La pianificazione dei trasporti come materiale per un’urbanistica sostenibile [di Francesco Sechi]
Sono 4 i pilastri che reggono la mobilità sostenibile: le persone, la crescita e l’occupazione, l’innovazione e la competitività, la sostenibilità. Ecco perché banalizzare il concetto di mobilità sostenibile confondendola con il veicolo elettrico, il cicloturismo o le pedonalizzazioni fini a sé stesse, significa non aver compreso cosa in realtà sia la mobilità. La mobilità non si genera per il piacere di muoversi ma è la conseguenza delle interazioni, delle relazioni e dalle occasioni che crea l’urbanistica e dal modo con cui esse vengono soddisfatte (infrastrutture e servizi di trasporto). Non comprendere questo significa attuare politiche ed interventi che incidono in maniera negativa ed inconsapevole sull’accessibilità, ovvero, sulla facilità di soddisfare le relazioni che l’urbanistica crea, spostando economie da alcune parti del territorio ad altre, impoverendo certe aree ed arricchendone altre, anche dal punto di vista sociale, ma con il risultato generale di un territorio “consumato”, inefficiente ed inefficace per gli spostamenti delle persone tendenzialmente più povero ed in regressione economica. Allora, se vogliamo uno ”sviluppo sostenibile” la pianificazione urbanistica e la pianificazione dei trasporti devono iniziare a dialogare perché è il modello urbano il primo responsabile del modello di mobilità che si genera, territorio urbano disperso, consumo di suolo significa mobilità in auto. Ma è anche lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto che genera l’occasione di sviluppi urbani insostenibili; la realizzazione di strade significa occasione di sviluppo di insediamenti dispersi. Laddove la macchina arriva ci posso costruire una casa, che importa se il trasporto pubblico non riesce ad arrivarci. La congestione stradale è oggi è la principale “scusa” per costruire strade e svincoli, le nuove strade risolvono temporaneamente il problema ma la riduzione dei tempi di percorrenza è l’occasione per andare a vivere più lontano, possibilmente in “villetta”, generando quindi un mercato per chi realizza case e centri commerciali (Sestu vi dice niente?) ed aumentando il traffico in autovettura privata che genererà nuova congestione che risolta con nuove strade e svincoli alimenterà la dispersione insediativa in un circolo vizioso senza fine. Ragionare seriamente sull’interazione territorio-trasporti è la base di uno sviluppo sostenibile e la pianificazione dei trasporti costituisce uno dei cardini del percorso di “Materiali per un’urbanistica sostenibile” promosso dall’Associazione L.A.M.A.S e dalla rivista Sardegnasopratutto e propedeutici al Convegno “Sostenibilità come opportunità di sviluppo della Sardegna”. *Ingegnere trasportista |
Ho letto il contributo di Francesco Sechi e lo condivido.
Aggiungo che quando si parla di infrastrutture di trasporto occorre avere chiaro che siamo in presenza di una rilevante rete infrastrutturale esistente, e che spesso quando questa rete non funziona si parla immediatamente di costruzione di nuovi segmenti che soddisfino la domanda, ma raramente di riqualificazione dell’esisteente e quindi di manutenzione ordinaria, straaordinaria e di adeguamento.
Occorre avere sempre davanti a noi il vicolo/obiettivo di evitare un ulteriore consumo di territorio, risorsa non rinnovabile. Il dissesto idrogeologico a mio avviso dipande anche dal continuo consumo della risorsa anche alterando equilibri preesistenti.
Spesso quando si parla di una strada si intende un’infrastruttura che collega A con B. Certamente la strada è anche questo, ma il sistema infrastrutturale di trasporto deve essere precipuamente visto in quanto parte di un contesto territoriale, finalizzato a riorganizzare il territorio, garantendo condizioni di accessibilità territoriale, di continuità territoriale, e quindi sviuppo equilibrato