Il re è nudo [di Enric Marín]

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El Periódico, 19 ottobre 2017. La politica della paura applicata alla società catalana è un boomerang in termini politici e uno sparo sui piedi sul piano economico. Nel film Il settimo sigillo di Bergman c’è una scena in cui un personaggio dice: «Per quanto possa girare su te stesso, alla fine il culo ce l’hai sempre dietro». Non saprei dire se Rajoy o Sáenz de Santamaría apprezzino l’opera del regista svedese, ma di certo non sarebbe male se la conoscessero. Potrebbero capire che l’idea di applicare la ricetta basca alla società catalana è una garanzia per un completo fallimento.

E questo è ciò che i poteri dello Stato stanno facendo, con ostinazione degna di miglior causa. Il grave errore di valutazione di Aznar e della FAES [la fondazione di riferimento della destra spagnola, N.d.T] rispetto alla società catalana avvenne già alla svolta del secolo.

E a partire dal 2006 Rajoy ha cercato l’umiliazione della Catalogna per ottenere e mantenere l’egemonia in Spagna. Finora gli è andata piuttosto bene. Certo non è ragionevole che lo stesso uomo politico che ruppe il patto costituzionale in Catalogna tra il 2006 e il 2010 [con la raccolta di firme per interdire 15 articoli del nuovo Estatut, poi revocati dal Tribunale Costituzionale, dopo l’approvazione nei due parlamenti e in un referendum dalla cittadinanza, N.d.T.] faccia oggi appello alla retorica vuota della sensatezza e della legalità costituzionale. Neppure il più sofisticato trasformismo può fare passare un piromane per pompiere.

Era tutto pianificato e programmato. «Per quanto possa girare su te stesso, alla fine il culo ce l’hai sempre dietro». Non c’è dialogo possibile per ridefinire lo stato delle relazioni tra Catalogna e Spagna che non parta da tre condizioni: il riconoscimento della Catalogna come soggetto politico, la correzione di rotta rispetto al golpe all’ordine costituzionale culminato nel 2010 e il ritiro immediato delle misure repressive esercitate su alte cariche dell’amministrazione pubblica e sui leader della società civile. Questo però non accadrà nemmeno nei sogni più ottimisti dei massimi sostenitori delle terze vie.

Con Pedro Sánchez [segretario del PSOE] che si abbassa a fare lo scudiero di Rajoy, e Rivera [segretario di Ciudadanos] che emula con autocompiacimento le gesta di Lerroux (Politico radicale che finì alleato di Franco durante la Guerra Civile N.d.T.), il Governo del PP ha già deciso di premere il pulsante dell’articolo 155. Nessuna sorpresa.

Di fatto, l’arresto di Sánchez e Cuixart, fortemente voluta dalla Procura generale dello Stato, è stato una vera dichiarazione di principio. Era tutto pianificato e programmato, e gli eccitati pennaioli della stampa dinastica spagnola sono ormai da settimane con l’acquolina in bocca davanti all’orgia repressiva che si prospetta. Il clima informativo madrileno ricorda un po’ la situazione di falsa euforia che si visse alle porte della guerra di Cuba. Sapranno loro perché.

Il sabotaggio della Catalogna, la bancarotta della Spagna. Con il commissariamento dell’autogoverno [da parte della Spagna] e la dichiarazione formale di indipendenza [della Catalogna] entriamo in un nuovo ciclo repressivo le cui conseguenze non sono facili da prevedere. Sappiamo, peraltro, che per l’UE il limite alla repressione non sono i diritti umani ma la stabilità dell’euro e la gestione del debito nel Regno di Spagna.

Sappiamo anche che la politica della paura applicata alla società catalana è un boomerang in termini politici e uno sparo sui piedi sul piano economico. Sabotare l’economia catalana significa provocare la bancarotta dell’economia spagnola. Tempo al tempo. Il vento in poppa che ha favorito la crescita economica degli ultimi anni ha già una data di scadenza.

Per altro verso, allineandosi con malcelato entusiasmo al grido di «a por ellos!» («diamogli addosso!»), il re Felipe VI si è situato sullo stesso livello del bisnonno Alfonso XIII. La scelta di legare il suo destino a quello di Rajoy gli ha fatto perdere ogni margine di manovra. Non è più arbitro, ma parte in causa. Lui e il regime del ’78 oggi vanno in giro nudi.

*Traduzione di Stefano Puddu Crespellani

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