Dietrologia caravaggesca. A Palazzo Reale di Milano il pittore lombardo raccontato da sofisticate diagnosi e nuovi documenti [di Ada Masoero]
Il Giornale dell’Arte, numero 378, Settembre 2017. Sono trascorsi 66 anni da quando, nel 1951, Palazzo Reale presentava la «Mostra del Caravaggio e dei caravaggeschi», ordinata da Roberto Longhi (1890-1970) che vi aveva distillato il frutto dei suoi studi sul maestro lombardo. Con essa Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (Milano 1571-Porto Ercole 1610) «rinasceva» dopo due secoli d’ombra, nella città in cui aveva visto la luce il 29 settembre 1571 (sebbene allora si desse per scontato che fosse nato a Caravaggio). Dopo la duplice rassegna del 2005, proprio il 29 settembre Palazzo Reale si apre nuovamente a Caravaggio, per presentare fino al 28 gennaio una mostra innovativa, frutto di sofisticate indagini diagnostiche e di recenti ritrovamenti documentari. Intitolata “Dentro Caravaggio” e curata da Rossella Vodret, la rassegna è promossa da Milano-Cultura, Palazzo Reale e MondoMostre Skira con Mibact e con Gruppo Bracco, che ha permesso di estendere le indagini diagnostiche anche a quelle opere che, giungendo da altre sedi, non erano state sottoposte agli esami compiuti dal Polo Museale di Roma (allora guidato dalla Vodret) sulle 22 opere autografe romane, in vista delle celebrazioni per i 400 anni dalla morte. Alla curatrice chiediamo di illustrarci le novità della mostra, che quando scriviamo può già contare su 18 opere, molte delle quali giunte da musei statunitensi. Dottoressa Vodret, le apparecchiature utilizzate ora sono simili a quelle usate nel 2009-12? Sì, sono simili e basate sugli stessi standard qualitativi, preliminarmente fissati dall’ingegner Claudio Falcucci, che ha coordinato le nuove analisi insieme all’Iscr, per garantire la confrontabilità dei risultati. Come renderete comprensibili al pubblico le immagini scientifiche? La chiave sta nell’allestimento progettato da Pierluigi Cerri, che ha avuto l’idea di esporle su supporti autoportanti, in modo che ogni dipinto abbia, sul retro, uno schermo su cui scorrono le proiezioni delle diverse indagini, mostrando in dissolvenza, con un’elaborazione grafica dell’Università Milano Bicocca e del Cnr, tutti gli strati sui quali il pittore è intervenuto. La mostra si ricollega a quella di Mina Gregori del 1992 a Palazzo Pitti a Firenze, che mostrava con i dipinti le immagini radiografiche. Quali le novità? La storica mostra di Mina Gregori è l’esempio cui ci siamo idealmente ricollegati. Le immagini diagnostiche, soprattutto quelle digitali di oggi, offrono una leggibilità migliore. Ora abbiamo scoperto molti nuovi dettagli: nel «Riposo durante la fuga in Egitto» della Galleria Doria Pamphilj di Roma, per esempio, sono apparse numerose incisioni e molte modifiche che allora erano sfuggite. Nel togliere la cornice per effettuare le indagini, abbiamo anche scoperto che il dipinto era più grande e che la tela gira intorno al telaio, tanto che uno degli alberi del paesaggio è scomparso alla nostra vista. Mentre nel «San Giovannino» di Palazzo Corsini abbiamo potuto individuare la presenza di un agnello, poi rimosso dallo stesso Caravaggio. Quali sono, invece, le novità emerse dai ritrovamenti documentari? Grazie alla ricerca coordinata da Michele di Sivo e Orietta Verdi sulle carte dell’Archivio di Stato di Roma, è emerso che la prima notizia di Caravaggio a Roma è della Quaresima del 1596. È verosimile che vi sia arrivato intorno a questa data e non, come si pensava, nel 1592, quando è documentato per l’ultima volta a Milano. Non sappiamo che cosa abbia fatto nei quattro anni di assenza di notizie: molti, per un artista morto così giovane e che ora sappiamo attivo solo per 14 anni. Non solo, Riccardo Gandolfi ha ritrovato a Londra la prima biografia di Caravaggio, scritta da Gaspare Celio nel 1614. Qui scopriamo che fu il pittore Prospero Orsi a promuovere Caravaggio presso il cardinal Del Monte il quale, innanzitutto, dovette «rivestirlo», perché lui, poverissimo, fu rintracciato dallo stesso «Prosperino», sguinzagliato dal cardinale, mentre dormiva nudo in strada. La mostra, che utilizzerà per la successione delle opere le nuove datazioni emerse dai documenti, intende porre l’accento sia sull’uomo Caravaggio, muovendo anche dalle sue stesse parole (spesso irriferibili, però) trascritte nei verbali dei processi, e sia sulle novità tecniche messe a punto nel 1600 per i dipinti della Cappella Contarelli a Roma, sua prima commessa pubblica, quando ideò la tecnica che gli permetteva di «estrarre» dallo scuro della preparazione le parti in luce. |