Elogio della politica [di Giovanni Maria Vian]
Tra i tanti temi della visita del Papa a Cesena e a Bologna spicca senz’altro l’attenzione alla politica e un suo elogio alto e realista nello stesso tempo. Non nuovo nel Pontefice, ma che ha legato tra loro i momenti diversi del viaggio, dall’importante prologo nella cittadina romagnola agli appuntamenti bolognesi. Grazie a parole e riflessioni che Francesco ha dichiarato, parlando al mondo del lavoro davanti a San Petronio, valide «per l’Italia nel suo insieme e per l’intera Europa». Come anche il dialogo con le comunità religiose nelle due cattedrali e l’omelia finale vanno ben al di là dei confini della regione. Territorio ristretto che nel giro di un sessantennio, dal 1769 al 1830, ha espresso ben cinque Pontefici, mentre due secoli più tardi la progressiva crescita mondiale della Chiesa ha portato alla successione, dal 1978, di tre vescovi di Roma non più italiani. In un contesto dove in Italia e in Europa si moltiplicano i particolarismi, spesso miopi, a Cesena, che a due dei Papi sopra ricordati ha dato i natali, Bergoglio ha così parlato dell’importanza di un «luogo emblematico» come la piazza. Là dove i desideri dei gruppi «vanno armonizzati con quelli della collettività», dove è «essenziale lavorare tutti insieme per il bene comune», dove è necessaria una politica «buona». Precisando che questa politica non è «quella asservita alle ambizioni individuali o alla prepotenza di fazioni o centri di interessi», con il realismo, al tempo dell’antipolitica, di chi «sa che anche la migliore classe dirigente non può risolvere in un baleno tutte le questioni». E la stessa tradizionale passione politica romagnola è servita al Pontefice per incoraggiare, di fronte allo strapotere finanziario e mediatico, la riscoperta di «questa dimensione essenziale della convivenza civile», ma per «far prevalere il bene del tutto su quello di una parte». E l’attenzione alla dimensione politica ha percorso l’incontro, non a caso il primo delle ore bolognesi, con centinaia di migranti che il Papa ha voluto salutare fermandosi con ognuno sotto una pioggerella fredda e insistente. A conferma della lungimiranza con cui guarda alla questione migratoria. Il fenomeno delle migrazioni infatti «richiede visione e grande determinazione nella gestione, intelligenza e strutture, meccanismi chiari che non permettano distorsioni o sfruttamenti, ancora più inaccettabili perché fatti sui poveri» ha detto Bergoglio. Che ha poi chiesto ai migranti di essere aperti alla cultura di una città tradizionalmente ospitale e di «camminare sulla strada indicata dalle leggi» italiane. La politica alta è infine tornata nell’incontro con l’università, luogo identitario per Bologna, dove il Papa ha parlato ancora una volta dei «sogni coraggiosi» dei fondatori dell’Europa unita. In nome dei milioni di morti vittime dei conflitti, come esplicitamente dichiarò alle Nazioni unite Paolo VI, le cui parole sono state ripetute dal suo successore («mai più la guerra, mai più contro gli altri, mai più senza gli altri»), che ha condannato con forza «chi fabbrica violenza, alimentando la corsa alle armi e calpestando la pace con gli affari». *L’Osservatore Romano 2/3 ottobre 2017. |