un rapporto costante tra le facciate esposte all’Oceano, se non per via indiretta, attraverso i fori di consultazione per la salvaguardia dell’ecosistema e la disciplina all’accesso ai forzieri sottomarini.

Note

[1]  Forum intergovernativo per promuovere la cooperazione, il coordinamento e l’interazione tra gli Stati artici, le comunità indigene dell’Artico e altri abitanti dell’Artico su questioni  comuni, in particolare sui temi dello sviluppo sostenibile e della tutela ambientale nella regione. In base alla dichiarazione di Ottawa  (1995), ne fanno parte Canada , USA , Federazione Russa,  Danimarca (Norvegia), Islanda, Norvegia, Svezia nonché Organizzazioni delle comunità autoctone artiche. Tra gli osservatori permanenti, la Cina e dal 2013 l’Italia. http://www.arctic-council.org/index.php/en/about-us. Il nostro paese partecipa in virtù del possesso dell’ex  base del Dirigibile Italia (isole Svalbards).

[2] Paese che ospita la più grande base USA in Medio Oriente ( circa 10.000 persone e un centinaio di aerei ) nonché una centrale di intelligence.

[3]  Due interni tra le Penisole Coreana e Vietnamita toccando Formosa, e tra Giappone-Filippine-Malesia e Indonesia rispettivamente. Esterno il terzo della congiungente Honshu-Sunto-Iwo Jima-Marianne

*Ammiraglio di Squadra (r)

Lascia un commento