I luoghi insegretiti che resistono al silenzio [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 1 novembre 2017. La città in pillole. Negli oggetti sopravvissuti si cerca una sintesi tra passato e futuro. Per Jaques Lacan “L’inconscio è strutturato come un linguaggio” e l’uomo si differenzia dagli altri animali proprio perché è fabbrica di linguaggio e di inconscio; tramite e frutto di relazioni con il prossimo, la cui essenza si manifesta in un “luogo”, terzo e “altro” che è la dimensione simbolica. Nel corso dei millenni abbiamo imparato a definire il concentrato che ne discende in modi diversi a seconda dei periodi. Oggi sono abusati i termini patrimonio, storia, archeologia, sostrato, beni culturali, memoria storica. La società dei consumi e della perdita di senso spesso li occulta o ne manipola l’essenza; più spesso li annienta o li disconosce. Ne perdiamo coscienza e consapevolezza. Ma perché? Perchè ne smarriamo l’alfabeto e la necessaria competenza per nominarli e viverli nella dimensione dialettica. Accade tuttavia che possano uscire da una latenza, che agisce resiliente anche in pieno consumismo, per riprecipitare potenti nella nostra quotidianità. Non è mio mestiere dire cosa succeda nella psicoterapia. Lo è di interpellare la cultura materiale che, specie in Sardegna, generazioni di uomini e donne ci hanno lasciato. Parziali gli strumenti, attraverso cui recuperiamo, negli oggetti sopravvissuti, senso alla narrazione delle oscure biografie di chi che li ha realizzati. Riconoscendoli e raccontandoli cerchiamo di trovare una sintesi tra passato e futuro e un progetto di civitas che contenga le precedenti. Mi è sembrato di intravvederli l’altra sera in quel luogo insegretito che è l’Asilo della Marina celebrando la Beata Suor Nicoli ed i suoi luoghi che persistono irriducibili malgrado il silenzio di tanti. |